Test Book

Esperienze

La valutazione degli alunni stranieri nell’esperienza dell’Istituto Alberghiero “Scappi” di Casalecchio di Reno (BO): elementi normativi e problematicità

Rosarita Cherubino

Laurea in Scienze Naturali, insegnante nella scuola secondaria superiore come docente di sostegno in area scientifica. Da 10 anni referente per l’intercultura presso l’Istituto Alberghiero “B. Scappi” di Casalecchio di Reno (BO), referente per le attività che coinvolgono allievi con disabilità o disagio sociale.


Abstract

L’esperienza descrive il percorso dell’applicazione della valutazione didattica e formativa nei confronti degli studenti non italofoni all’interno di un Istituto Superiore in provincia di Bologna. Le azioni e le contraddizioni dell’applicazione di una valutazione adeguata a tutte le variabili che emergono dal piano di studio individualizzato sono una caratteristica comune a molte realtà scolastiche. Di conseguenza sembra opportuno individuare da subito quali sono i punti di forza e quali le criticità.



L’esperienza descrive il tortuoso percorso dell’applicazione della valutazione didattica nei confronti degli studenti non italofoni all’interno di un Istituto Superiore in provincia di Bologna, l’IIS Alberghiero “Bartolomeo Scappi”.

Le azioni e le contraddizioni dell’applicazione di una valutazione adeguata a tutte le variabili che emergono dal piano di studio individualizzato rappresentano una caratteristica comune a molte realtà scolastiche. Si è reso quindi necessario e opportuno individuare anche per il nostro istituto quali sono i punti di forza e quali le criticità da cui far scaturire un progetto che parte dall’accoglienza per arrivare alla riuscita scolastica degli allievi stranieri.

La sottoscritta svolge da ormai dieci anni il ruolo di referente degli studenti stranieri di seconda generazione in un istituto alberghiero della provincia di Bologna e, per restare in tema, direi che rispetto all’argomento che umilmente sto trattando, ne ho viste di cotte e di crude.

Chi legge si sorprenderà del tono ironico con il quale introduco l’argomento, ma spesso chiedo aiuto proprio all’ironia per giustificare le incongruenze che si manifestano nell’applicare indicazioni normative che, negli anni, si sono succedute nei confronti della programmazione didattica degli studenti non italofoni.

Presento un breve riassunto sulla normativa che riguarda l’inserimento di questi ragazzi.

Era il 2006 quando le Linee Guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri ci indicavano approcci e modalità con i quali trattare il “disagio” che pian piano diventava sempre più palese, dato il numero elevato di studenti stranieri inseriti nella scuola italiana. Nel febbraio di quest’anno ci è stato presentato l’ultimo documento ministeriale Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (MIUR, 2014): a 8 anni dal primo documento le indicazioni in esse contenute ribadiscono le opportunità che i Dirigenti e i docenti possono cogliere e utilizzare per affrontare ogni situazione.

Ovviamente questo è molto importante, considerato il carattere transitorio del disagio linguistico: tutti gli strumenti che vengono utilizzati hanno funzione e applicazione, mi si passi il termine, di “passeggero” o “transitorio”.

Dopo questa lunga premessa, torno a confrontarmi con la mia realtà scolastica all’interno della quale, senza alcun dubbio, negli anni la situazione è molto migliorata: infatti, la rete a cui molte scuole superiori hanno aderito ha contribuito a una proficua condivisione di prassi didattiche e di strategie innovative. Va ricordato anche che l’Accordo Quadro, elaborato dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Bologna e che declina nei contenuti le azioni e la responsabilità delle varie figure referenti, ha sostenuto l’attività formativa e didattica dei docenti bolognesi coinvolti.

Tra gli strumenti operativi più incisivi previsti appunto dall’Accordo Quadro e messi in atto anche dal mio Istituto, c’è stata la sospensione del giudizio nell’arco del biennio iniziale, a partire dal primo quadrimestre.

Questa modalità viene applicata in particolare agli studenti giunti in Italia da poco tempo o a coloro che, pur avendo concluso il percorso della secondaria di primo grado, presentano ancora difficoltà linguistiche.

All’interno dell’Istituto, come operatori che lavorano nella scuola, e in particolare come docenti che lavorano con gli studenti non italofoni, ci siamo lungamente formati con esperti di L2 e siamo diventati consapevoli, oltre ad avere acquisito competenze specifiche, che la lingua dello studio viene acquisita con difficoltà e in tempi non brevi. Nello stesso tempo questo concetto non è ugualmente assunto da tutti i colleghi e la mancata condivisione, all’interno dello stesso istituto, ha spesso come conseguenza una valutazione differenziata degli allievi nel corso degli scrutini.

Entriamo quindi nelle criticità: anche se gli atti formali con i quali interveniamo nei confronti degli studenti stranieri, e cioè il Psp (Piano scolastico personalizzato) e la sospensione del giudizio, sono importanti, tuttavia non sono ancora sufficienti a garantire un’equa valutazione formativa perché non riescono a diventare patrimonio condiviso da tutti.

Sappiamo che per valutazione formativa si intendono i progressi ottenuti dallo studente rispetto alla sua situazione iniziale, ma il percorso che porta a un reale apprendimento della lingua seconda per lo studio è strettamente collegato alle specifiche e spesso supplementari azioni didattiche che vengono messe in atto o meno dai docenti di tutte le discipline.

Quindi è apparso evidente a me e altri colleghi come anche per il nostro istituto la carenza principale che fino a oggi ha impedito un proficuo risultato alla maggioranza degli allievi stranieri sia dovuta alla mancata formazione, interculturale e linguistica, di tutto il personale docente, all’assenza di spazi corredati e adeguati e a tempi di apprendimento poco flessibili e non individualizzati, tutti fattori che intervengono pesantemente nel percorso scolastico degli allievi stranieri e, in particolare, dei neo arrivati.

Analizzando uno a uno questi elementi, come gruppo di docenti, abbiamo formulato le seguenti riflessioni:

  • La formazione ci ha aiutato a individuare correttamente i nuclei essenziali delle discipline e ci ha anche fornito le competenze su come renderli accessibili agli studenti; di conseguenza andrebbe estesa a tutti i docenti.

  • Gli spazi e il sovraffollamento della nostra scuola: da una ricerca dell’ISMU emerge che il maggior numero di studenti di seconda generazione con difficoltà o a rischio dispersione e i nuovi arrivati in Italia si iscrivono presso gli Istituti Professionali, dove vengono spesso indirizzati erroneamente. Sempre secondo i dati dell’ISMU, che mi permetto di confermare anche facendo riferimento alla mia realtà scolastica, gli studenti di seconda generazione hanno dimostrato di rispondere positivamente al percorso scolastico al pari degli allievi italiani, mentre si nota che permane un ritardo scolastico significativo per coloro che arrivano in Italia tra i 13 e i 15 anni e che, anche quando arrivano nel nostro istituto, avrebbero bisogno di progetti specifici e di personale adeguatamente formato.

  • Per quanto concerne i tempi, anche se nel nostro istituto abbiamo previsto la sospensione della valutazione per i neo arrivati, la richiesta di competenze certificate che il nostro sistema scolastico esige limita il significato di una scelta coraggiosa del Collegio. Alle inderogabili esigenze normative si aggiunge il tempo, necessariamente lungo per quanto concerne gli allievi con difficoltà linguistiche, dell’apprendimento della lingua delle discipline nella scuola secondaria superiore. La somma di tali difficoltà rappresenta spesso un ostacolo insormontabile per la riuscita scolastica degli allievi del nostro istituto.

 

Conclusioni

A partire dall’esperienza pluriennale vissuta con altri colleghi nella realtà di frontiera della nostra scuola, vorrei concludere effettuando una riflessione personale sull’argomento che ho trattato, ponendo in modo provocatorio una domanda: ma siamo sicuri che sia la valutazione a rallentare il processo di integrazione e di successo scolastico degli studenti non italofoni?

Ho conosciuto ragazzi italiani che non hanno competenze linguistiche per apprendere consapevolmente, ho letto libri di testo il cui linguaggio risultava incomprensibile, ho visto ragazzi orientati verso una scuola “semplice” ma che non gli piaceva.

Forse dobbiamo imparare di nuovo ad ascoltare per individuare una soluzione ai problemi dei nostri allievi.

 

Riferimenti bibliografici

ISMU-MIUR (2012-13), Alunni con cittadinanza non italiana. L’eterogeneità dei percorsi scolastici. Rapporto nazionale.

MIUR (2014), Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri.

 

 


Indietro