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Diversity Management Questionnaire: Primo contributo alla versione italiana
Diversity Management Questionnaire: First contribution to the Italian version

Annamaria Di Fabio

Responsabile del Laboratorio internazionale di ricerca e intervento in Psicologia per l’orientamento professionale e il career counseling (LabOProCCareer) e del Laboratorio internazionale di ricerca e intervento in Psicologia Positiva e Prevenzione (PosPsyc&P), Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze, http://www.scifopsi.unifi.it/vp-30-laboratori.html



Sommario

Lo scopo del presente lavoro è offrire un primo contributo alla validazione della versione italiana del Diversity Management Questionnaire per il suo utilizzo nel contesto italiano. Hanno partecipato allo studio 168 lavoratori. Sono state analizzate dimensionalità, attendibilità e validità concorrente. L’analisi fattoriale confermativa ha supportato la versione a tre dimensioni della scala con buona coerenza interna e validità. I risultati indicano che la versione Italiana del Diversity Management Questionnaire risulta un valido strumento per rilevare il diversity management anche nel contesto italiano.

Parole chiave

diversity management; versione Italiana del Diversity Management Questionnaire; proprietà psicometriche.


Abstract

The purpose of this study is to offer the first contribution to the Italian validation of the Diversity Management Questionnaire (DMQ) for use in Italian contexts. Participants were 168 workers. Dimensionality, reliability, and concurrent validity were analysed. Confirmatory factor analysis supported a three-dimensional version of the scale. In addition, good internal consistency and validity were established. Results indicate that the Italian version of the Diversity Management Questionnaire is a valid instrument for measuring diversity management also in Italian contexts.

Keywords

diversity management; Italian version of the Diversity Management Questionnaire; psychometric properties.


La diversità è un aspetto che caratterizza inevitabilmente la vita organizzativa ed è un elemento fondamentale da tenere in considerazione per il management delle risorse umane nelle organizzazioni (Harris, Rousseau, & Venter, 2007).

Il diversity management viene definito come l’insieme delle azioni organizzative progettate per favorire una maggiore inclusione dei lavoratori provenienti da vari contesti nelle diverse strutture organizzative attraverso politiche e programmi appositamente predisposti (Hays-Thomas, 2004; Kaiser & Prange, 2004; Nyambegera, 2002; Ozbilgin & Tatli, 2008; Palmer, 2003).

Nell’evoluzione del costrutto di diversity management si possono individuare tradizionalmente tre fasi distinte che corrispondono a tre fasi dell’evoluzione organizzativa: fase monoculturale, fase plurale, fase multiculturale (Cox, 1994, 2001). La fase monoculturale si riferisce alla presenza di organizzazioni culturalmente e demograficamente omogenee considerate come “monolitiche”. Tali organizzazioni considerano i lavoratori come tutti uguali, senza fare distinzioni. Il modello dominante è quello del “maschio bianco” e quindi le donne e le persone di colore si devono adattare a tale modello organizzativo dominante (Cox, 1994, 2001; Gardenswartz & Rowe, 1993). La seconda fase, definita dell’organizzazione plurale, è una fase non discriminatoria. Questo tipo di organizzazione è generalmente più eterogenea rispetto all’organizzazione monolitica. Vengono maggiormente accettate persone provenienti da differenti background culturali che differiscono dal gruppo dominante. Ad esempio vengono assunte con più facilità le donne e le minoranze e ne viene facilitata la promozione all’interno dell’organizzazione. Lo scopo di questa fase è quello di eliminare i vantaggi attribuiti ingiustamente al gruppo di maggioranza (Cox, 1994, 2001; Gardenswartz & Rowe, 1993). La terza fase, definita multiculturale, è una fase in cui le organizzazioni riconoscono differenze di cultura, background, valori dei lavoratori e sostengono le differenze come aspetto fondante della cultura organizzativa. La flessibilità delle politiche aziendali e delle procedure assicura che nessuno sia messo in una posizione di possibile sfruttamento (Cox, 2001, 1994; Gardenswartz & Rowe, 1993).

Più recentemente, con la globalizzazione economica e l’incremento della presenza di organizzazioni multinazionali, la definizione di diversity management si è focalizzata da un lato sull’eterogeneità della forza-lavoro di un paese, dall’altro sulla composizione della forza-lavoro in vari paesi (Mor Barak, 2013). Viene inoltre introdotta una distinzione tra Intranational diversity management e cross-national diversity management (Mor Barak, 2013). L’Intranational diversity management riguarda la gestione di una forza-lavoro diversificata di nativi e immigrati all’interno di un singolo contesto nazionale. Il cross-national diversity management si riferisce alla gestione di una forza-lavoro composta da nativi e immigrati nei differenti paesi.

In generale l’obiettivo del diversity management è quello di trasformare la cultura organizzativa da una cultura orientata alla maggioranza a una cultura in cui sono presenti differenti sistemi di valore che influiscono sull’ambiente di lavoro (Cox, 2001; Mor Barak, 2013; Ozbilgin & Tatli, 2008; Thomas Roosvelt, 2005). Si tratta di promuovere la giustizia sociale creando un ambiente organizzativo in cui nessuno sia privilegiato o svantaggiato in relazione ad aspetti quali etnia, cultura, genere, età (Cox, 2001; Mor Barak, 2013; Ozbilgin & Tatli, 2008; Thomas Roosvelt, 2005). Si passa dalla necessità di gestire strategicamente risorse differenziate in relazione a una vasta gamma di aspetti (etnia, cultura, genere, età) (Hays-Thomas, 2004; Kaiser & Prange, 2004; Nyambegera, 2002; Ozbilgin & Tatli, 2008; Palmer, 2003) all’importanza nel XXI secolo di un management differenziato in base alle caratteristiche specifiche delle risorse umane (Di Fabio, 2014a; Di Fabio & Kenny, 2016).

Questa prospettiva sul diversity management porta l’attenzione da un lato sul rispetto della persona in termini di potenziamento di relazioni positive all’interno delle organizzazioni (Di Fabio, 2014a; Di Fabio & Kenny, 2016) e di workplace relational civility (Di Fabio & Gori, in press b), dall’altro sulla promozione delle risorse individuali (Di Fabio & Saklofske, 2014a, 2014b) in un’ottica preventiva (Di Fabio & Kenny, 2015, 2016; Kenny & Hage, 2009) per un management specifico delle risorse umane nelle organizzazioni (Di Fabio, 2014a; Di Fabio & Kenny, 2016) e la promozione del benessere (Di Fabio & Palazzeschi, 2015).

In relazione al diversity management risulta fondamentale anche la percezione dei lavoratori. Attraverso la percezione, gli individui cercano di dare un significato al loro ambiente (George & Jones, 1999). Quindi ciò che le persone credono in relazione al proprio ambiente lavorativo è di vitale importanza per il comportamento organizzativo e le decisioni organizzative a beneficio dei membri dell’organizzazione e dell’organizzazione stessa (George & Jones, 1999). Per rilevare la percezione dei lavoratori sul diversity management nella propria organizzazione, Harris et al. (2007) hanno messo a punto il Diversity Management Questionnaire. Tale questionario è suddiviso in tre sezioni. Nella prima sezione, “Sintomi di problemi legati alla diversità”, viene chiesto di indicare il grado in cui uno specifico aspetto si è presentato nel proprio ambiente lavorativo. L’obiettivo di questa sezione del questionario è quello di identificare problemi relativi alla diversità all’interno dell’ambiente lavorativo con un aumento di consapevolezza sulle questioni relative alla diversità. La seconda sezione, “Apertura dell’organizzazione al cambiamento”, ha lo scopo di rilevare la percezione del lavoratore riguardo all’apertura al cambiamento da parte dell’organizzazione che può facilitare il diversity management. La terza sezione, “Posizione attuale del diversity management”, ha l’obiettivo di identificare lo stato di sviluppo dell’organizzazione nel confrontarsi con la diversità. Consente di differenziare tra organizzazioni monoculturali, pluraliste, multiculturali.

Alla luce del quadro teorico fin qui delineato risulta importante poter disporre di una scala per misurare il diversity management anche nella nostra realtà nazionale. Pertanto l’obiettivo del presente studio è quello di offrire un primo contributo alla validazione della versione italiana a cura di Di Fabio del Diversity Management Questionnaire (Harris et al., 2007) per un suo utilizzo anche nel contesto italiano.

 

Metodo

 

Partecipanti

 

Hanno partecipato al presente studio 168 lavoratori di differenti aziende pubbliche e private della Toscana di cui 102 maschi (60.71%) e 66 femmine (39.29%).

 

Strumenti

 

Diversity Management Questionnaire. Per valutare il diversity management è stata utilizzato il Diversity Management Questionnaire (DMQ, Harris et al., 2007) nella versione italiana a cura di Di Fabio. La scala è composta da 41 item articolati in tre sezioni: Sezione A, “Sintomi di problemi legati alla diversità”, composta da 15 item con formato di risposta su scala Likert da 1 = Fortemente in disaccordo a 5 = Fortemente d’accordo (esempio di item: «Diversità nella composizione del personale»); Sezione B, “Apertura dell’organizzazione al cambiamento”, composta da 15 item con formato di risposta su scala Likert da 1 = Fortemente in disaccordo a 5 = Fortemente d’accordo (esempio di item: «La valutazione della performance misura l’adattamento del personale al cambiamento»); Sezione C, “Posizione attuale del diversity management”, composta da 11 item nei quali viene chiesto di scegliere un’alternativa tra le tre proposte per ciascuno degli argomenti indicati (esempio di item: a) C’è diversità nel personale ai livelli più bassi, b) C’è diversità nel personale ai livelli più bassi e intermedi, c) C’è diversità nel personale a tutti i livelli. Gli item della versione originale del DMQ sono stati tradotti tramite il metodo della back translation.

Acceptance of Change Scale (ACS). Per valutare l’accettazione del cambiamento è stata utilizzata l’Acceptance of Change Scale (Di Fabio & Gori, in press a). La scala è composta da 20 item con formato di risposta su scala Likert a 5 punti (da 1 = per niente a 5 = del tutto). La scala rileva 5 dimensioni: Predisposition to change (esempio di item: «Pensare a nuovi piani è facile per me»); Support for change (esempio di item: «Mi fido delle persone a me vicine di fronte ai cambiamenti»); Change Seeking (esempio di item: «Anche se non vedo benefici, non vedo l’ora di cambiare»); Positive Reaction to Change (esempio di item: «Sono consapevole delle modifiche che comporta il cambiamento»); Cognitive Flexibility (esempio di item: «Se necessario, non è difficile per me cambiare idea»). I coefficienti alfa di Cronbach della Scala sono: .83 per Predisposition to change, .79 per Support for change, .80 per Change Seeking, .75 per Positive Reaction to Change, .72 per Cognitive Flexibility, .88 per il punteggio totale.

Positive Relational Management Scale (PRMS). Per valutare il positive relational management è stata utilizzata la Positive Relational Management Scale (PRMS) a cura di Di Fabio (2015). La scala è composta da 12 item con formato di risposta su scala Likert a 5 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 5 = Fortemente d’accordo). La scala rileva tre dimensioni: Rispetto (Respect) (esempio di item: «Mantengo un equilibrio tra il rispetto verso gli altri e verso me stesso»); Cura (Caring) (esempio di item: «Mi prendo spesso cura degli altri»); Connessione (Connection) (esempio di item: «Ho buone relazioni con la mia famiglia»). I coefficienti alfa di Cronbach della scala sono: .81 per la dimensione Rispetto, .79 per la dimensione Cura, .80 per la dimensione Connessione, .84 per il punteggio totale.

Satisfaction With Life Scale. Per valutare la soddisfazione di vita è stata utilizzata la Satisfaction With Life Scale (SWLS, Diener, Emmons, Larsen, & Griffin, 1985) nella versione italiana a cura di Di Fabio e Gori (2015). Lo strumento è composto da 5 item su scala Likert a 7 punti (da 1 = fortemente in disaccordo a 7 = fortemente d’accordo). Esempi di item sono: «Sono soddisfatto della mia vita» e «Se potessi rivivere la mia vita, non cambierei quasi niente». L’attendibilità della versione italiana è di α = .88.

Meaningful Life Measure. Per valutare il meaning in life è stata utilizzata la Meaningful Life Measure (MLM, Morgan & Farsides, 2009) nella versione Italiana a cura di Di Fabio (2014b). Questo strumento è composto da 23 item rispetto ai quali il soggetto deve esprimere il proprio grado di accordo su una scala Likert a 7 punti (da 1 = Completamente in disaccordo a 7 = Completamente d’accordo). Consente di individuare 5 dimensioni: Exciting life (esempio di item: «La mia vita mi sembra sempre entusiasmante»), Accomplished life (esempio di item: «Finora sono soddisfatto di quello che ho ottenuto nella vita»), Principled life (esempio di item: «Ho un sistema di valori personali che rende la mia vita degna di essere vissuta»), Purposeful life (esempio di item: «Ho una chiara idea di quali sono i miei obiettivi e scopi futuri»), Valued life, (esempio di item: «La mia vita è significativa»). L’attendibilità dello strumento, misurata attraverso l’alfa di Cronbach, è di .85 per il totale, .85 per la dimensione Exciting life, .87 per la dimensione Accomplished life, .86 per la dimensione Principled life, .85 per la dimensione Purposeful life, .84 per la dimensione Valued life.

 

Procedura

 

Le somministrazioni sono avvenute collettivamente, a opera di personale specializzato e nel rispetto delle leggi sulla privacy. L’ordine di somministrazione è stato controbilanciato per controllare gli effetti dell’ordine di presentazione.

 

Analisi dei dati

 

La struttura fattoriale del Diversity Management Questionnaire è stata verificata mediante un’Analisi Fattoriale Confermativa (AFC) attraverso l’utilizzo del programma statistico AMOS versione 6 (Arbuckle, 2005) con il metodo della massima verosimiglianza. L’adeguatezza del modello è stata analizzata facendo riferimento non soltanto al valore di χ2 (dato che tale statistica risulta influenzata dall’elevata numerosità dei partecipanti), ma anche valutando altri indici di adattamento quali: il rapporto tra il valore di χ2 e i gradi di libertà (χ2/df) per cui valori del rapporto compresi tra 1 e 3 sono considerati indicatori di un buon adattamento; il Comparative Fit Index (CFI, Bentler, 1990) e il Non-Normed Fit Index (NNFI, Tucker & Lewis, 1973) per i quali valori superiori a .90 indicano una buona adeguatezza del modello (Bentler, 1990); il Root Mean Square Error of Approximation (RMSEA, Browne & Cudeck, 1993) per il quale valori inferiori a .08 indicano un buon adattamento del modello ai dati (Browne, 1990). L’attendibilità del Diversity Management Questionnaire è stata verificata mediante il calcolo dell’alfa di Cronbach e delle correlazioni item-totale corrette. Inoltre per verificare la validità concorrente, sono state esaminate, mediante il coefficiente r di Pearson, le correlazioni del Diversity Management Questionnaire con la ACS la PRMS, la SWLS, il MLM.

 

Risultati

 

Per verificare la struttura a tre fattori del Diversity Management Questionnaire, è stata condotta un’analisi fattoriale di tipo confermativo. Gli indici di Goodness of Fit sono riportati in Tabella 1.

 

Tabella 1. Analisi fattoriale Confermativa: Goodness of Fit

 

Diversity Management Questionnaire

χ2/gdl

RMSEA

NNFI

CFI

 

2.84

.07

.91

.92

 

Relativamente agli indici considerati, la versione italiana della scala conferma una struttura a tre dimensioni. Per quanto riguarda la consistenza interna, l’alfa di Cronbach per i tre fattori risulta: .81 per la Sezione A “Sintomi di problemi legati alla diversità”, .84 per Sezione B “Apertura dell’organizzazione al cambiamento”, .83 per Sezione C “Posizione attuale del diversity management”. Le correlazioni item-totale corrette, tutte positive e significative e vanno: da .53 a .75 per la Sezione A “Sintomi di problemi legati alla diversità”, da .52 a .78 per Sezione B “Apertura dell’organizzazione al cambiamento”, .51 a .74 per Sezione C “Posizione attuale del diversity management”. Le correlazioni del Diversity Management Questionnaire con la ACS, la PRMS, la SWLS, il MLM sono riportate in Tabella 2.

 

Tabella 2. Correlazioni del Diversity Management Questionnaire con la ACS, la PRMS, la SWLS, il MLM

 

 

ACS

PRMS

SWLS

MLM

Sezione A

.32**

.31**

.31**

.32**

Sezione B

.35**

.30**

.30**

.31**

Sezione C

.31**

.32**

.31**

.32**

Diversity Management Questionnaire

.32**

.33**

.30**

.31**

Nota. N = 168. ** p < .01.

ACS = Acceptance of Change Scale; PRMS = Positive Relational Management Scale; SWLS = Satisfaction With Life Scale; MLM = Meaningful Life Measure.

 

 

Discussione

 

L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di offrire un primo contributo alla validazione del Diversity Management Questionnaire a cura di Di Fabio.

L’Analisi Fattoriale Confermativa ha mostrato l’adeguatezza del modello a tre fattori. L’attendibilità della scala e dei tre fattori verificata mediante il calcolo del coefficiente alfa di Cronbach e le correlazioni item-totale corrette è risulta buona. Le correlazioni del Diversity Management Questionnaire con la ACS, la PRMS, la SWLS, il MLM evidenziano un’adeguata validità concorrente della scala relativamente alle misure effettuate, sottolineando il legame esistente tra una maggiore percezione di diversity management e maggiori accettazione del cambiamento, positive relational management e benessere sia edonico che eudaimonico dei lavoratori.

Sebbene i risultati ottenuti mostrino come il Diversity Management Questionnaire risulti essere uno strumento valido e attendibile per la misura della percezione del diversity management nelle organizzazioni nel contesto italiano, il presente studio mostra il limite di avere esaminato le proprietà psicometriche di tale strumento esclusivamente con lavoratori di aziende pubbliche e private della Toscana che non risultano rappresentativi della realtà italiana. Studi futuri dovrebbero pertanto considerare gruppi di partecipanti maggiormente rappresentativi della realtà italiana, comprendendo lavoratori di altre aree geografiche in Italia e anche di altri contesti organizzativi. Sarebbe inoltre interessante verificare i risultati anche in contesti internazionali per favorire confronti con altri Paesi in relazione al diversity management. Nonostante i limiti evidenziati, il Diversity Management Questionnaire risulta in grado di rilevare in maniera accurata la percezione di diversity management nelle organizzazioni nel contesto italiano, configurandosi come un utile strumento per quanti si occupano della gestione strategica di risorse differenziate nelle organizzazioni (Hays-Thomas, 2004; Kaiser & Prange, 2004; Nyambegera, 2002; Ozbilgin & Tatli, 2008; Palmer, 2003) favorendo un management differenziato in base alle caratteristiche specifiche delle risorse umane nel XXI secolo (Di Fabio, 2014a; Di Fabio & Kenny, 2016).

 

 

Bibliografia

 

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Autore per la corrispondenza

A. Di Fabio. Fax +39 055 6236047. Tel. +39 055 2055850.
Indirizzo e-mail: adifabio@psico.unifi.it
Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia (Sezione di Psicologia), Università degli Studi di Firenze, via di San Salvi 12 – Complesso di San Salvi, Padiglione 26, 50135, Firenze, Italia.


DOI: 10.14605/CS921616


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