Esperienze e progetti / Experiences, programmes, projects
Le differenze culturali come mezzo per creare ponti e valorizzare storie: il punto di vista dell’accoglienza a Bologna, Ferrara e Ravenna
Cultural differences as a tool to building bridges and enhancing stories: the point of view of reception in Bologna, Ferrara and Ravenna
Fabio Alba
Dottore di Ricerca in Studi linguistici e di educazione interculturale (XXVIII ciclo). È membro del Centro Studi Interculturali del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona e collabora con il Centro Studi e Ricerche Idos di Roma.
Giulia M. Foresti
Dopo una specializzazione in Scienze Politiche e Protezione dei diritti umani, anche presso l’Alto Commissariato ONU per i Diritti dell’Uomo di Ginevra, ha avuto svariate esperienze lavorative come cooperante in Sud America, giornalista freelance e assistente universitaria. giuliamforesti@gmail.com.
Autore per la corrispondenza
Fabio Alba
Indirizzo e-mail: fabio.alba@univr.it
Centro Studi Interculturali, Via Vipacco 7, 37129 Verona
Sommario
Lo scopo del presente lavoro è di illustrare i metodi, le strategie e le prassi educative di presa in carico personalizzata dei minori stranieri non accompagnati nel sistema italiano dell’accoglienza. Sebbene tratti di un settore complesso, il contributo intende far luce sui rischi e sulle opportunità che caratterizzano le relazioni multiculturali in questo contesto. Analizzando l'esperienza dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati dell’HUB e dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) nei territori di Bologna, Ferrara e Ravenna, si cercherà di farne emergere le potenzialità, le criticità e la percezione del personale educativo che opera in un campo altamente controverso e conflittuale. L’implementazione di un’accoglienza strutturata rappresenta una risposta altamente tutelante ai bisogni dei minori poiché si inserisce, nel nostro territorio, in un sistema di rete attivo da anni, che ha saputo mettere in sinergia competenze specifiche da parte degli enti e delle istituzioni coinvolti.
Parole chiave
governance, bisogni specifici, invisibilità.
Abstract
The aim of this article is the presentation of methods, strategies and educational practices applied in the context of Italian migratory-flow management and in particular in the reception of unaccompanied foreign minors. This system is undeniably complex; nonetheless this work’s purpose is to highlight the risks and opportunities linked to the development of multicultural relations between immigrants and the welcoming country’s representatives. By analysing the experiences of reception centres for unaccompanied minors in the HUB and SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati i.e. Protection System for Asylum Seekers and Refugees) systems in the areas of Bologna, Ferrara and Ravenna, the article describes the potentialities, the weaknesses and the perception of educational personnel operating in a controversial and complicated situation. The implementation of a first and second level reception system represents a solution which greatly safeguards unaccompanied minors. In fact, this more structured system relies on a consolidated network in which institutions and public stakeholders properly collaborate, developing specific competences in a synergic fashion.
Keywords
governance, specific needs, invisibility.
L’accoglienza diffusa di migranti tra luoghi comuni ed esperienze
All’interno di questo contributo verranno presentati alcune riflessioni con l’intento di far luce sui metodi e le esperienze di presa in carico dei minori migranti non accompagnati (MSNA), affinché si possano prospettare percorsi di accoglienza e di integrazione che valorizzino le singole potenzialità ed aspettative di ciascun a persona. Il presente contributo, sebbene tratti di un settore complesso, ha come obiettivo quello di mettere a fuoco, specie in campo educativo, i rischi e le opportunità che caratterizzano le relazioni multiculturali all’interno di un sistema di accoglienza SPRAR. Scopo precipuo del presente lavoro è riflettere sui metodi ed illustrare le strategie educative di presa in carico personalizzata nel sistema di accoglienza, cercando soprattutto di far emergere le potenzialità e le criticità dei diversi livelli di accoglienza e la percezione che ha il personale che opera in un campo altamente controverso e conflittuale. Il punto di vista privilegiato dei due autori1 deriva da un lavoro a stretto contatto con i minori migranti grazie al lavoro svolto per la cooperativa Camelot, ente gestore sia degli HUB MSNA che del Progetto SPRAR per minori sui territori di Bologna, Ferrara e Ravenna.
Prima di addentrarci nello specifico del contributo, riteniamo utile evidenziare alcuni dati statistici sui MSNA arrivati nel nostro paese negli ultimi anni. Secondo il dossier statistico del Centro Studi e Ricerche Idos di Roma relativi all’anno 2016, su un totale di 28.223 minori sbarcati sulle nostre coste, 25.846 erano non accompagnati (il 91, 6% del totale) – in prevalenza di sesso maschile (93,3%), sebbene sia aumentata di due punti percentuali la componente femminile (6,7%) rispetto al 2015 – con un incremento del 98,4% rispetto agli arrivi del 2014 e del 109,1% sul 2015 (p. 146). Stando ai dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il 2016 e il 2017 sono stati segnati da un incremento nel nostro paese di arrivi di MSNA, per arrivare poi al 30 giugno del 2018 in cui si registra un decremento rispetto allo stesso periodo di rilevazione dell’anno precedente.2 Nonostante i dati statistici del 2018 ci mostrino un calo di arrivi nel nostro Paese di MSNA, dati confermati anche a riguardo degli adulti migranti, notiamo come permangano alcuni luoghi comuni ad essa legati. In effetti, di fronte al panorama attuale di sovraesposizione mediatica, spesso distorta e fuorviante, del fenomeno migratorio, è necessario rendere visibile la reale fenomenologia dello stesso e stimolare una riflessione tra gli operatori dell’accoglienza e gli attori che si occupano dell’integrazione dei migranti.
Volgendo lo sguardo al migrante, un primo punto di riflessione riguarda il rapporto tra identità ed alterità. Numerosi studi, infatti, mostrano come l'esperienza migratoria si determini nella relazione tra l’identità ed alterità, tra il guardare dentro di sé e il ri-specchiarsi nell'altro all’interno di quella relazione che si dischiude nell’interspazio, nell'inter-esse appunto, tra l’io e il tu, e dove la vicinanza della cooperazione, che rispetta la distanza e le diversità, realizza una relazione interpersonale di riconoscimento (Cfr. Buber, 1993; Lévinas, 1998). Un secondo punto di riflessione riguarda la condizione in cui si vengono a trovare molti dei migranti che approdano sulle nostre coste, i quali paiono sospesi tra due mondi: da un lato la cultura, i valori e le norme del paese di origine; dall’altro la cultura, i valori e le norme del Paese di accoglienza (Nathan, 2003).
I migranti sono chiamati spesso a muoversi tra il ricordo del passato e la progettazione del futuro, all’interno di un processo di negoziazione identitaria definito con il termine remooring (Deaux, 2006), che è mediato dalle motivazioni con cui le persone decidono di migrare e dalle aspettative future che nutrono nei confronti del Paese di arrivo. Nel caso dei minori non accompagnati il remooring può rappresentare un'ulteriore sfida poiché, oltre a dover definire e mantenere una propria stabilità interiore tra il passato e le aspettative future, essi vivono e sperimentano l’esperienza migratoria da soli, ovvero privi di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili (Art. 2, Legge 47/2017).3 Nonostante le strutture di accoglienza mirino a garantire una stabilità fisica e psichica a chi si trova a vivere l'esperienza migratoria nella delicata fase dell'adolescenza, può verificarsi che in alcuni di loro si generi uno «sradicamento psicologico», caratterizzato da movimenti talvolta contrari ed opposti: indipendenza/dipendenza, allontanamento/avvicinamento, curiosità/timore (Arnosti e Milano, 2006, p. 31).
Nello specifico del contributo si tratterà dell'esperienza dell'accoglienza di primo livello dell’HUB per i MSNA sul territorio del Comune di Bologna, Budrio e Ravenna, e dell'esperienza di accoglienza di secondo livello all'interno di un progetto SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) per MSNA presente sul territorio del Comune di Ferrara. L’accoglienza integrata di primo e di secondo livello prevede azioni specifiche e una progettazione congiunta e condivisa dall’équipe educativa, dagli enti pubblici e dai soggetti del terzo settore nella gestione dei progetti presenti sul territorio. Per ciascun progetto si cercherà di fare emergere i limiti e le potenzialità e la percezione del personale operativo dell'accoglienza. Inoltre, verrà presentata, nella parte finale del contributo, un'esperienza significativa interna allo stesso SPRAR di Ferrara, che riguarda l'attività di promozione dell'istituto della Tutela, attraverso la figura del Tutore Volontario.
Il sistema di prima accoglienza per i minori stranieri non accompagnati in Emilia-Romagna
Da marzo 2015 la regione Emilia-Romagna vede nascere sul suo territorio (Comuni di Bologna, Budrio e Ravenna) due HUB di prima accoglienza per i MSNA, finanziati con il Fondo europeo AMIF - Asylum, Migration and Integration Fund - Emergency Assistance 2014-2020 (istituito dal Regolamento UE n. 516/2014). Capofila dei due progetti europei che hanno permesso l’apertura dei due HUB sono il Comune di Bologna e Anci Emilia-Romagna, Enti pubblici che si sono presi la responsabilità di prendere la regia territoriale della prima accoglienza specificatamente dedicata ai minori. A livello centrale gli “HUB MSNA” sono gestiti e monitorati dal Ministero dell’Interno, e in particolare dalla Struttura di missione per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione), istituita a seguito dei numerosi arrivi via mare registrati a partire dall’estate 2014.4
Obiettivo degli HUB MSNA (alla data odierna, aprile 2018, sono 19 quelli presenti sul territorio nazionale) è la costituzione di un sistema organico di prima accoglienza che renda il più possibile effettivi i diritti che le Convenzioni internazionali e l’ordinamento interno riconoscono ai minori, nel pieno rispetto delle competenze attribuite in materia alle Regioni e ai Comuni. In costante dialogo le une con le altre, le Istituzioni competenti (Prefetture, ASL, Servizi sociali, Questure, ecc.) stanno permettendo l’implementazione sui territori, e con un’ottica di uniformizzazione a livello nazionale, di prassi e di procedure che garantiscano una presa in carico specializzata dei minori, a partire dalle esigenze reali che vengono riscontrate anche dagli Enti gestori nella quotidianità della loro accoglienza.
Per la particolare vulnerabilità delle persone accolte, le attività di accoglienza degli HUB in questione sono garantite da Enti del terzo settore dotati di esperienze pluriennali in questo campo5 e – a livello nazionale – sono supportate e monitorate dai partner di progetto UNHCR, Save the Children, OIM e INMP. Insieme ad ANCI si valutano invece gli inserimenti dei ragazzi nei progetti SPRAR di seconda accoglienza più adeguati alle loro esigenze e inclinazioni personali, che sono emerse durante la loro permanenza negli HUB.
Per entrare nello specifico, nelle 6 strutture afferenti ai Progetti FAMI “HUB MSNA” dell’Emilia-Romagna (tre strutture maschili e una femminile a Bologna e provincia, due strutture maschili a Ravenna), vengono accolti un totale di 100 minori non accompagnati (97 maschi e 3 femmine) e la presa in carico è volta alla loro tutela, protezione, cura e alfabetizzazione. Fin dal momento del loro ingresso in struttura, l’équipe multidisciplinare, che rappresenta il cuore e il senso stesso del progetto HUB, attiva una serie di procedure volte alla conoscenza del/della minore, al fine di iniziare una presa in carico personalizzata e aderente alle specificità di ognuno.
La raccolta della storia personale, che avviene qualche giorno dopo l’arrivo del minore nel centro, pone l’operatore che lavora nel centro (di solito il coordinatore o il legale) in una condizione di ascolto del suo vissuto: questo momento implica, per tutti i minori accolti, l’apertura di uno spazio che permetterebbe l’accesso al diritto alla propria identità. Si tratta infatti di minori a lungo privati della possibilità di esprimersi, o perché alla mercé di trafficanti o carcerieri durante il viaggio migratorio, o perché schiacciati da tradizioni che, nelle famiglie d’origine, non contemplano l’autodeterminazione: è quindi importante fare riacquistare loro consapevolezza di sé.
Con domande specifiche e con l’osservazione del linguaggio non verbale, si supportano i ragazzi nella ricostruzione della loro storia personale e degli avvenimenti che hanno vissuto fino all’approdo in Italia. L’idea del tempo trascorso, importante per l’operatore per ricostruire temporalmente e coerentemente insieme al minore gli avvenimenti che ha vissuto, può essere differente nei due soggetti che partecipano a questo momento: la categoria del tempo, per alcuni ragazzi di origine africana, è infatti a volte più flessibile, più aperta e scandita in modo diverso (Kapuściński, 2007). Per esempio, a volte, nella ricostruzione degli avvenimenti, il Ramadan è un parametro che gli operatori usano al posto dei mesi conosciuti nel calendario gregoriano per capire quando un evento ha avuto luogo (prima o dopo questo periodo di digiuno).
È un esercizio di dis-integrazione quello che si fa insieme, ognuno dal proprio contesto culturale per ritrovarsi nel nuovo spazio condiviso di comprensione e conoscenza reciproche. Anche compiere gesti semplici ma fondamentali, come guardare insieme una cartina geografica, ci permette di supportare il minore nella consapevolezza di sé, fatta anche dalla strada attraversata con tanta fatica e dal luogo di arrivo. Ciò che emerge da questi colloqui ci ha permesso negli anni di avere una fotografia molto nitida di chi sono i minori non accompagnati arrivati in Italia: tra marzo 2015 e dicembre 2017 negli HUB MSNA di Bologna e Ravenna abbiamo infatti ascoltato la storia di 500 minori circa. Gambia, Bangladesh, Senegal, Mali, Sudan, Eritrea, Ghana, Camerun, Somalia, Albania. Per quel che riguarda le ragazze, nell’ultimo anno il loro principale paese di provenienza è la Nigeria (dalle zone di Edo, Delta, Lagos, Ogun, Anambra, Imo), dato che attesta la rilevanza attuale del fenomeno della tratta.6 L’età dei minori accolti va dai 14 ai 17 anni e mezzo; la maggior parte di loro sono musulmani e scolarizzati. Questo dato ci fa riflettere su come spesso sia “la meglio gioventù” a lasciare il proprio Paese, quella che forse ha più strumenti per sfuggire a persecuzioni, a violenze domestiche e a un ambiente dove manca l’accesso ai diritti e alle libertà più basilari. La voglia di proseguire gli studi – anche fino a quelli universitari – è comune a molti di loro, ma la realtà e l’esigenza di trovare un lavoro come modalità primaria di integrazione spesso riducono queste aspettative all’amara realtà della segregazione occupazionale.
A questa riflessione si lega il dato diffuso dall’UNHCR, che attesta all’1% la percentuale dei giovani rifugiati (categoria che comprende i MSNA “cresciuti”) che, a livello mondiale, accede alle università nei paesi di arrivo, contro un 36% dei giovani nativi (http://www.unhcr.org/education.html). Lo sforzo delle Università italiane di implementare sempre più possibilità di accedere a borse di studio da parte dei rifugiati può essere concepito come una strategia di inversione di rotta, anche se a oggi rimane molto difficoltoso l’importante riconoscimento dei titoli di studio pregressi.
La maggior parte dei minori accolti nei progetti di prima accoglienza non solo è “non accompagnata” in Italia, ma lo è stata anche durante i lunghi viaggi intrapresi dal Paese d’origine: la determinazione necessaria portare a termine questa scelta di vita mette evidentemente anche a nudo l’infondatezza dello stereotipo eurocentrico, assai diffuso, riguardante la presunta “passività africana”. È infatti durante questi viaggi, ma soprattutto durante la permanenza in Libia, che i minori sono costretti a lavori più o meno forzati e sono sottoposti a violenze sessuali e torture. Non mancano neppure le violenze subite dai minori in ambito domestico. Il racconto di questi episodi provoca generalmente in chi ascolta momenti di grande commozione, e la difficoltà da parte dell’operatore sta nel riuscire a essere empatico pur restando un punto di riferimento per il minore: il sostegno non può avere lacrime. Di contro, alcuni minori – resi adulti dalle esperienze vissute – raccontano eventi traumatici senza alcuna reazione emotiva, e anzi iscrivono questi avvenimenti in una cornice di normalità.
La sfida, anche educativa, è quindi quella di restituire a questi ragazzi e ragazze la loro adolescenza, supportarli nell’emersione e nell’elaborazione del trauma a partire dalla loro straordinaria resilienza, manifesta capacità di fare fronte in maniera positiva a eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. A tale scopo è cruciale ancora il ruolo dell’équipe multidisciplinare degli HUB, composta sia da personale interno al progetto (cui è affidato il primo momento di raccolta della storia e la gestione della quotidianità dei MSNA) sia da professionisti dei servizi pubblici territoriali. Operatori legali, educatori, assistenti sociali, coordinatore tecnico, psicologi, medici e mediatori culturali e linguistici partecipano – ognuno con le proprie competenze e professionalità – alla presa in carico del minore accolto, al sostegno delle sue vulnerabilità e all’individuazione del suo superiore interesse (best interest, secondo la dicitura internazionale UNHCR). A partire dall'ascolto continuo del minore stesso, che va coinvolto in tutte le decisioni che lo riguardano con un approccio partecipativo child friendly, gli operatori degli HUB e dei servizi programmano e costruiscono un percorso personalizzato e individuale per ogni minore accolto, che gli garantisca benessere psicofisico e un’integrazione fattiva a partire dalle sue personali inclinazioni e possibilità.
La determinazione del superiore interesse del minore e l’approccio child friendly impongono agli operatori di tenere in considerazione elementi primari quali l’età, l’identità di genere/orientamento sessuale, il livello di maturità, il vissuto (contesto di provenienza, viaggio migratorio), l’appartenenza culturale, il livello di scolarizzazione ed eventuali disabilità – esperienze di tratta/torture/trattamenti disumani e degradanti. La sinergia con i servizi territoriali, realizzata positivamente nel contesto emiliano-romagnolo, permette di fare ciò anche grazie all’attivazione mirata di procedure di presa in carico in capo ai servizi, come per esempio il supporto psicologico o gli approfondimenti di tipo sanitario.
All’interno delle strutture, una strategia educativa e un modus operandi estremamente preziosi sono sicuramente rappresentati dalla valorizzazione delle competenze pregresse di cui ogni minore è portatore: com’è noto, chi arriva qui non è un soggetto neutro, ma ha una propria storia personale e delle back skills e il background culturale di cui il minore è portatore (diverso da quello del contesto ricevente) costituisce una potenzialità da valorizzare in termini di capacità.
Nello specifico, avere a che fare con minori bilingue o poliglotti – grazie alla conoscenza di una o più lingue madri africane e di almeno una lingua veicolare – è una ricchezza altrui da sottolineare con i minori stessi e che pone noi allo specchio: siamo giovani professionisti laureati e ricchi di attestati professionali ma spesso con un bagaglio linguistico ridotto. Questa ricchezza immateriale in capo ai minori accolti si traduce nell’estrema facilità con cui essi imparano l’italiano, poiché già allenati nella competenza attiva e passiva con lingue altre, e rappresenta quindi una carta vincente sul terreno dell’integrazione.
Un altro approccio educativo imprescindibile è quello non giudicante: non mancano i casi di ragazzi che perdono la strada che motiva il loro progetto migratorio: considerarli per il loro vissuto e per la loro età mette chi lavora per e con loro davanti alla necessità di decostruzione dei concetti di devianza e colpevolezza. Al pari di tutti gli adolescenti, i ragazzi e le ragazze accolti appartengono a una categoria vulnerabile, ma nel loro caso questa fragilità è aggravata dall’essere soli e/o diffidenti ad affidarsi alle nuove figure di riferimento: questa combinazione di fattori li rende particolarmente esposti a vari rischi, come lo sfruttamento lavorativo da parte di adulti connazionali o italiani, situazione che può renderli vittime in tutte le fasi dell’accoglienza.
Durante la permanenza nelle strutture, il personale di progetto è chiamato sia a rispondere ai bisogni materiali dei minori sia a garantire loro un supporto nell’integrazione scolastica e sociale, come attraverso l’organizzazione e l’orientamento ai corsi di lingua si facilita per esempio l’apprendimento dell’italiano, così come l’inserimento in attività sportive o ricreative l’organizzazione del tempo libero.
Operatori specializzati si occupano inoltre dell’informazione e del supporto legale per il riconoscimento della protezione internazionale, dell’assistenza nei ricongiungimenti famigliari in Italia e in Europa, dell’assistenza sanitaria e del supporto psico-sociale in considerazione dello stato di vulnerabilità dei minori. Questa è demandata sia alla quotidianità nelle strutture – con una gestione attenta degli affetti così come del disagio – sia all’attivazione dei servizi pubblici competenti. Tutto questo impianto progettuale molto pratico è funzionale – oltre che al loro benessere psicofisico – al trasferimento dei minori dalle strutture temporanee di prima accoglienza verso l’accoglienza SPRAR, in progetti che aderiscano il più possibile alle loro caratteristiche e ai bisogni emersi durante la permanenza negli HUB MSNA.
La sfida a cui tutti noi – operatori, educatori, servizi, istituzioni – siamo chiamati a rispondere, per dare piena attuazione allo Stato di diritto che ci impone di accogliere chi scappa da guerre (armate o economiche) o da violenze domestiche la cui prima conseguenza è una fortissima esclusione sociale) è di trasformare la nota doppia assenza (cfr. Sayad, 2002) di questi ragazzi in una consapevole e situata doppia presenza, che sia capace di allargare e dare significato fattivo alla salvifica concezione di cittadinanza mondiale.
L'esperienza dello SPRAR Minori di Ferrara tra punti di forza e criticità
In seguito al terribile naufragio avvenuto a Lampedusa il 3 ottobre 2013 che, come sappiamo, provocò 368 morti, il Governo italiano, attraverso l’operazione militare e umanitaria denominata Mare Nostrum,7 intervenne per garantire – in primo luogo – la salvaguardia della vita in mare e consegnare alla giustizia quanti lucrano sul traffico illegale di migranti. In un secondo momento, il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, con la circolare n. 7418 del 20 giugno del 2014, ha disposto la creazione di ulteriori posti di accoglienza nell’ambito dello SPRAR per il triennio 2014-2016 (AA.VV., Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, 2017, pp. 18-19).8 È proprio nel mese di luglio del 2014, con il Decreto Legislativo 142/2015 e, successivamente, con la Legge 47/2017, che viene confermata l’esigenza di ricondurre a una governance nazionale la presa in carico dei MSNA attraverso l’attivazione di strutture governative di prima accoglienza ad alta specializzazione e la pianificazione dell’accoglienza di secondo livello dei minori non accompagnati nell’ambito dello SPRAR (AA.VV., Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, 2017, p. 36).
Il progetto con i servizi riservati a MSNA, nell'ambito dello SPRAR (DM 10 agosto 2016, Linee Guida, art. 3 co. 2 lett. C; Legge 190/2014, art. 1 co. 183), istituito con la Legge 189 del 2002, prevede una rete diffusa sul territorio nazionale (Enti Locali su base volontaria) e ha come obiettivo quello di accompagnare il minore nel percorso di crescita e di autonomia. Nello specifico del contributo, si cercherà di prendere in considerazione i percorsi di intervento più significativi di un progetto SPRAR Minori presente nel Comune di Ferrara, che presenta obiettivi e una metodologia specifici.
Il progetto SPRAR MSNA che presento prende forma a Ferrara nel 2016 e ha come Ente Titolare il Comune di Ferrara – Settore Servizi alla Persona, Istruzione e Formazione – e come Enti attuatori la cooperativa Camelot di Ferrara, attraverso l'erogazione di servizi di consulenza legale, di tutoraggio e orientamento formativo e lavorativo, di mediazione linguistico-culturale e coordinamento, e l'Istituto Camelot di Ferrara, attraverso l'accoglienza quotidiana, il supporto educativo, l'insegnamento della lingua italiana L2, l'affiancamento psico-sociosanitario.
Sono molteplici gli interventi educativi previsti dal progetto e ciascuno di essi è mirato alla risoluzione dei bisogni dei minori migranti accolti. Le singole attività di accoglienza e di integrazione sono costantemente monitorate attraverso vari incontri periodici al fine di permettere la progettazione congiunta e condivisa delle prassi da attuare. Tali incontri vedono la partecipazione dell'Ente Titolare del progetto, dei due Enti Attuatori, dell'Asp di Ferrara (Settore Minori) e della Questura, e hanno come obiettivo quello di promuovere un confronto sulle difficoltà procedurali riguardanti la presa in carico, di individuare soluzioni a situazioni complesse e di adottare buone prassi educative per garantire un buon livello di integrazione dei beneficiari.
Al fine di rispondere agli obiettivi, di seguito presento una ricerca esplorativa sulle competenze interculturali degli operatori della rete SPRAR di Ferrara. La ricerca si è svolta grazie agli operatori della coop. Camelot di Ferrara Cooperativa e dell'Istituto don Calabria “Città del ragazzo” di Ferrara, ed è stata condotta nell'ambito di un percorso di Dottorato di Ricerca,9 conclusosi nel mese di settembre del 2016. Il focus della ricerca riguarda l’analisi della percezione delle differenze culturali, delle difficoltà ad esse ricollegate e delle strategie messe in atto dagli operatori dell'accoglienza. Scopo ultimo della ricerca è stato quello di elaborare un modello teorico di competenze interculturali, con implicazioni sul piano pratico-operativo e della formazione. La ricerca è stata utile per comprendere le criticità e le potenzialità che emergono nell'ambito delle attività previste dal progetto SPRAR, nonché la percezione del personale che opera in situazioni a elevata complessità.
Dalla letteratura analitica del corpus di dati raccolti emergono alcuni ostacoli e fattori critici che il personale incontra nella gestione della relazione educativa con il beneficiario minore migrante. Tali criticità possono essere riassunte come segue: difficoltà legate alla comunicazione; difficoltà legate alla poca conoscenza storica e culturale dell’altro; difficoltà e/o incapacità di lettura di situazioni problematiche.
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Per quanto riguarda le difficoltà legate alla comunicazione, emerge che gli errori più frequenti riguardano la scarsa attenzione conferita a tutti quegli aspetti non verbali che rappresentano il centro e il fine della comunicazione interpersonale. Talvolta l'operatore non riesce a investire positivamente sulla comunicazione, al fine di renderla “competente” e in grado di soddisfare alcuni obiettivi (cfr. Giaccardi, 2005), poiché viene spesso a mancare il tempo da dedicare alla comunicazione stessa;
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Per quanto attiene alla scarsa conoscenza della storia dell’altro, emerge che nella relazione educativa tra l'operatore e il minore possono verificarsi situazioni di fraintendimento, in cui gli atteggiamenti possono essere interpretati secondo il proprio codice culturale, rischiando di non lasciare al minore stesso il tempo per la comprensione della propria storia, del nuovo contesto culturale e degli interventi proposti per favorire la sua integrazione. La conoscenza dell'altro e della sua storia va coniugata, da parte dell'operatore, con la consapevolezza che prima di conoscere l’altro è necessario conoscere in profondità le proprie caratteristiche personali, al fine di saper gestire le proprie emozioni. Per H. Gardner (2005) conoscere se stessi vuol dire avere una certa autoconsapevolezza del proprio essere e di conseguenza una continua attenzione verso i propri stati interiori.
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Per quanto riguarda la difficoltà di lettura di situazioni problematiche e/o complesse, notiamo come rientrano in questa categoria tutte quelle situazioni in cui l’operatore, sia per mancanza di strumenti metodologici e didattici idonei, sia per mancanza di una formazione specifica, si trova in difficoltà nel comprendere e interpretare la complessità delle situazioni che gli si pongono davanti.
Nello stesso tempo, dal corpus di dati raccolti emergono da parte degli operatori alcuni punti di forza, che possono essere riassunti come segue: la predisposizione ad accogliere e rispettare i tempi dell'altro; la tendenza a chiarire fin dal principio del legame educativo i ruoli di ciascuno; la presenza nelle équipe di operatori di nazionalità diversa da quella italiana; la propensione alla conoscenza da parte dell'operatore e alla condivisione con il beneficiario della legislazione e del sistema di accoglienza in materia di migranti.
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Per quanto riguarda la predisposizione ad accogliere e rispettare i tempi dell'altro, notiamo come spesso accade, specie nella fase delicata dell'adolescenza, che in seguito a forti traumi e stress vissuti dai minori durante il percorso migratorio la comprensione della cultura ospitante e degli interventi proposti dall'équipe per la loro integrazione richiede un tempo di maturazione maggiore rispetto ai tempi di permanenza previsti all'interno del progetto. Già nel 1904 Stanley Hall, attraverso varie indagini su gruppi di ragazzi, aveva compreso che nella fase dell'adolescenza le strutture della personalità venivano completamente rinnovate, come una specie di nuova rinascita, come momento di crisi e di rottura rispetto al periodo di sviluppo precedente. E questi elementi determinati da fenomeni biologici sono di carattere universale, cioè riguardano qualsiasi individuo (cfr. Martinelli, 1975). È compito dunque dell'operatore e dell'intera équipe riuscire a entrare in relazione positiva con il minore migrante e saper attendere i tempi di maturazione e di comprensione del proprio vissuto.
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Per quanto riguarda la tendenza da parte dell'operatore a chiarire fin dal principio del legame educativo – avvalendosi anche del PEI Progetto Educativo Individualizzato –10 i ruoli di ciascuno, emerge dal focus della ricerca che è importante, oltre che comprendere i tempi di maturazione del minore, far sì che gli vengano garantiti dei punti di riferimento stabili attraverso i quali egli può impostare un legame educativo positivo e di fiducia.
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Per quanto concerne la presenza nelle équipe di operatori di nazionalità diversa da quella italiana, soprattutto dei Paesi di origine dei minori, emerge che di fronte a situazioni complesse, dove talvolta diventa difficile comprendere determinati aspetti culturali, storici o normativi del minore, essi possono essere da supporto nell'emersione e nella comprensione di specifici bisogni che il minore manifesta.
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E infine, per quanto riguarda la propensione alla conoscenza e alla condivisione da parte dell'operatore della legislazione e del sistema di accoglienza in materia di migranti in Italia, emerge con chiarezza come sia importante, per loro che lavorano a contatto con persone con persone migranti, conoscere i principali profili legislativi e normativi sia del proprio paese che del paese di origine del minore. Lo studio dei contenuti giuridici della propria e delle altre culture può fare da sostegno all'operatore nella misura in cui egli sappia relazionarsi con il minore in maniera flessibile e coerente con il proprio mandato operativo.
Concludiamo il paragrafo con una considerazione generale che riguarda la necessità di riscoprire e di valorizzare, sia da parte degli operatori dell’accoglienza che dei minori accolti, la dimensione educativa della comunità. In tal senso va considerata la capacità dell’operatore di saper regolare l’urgenza: spesso nella pratica del lavoro sociale le relazioni tra culture diverse creano problemi poiché sollevano vissuti di allarme e il bisogno di risposta diventa immediato. La sfida per coloro che vivono quotidianamente la fatica e la gioia di lavorare a stretto contatto con ragazzi e adulti stranieri è quella di mostrare un volto positivo e accogliente dell'immigrazione, mettendo al centro della pratica educativa il piacere del vivere insieme e del fare disinteressato (cfr. Benasayag e Schmit, 2003).
Tutori nel Tempo: una risorsa per Ferrara
Se fino adesso abbiamo trattato dell'accoglienza in termini di criticità e/o potenzialità a partire dalle visioni dell'operatore, il nostro intento è anche quello di narrare un'esperienza significativa, tra le varie promosse dal 2016 a oggi all'interno dello SPRAR Minori gestito dalla coop. Camelot di Ferrara e dall'Istituto don Calabria di Ferrara, con il desiderio di far emergere la prospettiva di chi, come il minore migrante, l'accoglienza la vive in prima persona.
Prima di addentrarci nello specifico dell'esperienza dell'affiancamento, vorremmo sostare brevemente sulla delicata situazione a cui molti minori non accompagnati si vengono a trovare. Sappiamo che la presenza di migranti, soprattutto se adolescenti, interroga i servizi e le modalità di intervento e pone nuove domande e nuovi bisogni. Dal punto di vista del discorso educativo, non si può non porre l'attenzione al vuoto affettivo e familiare che si viene a generare nell'adolescente migrante in seguito al percorso migratorio. Le biografie di vita di questi minori ci mostrano come fin dall’inizio dell’avvio di un progetto migratorio la famiglia costituisca il punto di partenza, poiché spesso, anche quando a partire è un solo individuo, su di lui convergono le aspettative di una famiglia. Il migrante diventa così il rappresentante di tutta una comunità familiare che desidera una prospettiva di emancipazione collettiva (Balsamo, 2003, p. 17). In molte biografie dei minori non accompagnati emerge come la separazione e la lontananza fisica dai propri genitori, o dalle figure parentali di riferimento, possano generare in loro un vuoto affettivo che difficilmente si riesce a colmare all'interno delle strutture di accoglienza. Ecco perché è necessario dal punto di vista legislativo e educativo prospettare azioni mirate a dare risposte ai bisogni di tanti adolescenti migranti che non hanno delle figure di riferimento in Italia.
Entrando nel merito dell'esperienza dell'affiancamento del tutore legale volontario all'interno dello SPRAR in questione, emerge una prima importante considerazione. Fin da subito, l'affiancamento di minori a queste persone, che aderiscono su base volontaria, dopo un percorso formativo mirato alla figura di tutore volontario, si è dimostrato essere un affiancamento oltre che legale anche educativo. In effetti, l'esperienza di questi anni ci ha mostrato come, fin dalla fase di conoscenza tra l'aspirante tutore e il minore, il desiderio espresso dai tutori e condiviso dall'équipe è stato quello di poter essere per il minore non accompagnato anche una figura di riferimento.
Dal punto di vista legislativo, a oggi, la Legge n. 47 del 201711 (Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, in G.U. Serie Generale n. 93 del 21.04.2017), conosciuta anche come «Legge Zampa» e che introduce una serie di modifiche alla normativa vigente in materia di minori stranieri non accompagnati, all'art. 11 dispone l'istituzione di un elenco di tutori volontari presso ogni Tribunale per i Minorenni. L'elenco dei tutori volontari vuole rappresentare una prima forma di affiancamento legale di persone fisiche che si assumono la responsabilità relativamente alla tutela di un minore migrante non accompagnato.
Il Comune di Ferrara fin da subito ha aderito alla promozione dell'istituto della Tutela volontaria per minori non accompagnati e, in stretta collaborazione con il Garante regionale per l'Infanzia e l'Adolescenza dell'Emilia-Romagna, nel 2015 ha predisposto una prima formazione per aspiranti tutori volontari, finalizzata a fornire le necessarie conoscenze dal punto di vista legale, pedagogico e sociologico. Il percorso formativo – che ha raccolto una ventina di partecipanti tra volontari di associazioni, professionisti e studenti che, a vario titolo, si occupano di minori – ha riscosso una buona adesione. L'esperienza è poi proseguita con un secondo corso provinciale di formazione (tenutosi a Ferrara presso la sede di Agire Sociale-CSV) a cui ha aderito un buon numero di persone decise a diventare tutori volontari, e si è consolidata grazie alla costituzione nel 2016 di un'associazione in Emilia-Romagna formata da tutori volontari, dal nome Tutori nel Tempo.12
Dal punto di vista dei diretti interessati che hanno aderito all'esperienza e dall'osservazione diretta da parte dell'équipe sui singoli percorsi di affiancamento dei tutori a minori non accompagnati accolti al don Calabria, notiamo che emergono alcune considerazioni significative. In primis, il fatto che l'esperienza dell'affiancamento a figure di riferimento, com'è quella del tutore, garantisce dei risultati estremamente positivi, determinati in primo luogo da una maggiore prossimità fra minore e tutore, con la possibilità che quest'ultimo divenga un soggetto di riferimento importante per il percorso educativo e di integrazione del minore stesso. Un altro aspetto positivo riguarda la possibilità per entrambi di instaurare un rapporto che potenzialmente può permanere, seppur in via più informale, anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte del minore. In più casi il legame educativo e di riferimento, instaurato tra il tutore e il minore, è proseguito anche dopo il raggiungimento della maggiore età, con la possibilità per quest'ultimo di continuare a coltivare la relazione con il tutore e condividere gli aspetti del suo percorso di integrazione.
Per il tutore volontario, la prossimità con un minore migrante può rappresentare una possibilità per entrare in una relazione diretta con una cultura altra, trovandosi così a confrontarsi con valori, norme e stili di vita diversi rispetto ai propri. Più volte i tutori volontari hanno raccontato l'esperienza dell'affiancamento legale come uno strumento per ridurre la condizione di invisibilità in cui talvolta i minori migranti si trovano. Invisibilità percepita, in alcuni casi, sia dal minore stesso, che soffre della mancanza di relazioni stabili e significative di riferimento, sia dal tutore che attraverso questa esperienza può comprendere la condizione di poca visibilità sociale in cui vivono molti minori. Ed è proprio per questo motivo che l'esperienza dell'affiancamento a tutore legale volontario può rappresentare «una nuova idea di tutela legale, espressione di genitorialità e di cittadinanza attiva»,13 poiché genera relazioni positive, in cui il tutore, oltre alla rappresentanza giuridica, si pone in relazione con il tutelato, e si fa interprete dei suoi bisogni e dei suoi problemi.
Queste esperienze di accoglienza diffusa possono essere utili al fine di ridurre i rischi di una forma di «precarietà» a cui sono chiamati coloro i quali vivono sulla propria pelle l’esperienza della separazione dai legami affettivi parentali, in seguito a lunghi percorsi migratori. Si tratta, come sostiene Judith Butler (2017, p. 111), di «ridurre al minimo l’invivibilità delle vite», dando visibilità all’«apparente» invisibilità di tante persone migranti che vivono nelle nostre città, che apprendono la nostra lingua e che cercano di inserirsi nel mondo del lavoro. Infine, possiamo constatare come – oggi più che mai – il locale rappresenta il luogo privilegiato per costruire significati (cfr. Vernò, 2007), per dare vita a forme di partecipazione che coinvolgono idee e progetti che generano altre idee e fanno sì che si sperimenti la bellezza che emerge dall’incontro con l’Altro, in particolare quando questo incontro avviene tra due persone con profili storici, linguistici e culturali differenti.
Bibliografia
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AA.VV. (2017), Dossier Statistico Immigrazione, Roma, Centro Studi e Ricerche IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti.
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Balsamo F. (2003), Famiglie migranti. Trasformazioni dei ruoli e mediazione culturale, Roma, Carocci.
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Butler J. (2017), L’alleanza dei corpi, Milano, Edizioni Nottetempo.
Buber M. (1993), Il principio dialogico e altri saggi, Cisinello Balsamo, San Paolo.
Deaux K. (2006), To be an immigrant, New York, Russell Sage Foundation.
Gardner H. (2005), Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Trento, Erickson.
Giaccardi C. (2005), La comunicazione interculturale, Bologna, il Mulino.
Kapuściński R. (2007), L’Altro, Milano, Feltrinelli.
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Vernò F. (2007), Lo sviluppo del welfare di comunità. Dalle coordinate concettuali al lavoro di gruppo, Roma, Carocci.
Sitografia
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http://www.italy.iom.int/sites/default/files/news-documents/RAPPORTO_OIM_Vittime_di_tratta_0.pdf (ultimo accesso: 2/05/18)
http://www.unhcr.org/education.html (ultimo accesso: 2/05/18)
http://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/minori-stranieri/Pagine/Dati-minori-stranieri-non-accompagnati.aspx (ultimo accesso: 30/08/2018)
https://www.popolis.it/ferrara-tutori-nel-tempo/ (ultimo accesso: 01/09/2018)
http://www.sprar.it/pubblicazioni/rapporto-sulla-protezione-internazionale-in-italia-2017 (ultimo accesso: 20/04/2018)
http://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/Linee%20guida%20tutori%20volontari.pdf (ultimo accesso: 01/09/2018)
https://www.savethechildren.it/blog-notizie/10-cose-da-sapere-su-mare-nostrum-e-triton (ultimo accesso: 30/08/2018)
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/04/21/17G00062/sg (ultimo accesso: 30/08/2018)
Note
1 Il contributo è frutto di un’elaborazione condivisa dai due autori. Nello specifico, il paragrafo introduttivo «L'accoglienza diffusa di migranti tra luoghi comuni ed esperienze» e i paragrafi «L'esperienza dello SPRAR Minori di Ferrara tra punti di forza e criticità» e «Tutori nel Tempo: una risorsa per Ferrara» sono stati scritti da Fabio Alba; mentre il paragrafo «Il sistema di prima accoglienza per i minori stranieri non accompagnati in Emilia-Romagna» è stato scritto da Giulia M. Foresti.
2 I Report messi a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali analizzano le principali caratteristiche dei minori non accompagnati presenti nel territorio italiano, prestando particolare attenzione all'evoluzione del fenomeno in termini quantitativi e qualitativi, http://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/minori-stranieri/Pagine/Dati-minori-stranieri-non-accompagnati.aspx (ultimo accesso: 3/09/18).
3 All'art. 2 la Legge 47 del 2017 definisce come minore straniero non accompagnato quel «minorenne non avente cittadinanza italiana o dell'Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano», http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/04/21/17G00062/sg (ultimo accesso: 3/09/18).
4 Secondo l’UNHCR e il Ministero dell’Interno, nel 2014 i MSNA arrivati in Italia furono 13.026, si ridussero a 12.450 nel 2015 per aumentare drasticamente nel 2016, quando raggiunsero il numero di 25.846. Nel 2017 i MSNA arrivati in Italia sono stati 15.731 (93% maschi e 7% femmine, percentuale che rispecchia la ripartizione delle strutture maschili e femminili afferenti agli HUB). Secondo il Ministero dell’Interno, i MSNA approdati in Italia dal 1/1/2018 al 19/4/2018 sono 1116. In http://www.interno.gov.it/sites/default/files/cruscotto_statistico_giornaliero_26-04 2018.pdf. (ultimo accesso: 3/09/18)
5 Le attività progettuali dell’HUB MSNA vedono come enti gestori le cooperative sociali Camelot (coordinamento, supporto legale, mediazione linguistico-culturale e rendicontazione), Società Dolce, Csapsa2, Open Group e CEIS A.R.T.E.
6 Secondo l’ultimo rapporto dell’OIM nel giro di tre anni il numero delle persone ritenute potenziali vittime di tratta e arrivate via mare in Italia è aumentato di più del 600%, passando da 1.500 nel 2014 a oltre 11 mila nel 2016, rappresentando circa l’80% delle migranti nigeriane arrivate via mare. Tale incremento è continuato anche nei primi sei mesi del 2017. In http://www.italy.iom.int/sites/default/files/news-documents/RAPPORTO_OIM_Vittime_di_tratta_0.pdf (ultimo accesso: 3/09/18)
7 L'operazione militare e umanitaria è iniziata il 18 ottobre 2013 per fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria in corso nello Stretto di Sicilia, dovuto all'eccezionale afflusso di migranti. L'operazione è terminata il 31 ottobre 2014 in concomitanza con la partenza della nuova operazione denominata Triton. In: https://www.savethechildren.it/blog-notizie/10-cose-da-sapere-su-mare-nostrum-e-triton (ultimo accesso: 3/09/18)
8 Consultabile nel seguente link: http://www.sprar.it/pubblicazioni/rapporto-sulla-protezione-internazionale-in-italia-2017 (ultimo accesso: 3/09/18)
9 La ricerca è stata condotta da Fabio Alba nel 2016, nel corso di Dottorato in Studi Linguistici e di Educazione Interculturale (XXVIII Ciclo) dell'Università di Enna “Kore” in collaborazione con il Centro Studi Interculturali dell'Università di Verona. Tesi dal titolo: Competenze interculturali nel settore educativo extrascolastico. Ricerca con operatori del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati di Ferrara. La ricerca qualitativa, a carattere prettamente esplorativo, è stata condotta con la collaborazione di alcuni operatori esperti professionisti del settore: educativo; psicologico e legale. Complessivamente sono stati selezionati 20 «operatori privilegiati» e come strumenti di indagine si è scelto di fare ricorso ai seguenti metodi: a. Focus Group; b. Intervista individuale semistrutturata.
10 È altrettanto importante coinvolgere i minori nel definire insieme all’équipe le decisioni che riguardano la vita quotidiana in comune, riducendo la loro percezione di passività e consentendo l’accrescimento del loro senso di responsabilità e benessere generale. A riguardo del PEI può essere utile consultare il volume: AA.VV., Manuale operativo per l’attivazione e la gestione di servizi di accoglienza integrata in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, Servizio Centrale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Protezione, Ministero dell’Interno, Roma, 2005.
11 In: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/04/21/17G00062/sg (ultimo accesso: 26/09/18)
12 Per informazioni sull'associazione Tutori nel Tempo, consultare il link: https://www.popolis.it/ferrara-tutori-nel-tempo/ (ultimo accesso: 3/09/18).
13 Tratto dalle Linee Guida per la selezione, la formazione e l'iscrizione negli elenchi dei tutori volontari, ex art. 11 della I. 7aprile 2017, n. 47. In http://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/Linee%20guida%20tutori%20volontari.pdf (ultimo accesso: 3/09/18)
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ISSN 2420-8175. Educazione interculturale.
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