Test Book

Articoli su invito / Invited article

Mutamenti del mercato del lavoro, modelli di orientamento e ruolo dei career service
Changes in the world of work, guidance models and the role of career services

Annamaria Di Fabio

Responsabile del Laboratorio internazionale di Ricerca e Intervento in Psicologia per l’orientamento professionale, il career counseling e i Talenti (LabOProCCareer&T) e del Laboratorio internazionale di ricerca e intervento in Psicologia Positiva, Prevenzione e Sostenibilità (PosPsychP&S), Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze, http://www.scifopsi.unifi.it/vp-30-laboratori.html

Tommaso Cumbo

Responsabile Linea Università, Programma FIXO Scuola e Università, Italia Lavoro S.p.A, Roma



Sommario

Il contributo presenta contenuti e riflessioni del seminario tematico “Occupabilità e sviluppo di carriera formativa e lavorativa. Modelli di orientamento, struttura del servizio e rapporti con i servizi territoriali”, organizzato da Italia Lavoro l’8 luglio 2016 a Montepulciano. Contiene anche un excursus storico sull’evoluzione dell’orientamento, dalle fasi tradizionali fino ai modelli scientifici più attuali. Delinea poi un quadro delle abilità necessarie per affrontare meglio le sfide del 21° secolo, introducendo il costrutto innovativo dell’Intrapreneurial Self-Capital. Viene infine presentata un’evoluzione dei career service offrendo stimoli per far progredire la riflessione in ambito di orientamento e servizi: dai modelli alle tempistiche di attivazione, dai soggetti target al collegamento con la rete territoriale, dalle modalità di erogazione dei servizi alle figure professionali e relativa formazione degli operatori.

Parole chiave

orientamento e career counseling, evoluzione dell’orientamento e del career counseling, teorie dell’orientamento, Intrapreneurial Self-Capital, career service.


Abstract

The paper presents contents and reflections on the thematic seminar “Employability and development of education and professional career. Guidance models, service structure and relations with local services” organised by Italia Lavoro on July 8, 2016 in Montepulciano. It also contains an historical excursus on the evolution of guidance, from the traditional stages to the most current scientific models. It then outlines a framework of the abilities needed to better face the challenges of the 21st century, introducing the innovative construct of Intrapreneurial Self-Capital. Lastly, an evolution of career services is presented, providing incentives to advance reflection in the field of guidance and services: from models to activation timing, from the target subject to connection with the local network, from the method of provision of services to professional figures and related operator training.

Keywords

guidance and career counseling, evolution of guidance and career counseling, guidance theories, Intrapreneurial Self-Capital, career service.


Occupabilità e sviluppo della carriera formativa e lavorativa. Modelli di orientamento, struttura del servizio e rapporti con i servizi territoriali: seminario tematico dell’8 luglio 2016 a Montepulciano (SI)

Si è svolto a Montepulciano (Siena) l’8 luglio 2016 il seminario tematico dal titolo “Occupabilità e sviluppo della carriera formativa e lavorativa. Modelli di orientamento, struttura del servizio e rapporti con i servizi territoriali”, promosso da Italia Lavoro in occasione del tradizionale evento “Luci sul lavoro. Immagini, musica e parole che raccontano il lavoro” organizzato da Italia Lavoro, Istituto Eidos e Comune di Montepulciano e arrivato quest’anno alla quinta edizione. Il recente seminario ha come focus l’orientamento degli studenti universitari e dei laureati in riferimento all’occupabilità come risorsa fondamentale per il 21° secolo.

Si tratta del quarto seminario all’interno di un percorso di sei seminari promossi da Italia Lavoro Spa, nel quadro del Programma FIxO YEI, rivolti in particolare ai responsabili dei servizi di orientamento e placement e ai delegati e rappresentanti delle Università italiane. Facendo seguito a una consultazione con gli Atenei, sono state individuate alcune questioni fondamentali sulle quali riflettere nei sei seminari del percorso: la conoscenza della domanda di lavoro, i servizi offerti alle imprese, i modelli organizzativi, l’orientamento e lo sviluppo della carriera formativa e lavorativa, la promozione dell’apprendistato di alta formazione e ricerca, le risorse e il fund raising. Si tratta di tematiche con cui i career service sono chiamati quotidianamente a confrontarsi per riflettere, progettare e implementare attività realmente efficaci per l’incremento dell’occupabilità e per lo sviluppo formativo e professionale di successo di studenti, laureati e dottori di ricerca.

I seminari tematici si propongono di favorire una riflessione sulle tematiche selezionate, offrendo l’opportunità ai referenti dei servizi di confrontarsi sia sotto il profilo scientifico sia sotto il profilo della coordinazione delle esperienze in riferimento alle attività dei singoli contesti, ai vincoli e alle soluzioni organizzative sperimentate. Attraverso i seminari viene promosso lo sviluppo di una comunità professionale e di un network di operatori dei career service; vengono condivisi modelli di intervento, linee guida e informazioni operative per un’azione di disseminazione nella realtà universitaria italiana e per incoraggiare lo sviluppo e il consolidamento dei servizi di orientamento e placement (Montefalcone, 2016a, 2016b).

In questo scenario, il seminario dell’8 luglio ha favorito una riflessione in merito ai modelli teorici e alle metodologie di orientamento disponibili per sostenere lo sviluppo della carriera formativa e lavorativa degli studenti e dei laureati. I partecipanti si sono confrontati anche sulla qualità dei servizi di orientamento offerti, in una cornice di collaborazione con la rete dei servizi per il lavoro, prendendo in considerazione i significativi cambiamenti nel mondo del lavoro, nel contesto sociale ed economico e il relativo sviluppo dei career service (Cumbo, 2016).

Durante il seminario dell’8 luglio Tommaso Cumbo ha presentato gli obiettivi del seminario e chiarito le questioni oggetto della discussione. A partire dai diversi modelli presenti in letteratura per l’orientamento professionale, ha incoraggiato una riflessione attenta sulla loro evoluzione e sugli sviluppi più recenti all’interno di una società post-moderna caratterizzata da rapidi mutamenti del mondo del lavoro, rintracciando come cruciale la funzione dei career service nel sostegno all’occupabilità degli studenti (Cumbo, 2016; Di Fabio, 2016a).

La relazione scientifica di apertura del seminario è stata tenuta da Annamaria Di Fabio, responsabile del Laboratorio internazionale di Ricerca e Intervento in Psicologia per l’Orientamento Professionale, il Career Counseling e i Talenti (LabOProCCareer&T) dell’Università degli Studi di Firenze, che ha identificato alcune caratteristiche chiave del 21° secolo per la progettazione e realizzazione delle attività di orientamento e i servizi offerti dai career service.

I rapidi e rilevanti mutamenti nel mondo del lavoro, le transizioni sempre più frequenti, la diffusione rapida di nuove tecnologie informatiche e comunicative (Guichard, 2013; Savickas, 2011) pongono sfide sempre più complesse con cui confrontarsi adattivamente (Di Fabio, 2016a). Il cambiamento rapido e continuo e la velocità richiesta nel completare molteplici attività in sempre minor tempo mutano i punti di riferimento e le prospettive in ambito professionale e personale.

La dromologia (Virilio, 1977), la disciplina che indaga i fenomeni sociali dal punto di vista della velocità, chiamando in causa la logica della corsa, rintraccia nella velocità il paradigma per l’epoca post-moderna. Vengono sottolineate tre dimensioni dell’accelerazione (Rosa, 2015): 1. Accelerazione tecnica e tecnologica, in termini di procedimenti orientati a uno scopo (trasporti, comunicazioni, produzione di beni e servizi). 2. Accelerazione dei mutamenti sociali, in termini di cambiamenti rapidi dei modelli relazionali e delle pratiche sociali (ad esempio, mode nell’abbigliamento, musica, automobili; transizioni lavorative, relazioni sentimentali). 3. Accelerazione dei tempi dei ritmi di vita, in termini di vivere più in fretta, aumentando il numero di azioni ed esperienze per unità di tempo, facendo più cose in meno tempo e/o facendo più cose contemporaneamente (multitasking).

Il paradosso su cui riflettere è che nell’attuale società dell’accelerazione le persone sono chiamate a risparmiare tempo nello svolgere i loro compiti in differenti contesti ma proprio la maggiore velocità, da un lato disponibile e dall’altro richiesta, tende a declinarsi in una percezione progressiva di mancanza di tempo che porta a sua volta ad accelerare, a correre più in fretta per non perdere posizioni sociali e opportunità (Di Fabio, 2016a; Rosa, 2015). Si configura allora una nuova possibilità di riequilibrio in risposta ai processi di accelerazione nel potenziamento dei processi di riflessività (Di Fabio, 2014e, 2016b), ponendo attenzione e cura al proprio progetto di vita, in modo che si costruisca con una percezione di continuità nel tempo, significativo rispetto alla strutturazione del proprio percorso formativo/professionale, agli interessi, valori, aspirazioni, aspettative più autentiche della persona. Nel nuovo scenario accelerato, la riflessività (Di Fabio, 2014e, 2016b; Guichard, 2013) si configura come base sicura per costruire e ossigenare percorsi formativi e professionali soddisfacenti e di successo nella prospettiva di un nuovo paradigma centrato sul valore del decent work for decent lives (Di Fabio, 2016b; Di Fabio & Blustein, 2016a, 2016b; Di Fabio & Kenny, 2016a).

Fasi dell’orientamento e modelli scientifici attuali

Un’importante questione nell’ambito dell’orientamento e dei career service riguarda i modelli teorici e le metodologie di riferimento più appropriati per rispondere alle richieste del nuovo mercato del lavoro e contesto socio-economico. Prendendo in considerazione l’evoluzione dei differenti modelli di orientamento che si sono susseguiti nel tempo, è possibile sottolineare come si stiano sviluppando velocemente modelli innovativi rispondenti alle esigenze mutevoli e in continuo dinamismo della società globalizzata (Di Fabio, 2016a). Per comprendere meglio i passaggi è utile ripercorrere sinteticamente le fasi con un breve excursus storico (Di Fabio, 1998, 2009, 2016a).

Il primo modello di orientamento, denominato “Diagnostico-attitudinale” (1900-1930), era funzionale al principio dell’“Uomo giusto al posto giusto” (Lawe, 1929; Parsons, 1909), favorendo un matching tra caratteristiche del lavoro e attitudini dell’individuo. In questa cornice la finalità è trarre maggiori profitti, usando al meglio le attitudini individuali, per una maggiore produttività del sistema economico e non ancora per l’autorealizzazione dell’individuo. Alla base troviamo gli studi psicofisiologici di Ancona sulle attitudini come disposizioni naturali e ereditarie (ad esempio verbali, motorie, ecc.) e a livello applicativo una loro traduzione in termini di valutazioni psicometriche per conoscere le attitudini del singolo da far interagire con le esigenze delle professioni.

Il modello successivo, denominato “Caratterologico-affettivo” (1930-1950), si focalizza sull’interesse professionale e non solo sulle attitudini, in base al principio che “È adatto non solo colui che sa fare ma colui che prova piacere a fare”. Alla base del rendimento professionale viene collocato l’interesse e non l’attitudine: un esempio è rappresentato dallo studio di Baumgarten (1949) sulla produttività dei soggetti. Con questa fase si evidenzia l’importanza dell’integrazione della conoscenza del carattere del soggetto in quanto responsabile dell’adattamento allo studio e al lavoro, ancora con un’impostazione psicometrica sul piano applicativo con uso di test per rilevare soprattutto gli interessi.

Il modello di orientamento chiamato “Clinico-dinamico” (1945-1960) approfondisce la precedente prospettiva teorica, si avvale degli apporti della psicoanalisi e si basa sul seguente principio: “Il lavoro come occasione per la realizzazione dei bisogni profondi del soggetto e quindi come possibile fonte di soddisfazione”. L’impostazione diventa progressivamente più psicologica che psicofisiologica, con un’indagine sempre più approfondita delle dinamiche psichiche: se prima la centratura era sugli interessi dichiarati, adesso l’attenzione è alla struttura di personalità per individuare la disponibilità interiore verso un certo tipo di lavoro, vale a dire la carica di investimento affettivo-emotivo canalizzato. Viene riconosciuto il rapporto tra personalità individuale e riuscita professionale e sul piano applicativo la soluzione rintracciata è attribuire minore importanza all’uso dei test in favore di un maggiore utilizzo del colloquio per l’individuazione delle inclinazioni più profonde. Questa fase per la scelta del lavoro attribuisce pertanto importanza alle motivazioni e alla personalità. Questi tre modelli, per quanto ben differenziati, sono accomunati da una simile prospettiva: operativamente presentano un soggetto con un ruolo passivo mentre il ruolo attivo è svolto dallo specialista che ha il compito di orientarlo.

Il modello successivo, dello “Sviluppo vocazionale” (diffuso negli anni Settanta) considera la scelta professionale basata su tappe evolutive da affrontare e superare adeguatamente. La scelta professionale è concepita come trasposizione e attuazione dell’immagine di Sé (Super, 1957, 1963, 1969). Anche in Europa si diffonde il metodo ADVP (Activation de Development Vocational et Personnel) dell’Università Laval del Québec in Canada (Pelletier, Noiseux, & Bujold, 1974) che presenta questa sequenza vocazionale del modello: compito dell’esplorazione, compito della cristallizzazione o della complessità delle informazioni, compito della specificazione, compito della realizzazione. Per la prima volta il soggetto è concepito come persona, perché è postulato attivo, in grado di orientarsi autonomamente nel rapporto con l’operatore di orientamento spesso in un clima di piccolo gruppo, con un richiamo concettuale a Lewin con la psicologia topologica e a Rogers con i gruppi di incontro. Si comprende inoltre che l’orientamento è un problema importante per la cui risoluzione necessita il coinvolgimento dell’individuo, della famiglia, della scuola e della società.

Il modello successivo, che è definito “Maturativo-personale” e si protrae fino alla fine del 20° secolo, riprende ed enfatizza la fase precedente, focalizzandosi sulla centralità della persona in posizione attiva. Il protagonista principale del processo di orientamento non è più l’esperto, che assume sempre più le caratteristiche del facilitatore, ma la persona postulata attiva e in grado di orientarsi autonomamente se facilitata nella comprensione/chiarificazione dei suoi bisogni di orientamento. È un modello rispettoso dell’individuo e della sua autonomia, centrato sull’autodeterminazione della persona.

Questi modelli di orientamento professionale, che si sono espressi e succeduti nel 20° secolo, sono accomunati da una prospettiva in cui il percorso di inserimento nel mondo del lavoro presenta una certa linearità e stabilità all’interno delle organizzazioni, al punto che la carriera ha potuto essere definita come un’evoluzione pre-determinata e prevedibile di tappe (Super, 1957, 1980) o la successione di attività vocazionali lungo l’arco di vita (Osipow, 2012) a partire dal modello dello sviluppo vocazionale. Lo scenario muta però in maniera rapida e turbolenta nel secolo attuale. Nel 21° secolo, caratterizzato da instabilità, insicurezza e fluidità, la possibilità di carriera appare sempre più non essere legata all’organizzazione ma principalmente alla persona (Duarte, 2004), chiamata ad assumersi la responsabilità delle direzioni che prenderà la sua vita lavorativa ma anche personale (Guichard, 2013; Savickas, 2011).

I più attuali modelli scientifici, le anchor theories (Di Fabio, 2016a), in ambito di orientamento e di career counseling nel 21° secolo, hanno preso in considerazione la centralità della persona e della sua proattività nella costruzione del proprio percorso sia professionale sia personale, considerando aspetti legati al Sé nell'intenzionalità progettuale (Di Fabio, 2014e). Le anchor theories (Di Fabio, 2016a), su cui si è costruito il nuovo modello del Life Design, fanno riferimento nello specifico alle due seguenti teorie di Savickas (2001, 2005) e Guichard (2004, 2005, 2009, 2010).

Il modello della Career construction (Savickas, 2001, 2005) risulta centrato sulla modalità con cui l’individuo costruisce la propria carriera, sulla base di due domande fondamentali: “Qual è il senso della mia carriera professionale nella mia vita?”. “Come posso usare il ruolo lavorativo per esprimere e sviluppare la mia storia di vita?”. L’obiettivo delle azioni di orientamento diventa unificare il presente e costruire il futuro attraverso una riorganizzazione del passato (Savickas, 2005).

Il modello della Construction de Soi e della Life Construction (Guichard, 2004, 2005, 2009, 2010) non si focalizza soltanto sulla costruzione di carriera, ma persegue uno scopo più generale, relativo alla costruzione del proprio progetto di vita che comprende anche il lavoro, attraverso una questione cruciale: “Che cosa nella mia vita potrebbe darle un senso?”. L’obiettivo diventa unificare il presente attraverso la formazione delle possibilità future (Guichard, 2010).

I seguenti nuovi modelli si sono sviluppati incorporando e facendo evolvere le anchor theories (Di Fabio, 2016), di Savickas (2001, 2005) e Guichard (2004, 2005, 2009, 2010).

L’attuale modello del Life Meaning (Arnoux-Nicolas, Sovet, Lhotellier, Di Fabio, & Bernaud, 2016; Bernaud, 2013; Bernaud, Lhotellier, Sovet, Arnoux-Nicolas, & Pelayo 2016; Di Fabio & Bernaud, 2014) propone una visione dinamica del posizionamento di un individuo di fronte alla questione della costruzione di senso come prodotto di una riflessione esistenziale. Include sia il livello di senso, in cui l’individuo si pone la domanda “La vita (o il lavoro) ha senso per me?”, sia la ricerca di senso, in cui l’individuo cerca di rispondere alla questione “Ho bisogno di documentarmi per scoprire o approfondire il senso della mia esistenza?”. Il modello del Life Meaning propone un percorso riflessivo che l’individuo intraprende quando si approccia alla questione del senso della sua vita e del senso che vuole dare alla sua vita, inteso come processo, ovvero come un’analisi complessa che può riguardare il passato, il presente e il futuro. Questo percorso presenta tre snodi: significato, attraverso cui vengono tradotte l’analisi e l’interpretazione che l’individuo fa della propria esistenza; direzione, attraverso cui l’individuo cerca di rispondere alle seguenti domande, “Quali prospettive mi pongo adesso?” “Quali priorità e quali punti di ancoraggio terrò presenti per la mia vita futura?”; sensazione, attraverso cui viene favorita la percezione degli aspetti del mondo e il collegamento a emozioni positive o negative.

Il Positive Self and Relational Management (PS&RM, Di Fabio & Kenny, 2016a) è un nuovo modello teorico supportato empiricamente che, nella prospettiva della psicologia positiva (Seligman, 2002; Seligman & Csikszentmihalyi, 2000) e di promozione delle risorse (Di Fabio & Kenny, 2015, 2016b; Di Fabio, Kenny, & Claudius, in press; Vázquez, Hervás, & Ho, 2006). PS&RM (Di Fabio & Kenny, 2016a), mette in evidenza il valore dello sviluppo dei punti di forza degli individui, del loro potenziale e dei loro talenti in prospettiva lifelong (Blustein, 2011a; Di Fabio & Kenny, 2016a; Di Fabio & Maree, 2013). Questo modello (Di Fabio & Kenny, 2016a) sottolinea l’importanza di una dialettica con se stessi e all’interno delle relazioni con gli altri, per gestire in maniera ottimale la complessità odierna caratterizzata da numerose transizioni personali e professionali (Di Fabio & Kenny, 2016a). Nello specifico il modello PS&RM (Di Fabio & Kenny, 2016a) operazionalizza al suo interno tre costrutti di secondo ordine: 1) Positive Lifelong Life Management, che comprende quattro costrutti: a) Positive and Negative Affect Schedule (PANAS, Watson, Clark, & Tellegen, 1988), vale a dire il valore della presenza di emozioni positive rispetto alle emozioni negative; b) Satisfaction With Life Scale (SWLS, Diener, Emmons, Larsen, & Griffin, 1985), la soddisfazione di vita come giudizio cognitivo globale riguardo alla propria vita; c) Meaningful Life Measure (MLM, Morgan & Farsides, 2009), in termini di presenza di significato nella propria vita; d) Authenticity Scale (AS, Wood, Linley, Maltby, Baliousis, & Joseph, 2008), che riguarda l’autenticità del proprio sé; 2) Positive Lifelong Self Management, che comprende tre costrutti: e) Intrapreneurial Self-Capital Scale (ISC, Di Fabio, 2014c), un nuovo core di caratteristiche degli individui come intrapreneur delle loro vite per affrontare i continui cambiamenti e transizioni dello scenario attuale attraverso la creazione di soluzioni innovative di fronte ai vincoli dell’ambiente per trasformare tali vincoli in risorse; f) Career Adapt-Abilities Inventory (Savickas & Porfeli, 2012), intesa come capacità dell’individuo di fare anticipazioni sul proprio futuro in un contesto in continuo cambiamento in termini di Concern (Interesse per il proprio futuro), Control (Controllo/Responsabilità sulla costruzione del proprio futuro), Curiosity (Curiosità per esplorare il proprio futuro), Confidence (Fiducia in se stessi in relazione alla costruzione del proprio futuro); g) Life Project Reflexivity Scale (Di Fabio, 2015b), vale a dire processi di riflessività per una progettualità chiara e definita della propria vita e del prossimo capitolo della propria vita da costruire, autenticità della propria progettualità, consapevolezza dei rischi progettuali insiti nei processi di acquiescenza; 3) Positive Lifelong Relational Management, che comprende i seguenti tre costrutti: h) Trait Social-Emotional Intelligence Questionnaire (TEIQue, Petrides & Furnham, 2004), vale a dire l’intelligenza emotiva di tratto, relativa all’autovalutazione delle proprie abilità di intelligenza emotiva anche in termini di relativa percezione di autoefficacia; i) Multidimensional Scale of Perceived Social Support (MSPSS, Zimet, Dahlem, Zimet, & Farley, 1988), il supporto percepito da parte della famiglia, degli amici, degli altri significativi; l) Positive Relational Management Scale (Di Fabio, 2016c), in riferimento alla gestione di relazioni positive in termini di Rispetto (Respect), Cura (Caring) e Connessione (Connection) declinati in tre forme (per gli altri, per se stessi, degli altri verso se stessi).

La necessità di questi nuovi modelli trova una spiegazione nel fatto che i giovani sono chiamati a mantenere la loro occupabilità e a gestire attivamente le loro carriere attraverso l’adattabilità, l’intenzionalità, il life long learning, il networking e lo sviluppo di connections con tutti i soggetti dei contesti formativi e lavorativi in cui si vengono a trovare (Montefalcone, 2016b). Ciò ha come conseguenza principale in letteratura il superamento della prospettiva lineare del career development in favore del flessibile career management, caratterizzato da uno scenario fluido nell'ambito del quale si possono ipotizzare molteplici direzionalità per la propria vita, all’interno delle quali gli individui progettano e costruiscono la propria vita personale e professionale capitolo dopo capitolo, mantenendo la responsabilità di tali costruzioni di vita (Di Fabio, 2014d). Nel 21° secolo si rileva pertanto il passaggio dal career development (Savickas, 2001) al career management (Savickas, 2011a) fino a un più olistico life management (Guichard, 2013), in riferimento a individui pienamente responsabili di dare forma alle loro vite e di renderle accountable for their biographical decisions (Savickas, 2011a, 2013). I giovani e le persone nella società globalizzata sono chiamati non più soltanto a “saper decidere” ma soprattutto a “saper diventare” (Savickas, 2011a, 2014), come meta-competenza per il 21° secolo basata sulla riflessività (Di Fabio, 2002, 2014e, 2016b; Guichard, 2009). Le persone sono chiamate a delineare una visione più consapevole dei prossimi capitoli della propria storia, imparando ad anticipare varie conseguenze delle proprie scelte e di determinati passaggi, eventuali criticità e opportunità (Di Fabio, 2016a). Ecco che i servizi di orientamento e career counseling sono immersi in una rete di relazioni e connessioni (Blustein, 2011a; Di Fabio, 2016a; Di Fabio & Kenny, 2015) che coinvolgono i giovani, le persone, le organizzazioni e le comunità più ampie, offrendo interventi in grado di aiutare i partecipanti a scoprire porzioni di significato per la costruzione del proprio percorso personale e professionale il cui fine ultimo è la costruzione del proprio successo personale/professionale. Sulla base della formula del successo di Savickas (2011a), tale successo non risponde a criteri di valutazione eterodiretta, ma si esprime nel valore di un successo autovalutato in accordo con il proprio Sé autentico per ogni capitolo della nostra vita fino alla valutazione finale al termine della nostra vita, che ci consente di percepire di avere vissuto una vita di successo in relazione a chi volevamo essere e a ciò che volevamo veramente vivere come espressione piena e compiuta del nostro sé più autentico (Di Fabio, 2014e).

In relazione all’attività lavorativa e all’espressione di sé nella professione, il framework di riferimento è la teoria relazionale per il lavoro di Blustein (2011a), che arricchisce il quadro teorico della precedente psicologia inclusiva per il lavoro (Blustein, 2006). Il quadro all’interno del quale Blustein procede è il seguente: il lavoro risponde a tre bisogni fondamentali, il bisogno di sopravvivenza e potere, il bisogno di relazioni sociali, il bisogno di auto-determinazione. Il pensiero di Blustein (2011a) evolve successivamente evidenziando l’elevato valore delle relazioni in tale scenario: il lavoro è considerato come un atto intrinsecamente relazionale (Blustein, 2011a) poiché ogni decisione, esperienza e interazione con il mondo del lavoro è compresa, influenzata e modellata dalle relazioni. All’interno di questo quadro teorico di Blustein (2011a), anche il progetto professionale si può configurare a pieno titolo come un atto intrinsecamente relazionale (Di Fabio, 2014a). Viene introdotta una nuova visione nell’orientamento e nel career counseling con una transizione dal career project al life project ma entrambi concepiti come atti intrinsecamente relazionali (Di Fabio, 2014a), avendo ben presente l’esistenza dei contesti relazionali non solo esterni ma anche interni alla persona (Blustein, 2011a).

Sulla base della teoria relazionale per il lavoro (Blustein, 2011a) in letteratura assistiamo dunque al passaggio dal career and life management (Guichard, 2013; Savickas, 2011a) al career and life management through self and relational management (Di Fabio, 2014d; Di Fabio & Kenny, 2016a). Il contributo innovativo consiste nell’aiutare le persone a costruire vite attraverso il lavoro, le relazioni e lo sviluppo di connessioni con altre persone ma anche con e attraverso le comunità, le organizzazioni e i servizi (Di Fabio, 2016a) a partire da un positive self and relational management (Di Fabio & Kenny, 2016a). Emerge l’importanza di potenziare molti e diversi aspetti di sé (Di Fabio, 2014a), includendo una partecipazione attiva e proattiva nella costruzione delle proprie forze per adattarsi con successo ai cambiamenti nel proprio percorso di vita personale e professionale (Kenny, Di Fabio, & Minor, 2014; Di Fabio & Kenny, 2016a).

Le abilità per affrontare le sfide del 21° secolo

Considerare il cambiamento come un’opportunità di apprendimento e di crescita aumenta la probabilità di rispondere positivamente alle sfide della società postmoderna (Di Fabio, 2014d; Di Fabio & Gori, 2016a, 2016b). Le abilità di flessibilità, creatività, innovatività, sviluppo di competenze, espressione delle potenzialità sono elementi chiave nel sostenere le persone nel percorso per il raggiungimento di una vita soddisfacente e produttiva (Castells, 2010; Di Fabio, 2014e; Kumar, 1995). In particolare le abilità di adaptability (Savickas, 2001; Savikas & Porfeli, 2012), purposeful identitarian awareness (Di Fabio, 2014e), grounded reflexivity (Di Fabio, 2014e; Di Fabio & Maree, 2016; Guichard, 2004, 2005; Maree, 2012, 2013) e gestione della fluidità (Di Fabio, 2016a; Di Fabio & Maree, 2016) si configurano come àncore di competenze per aiutare le persone nella strutturazione del percorso personale e professionale futuro.

Per adaptability si fa riferimento all’abilità di anticipare i cambiamenti e il futuro in un ambiente in costante mutamento (Savickas, 2011a). Comprende quattro dimensioni: Concern (avere interesse per se stessi nel futuro), Control (percepire il controllo o assumersi la responsabilità del proprio futuro), Curiosity (desiderio di scoperta e di esplorazione di Sé e del mondo esterno), Confidence (fiducia in se stessi per costruire il proprio futuro) (Savickas, 2001; Savickas & Porfeli, 2012).

La purposeful identitarian awareness (Di Fabio, 2014e) rappresenta un nuovo costrutto di riferimento per affrontare con successo le sfide dell’epoca post-moderna. Si centra sulla consapevolezza degli aspetti più autentici di sé, degli obiettivi e dei significati più profondi della vita di una persona (Di Fabio, 2014e). Si costruisce attraverso le due meta-competenze fondamentali per il 21° secolo: l’adaptability (Savickas, 2001; Savickas & Porfeli, 2012) e l’identity (Guichard, 2004, 2010). La purposeful identitarian awareness (Di Fabio, 2014e) riguarda l’incremento della consapevolezza dell’Authentic Self (Di Fabio, 2014e) attraverso l’identificazione di obiettivi realmente significativi per la persona. Implica la personale formula di successo di Savickas (2011a, 2014) per costruire una vita di successo personale (Di Fabio, 2014e), che sottolinea l’importanza della consapevolezza dei propri valori e scopi di vita autentici per costruire una vita personale e professionale pienamente significativa per l’individuo e quindi non rispondere o non essere acquiescenti rispetto a stereotipi di successo o proni a valutazioni eterodirette del successo. L’Authentic Self (Di Fabio, 2014e) rappresenta un concetto rilevante anche nell’ambito della psicologia positiva (Seligman, 2002), sottolineando come gli obiettivi a interesse intrinseco, in accordo con chi siamo realmente e con cosa vogliamo realmente fare nelle nostre vite e con il significato della nostra vita (Bernaud et al., 2016), costituiscono importanti predittori del successo della persona (Di Fabio, 2014d; Sheldon & Houser-Marko, 2001). Si sottolinea l’importanza di processi che favoriscano la possibilità di “accordare” il proprio Sé (Self-Attunement, Di Fabio, 2014e), considerando da un lato i talenti e il potenziale oggettivi (cosa sono capace di), dall’altro i talenti e il potenziale soggettivi (cosa mi energizza, cosa mi motiva a fare) in relazione al piano degli interessi e dei valori e dell’espressione e della costruzione di sé piena di reale significato (Di Fabio, 2014d, 2016a). Questo confronto e la sintonizzazione del Sé permettono di ottenere in pratica il “go between the concepts” (Guichard, 2013), in questo caso dialogando produttivamente tra oggettività e soggettività, in modo da promuovere una migliore performance attraverso obiettivi pienamente significativi per la persona (Di Fabio, 2014d).

La grounded reflexivity (Di Fabio, 2014d; Di Fabio & Maree, 2016; Guichard, 2004, 2005; Maree, 2012, 2013) si fonda su un processo schematizzabile nella formula in, on, for. Per riflessività si intende un processo dinamico e continuo di consapevolezza di Sé (Finlay & Gough, 2003; Maree, 2013). Si possono distinguere tre differenti livelli (Maree, 2013): riflessione in azione (reflection-in-action), vale a dire su certe questioni durante l’azione o mentre la persona agisce; riflessione sull’azione (reflection-on-action), come pensiero retrospettivo o pensiero dopo un’azione o un evento; riflessione per l’azione (reflection-for-action), che si riferisce a una riflessione prima di una particolare azione. La riflessività riguarda dunque l’abilità di analizzare il presente per riconsiderare il passato, riconoscendo i significati e le tematiche utili a costruire un ponte verso il futuro, all’interno di un processo continuo relativo alla consapevolezza di sé (Di Fabio & Maree, 2016).

La capacità di gestire la fluidità (Di Fabio, 2016a; Di Fabio & Maree, 2016), tipica del mondo del lavoro odierno, è elemento dirimente per aiutare le persone a progettare e realizzare i propri progetti, assumendosi la responsabilità delle direzioni che potrà prendere e intraprendere nella propria vita (Di Fabio, 2014a; Guichard, 2013; Savickas, 2011a). Inoltre, poiché il mondo del lavoro sembra non richiedere più professioni “tradizionali”, è importante prepararsi da un lato a far sopravvivere aspetti salienti di queste professioni nelle nuove professioni modificate, dall’altro a reinventarle adattivamente nei nuovi contesti, su un altro piano ancora a far nascere professioni completamente nuove (Di Fabio & Maree, 2016). Si fa riferimento pertanto a una nuova tassonomia tripartita di intervento sulle skill (Di Fabio & Maree, 2016): ad azioni di re-skill (aggiornare nuove abilità), up-skill (imparare nuove abilità) e cre(ate)-skill (creare nuove abilità) (Di Fabio & Maree, 2016; Kennedy, Latham, & Jacinto, 2016). Viene proposto un fluid management (Di Fabio & Maree, 2016) come nuova coordinata per progettare e realizzare interventi e azioni di orientamento e career counseling efficaci e sostenibili. In questo processo fluido, si parte da una prospettiva preventiva e si utilizza un approccio quali+quanti di analisi dei dati (Di Fabio & Maree, 2013, 2016) per predire ciò che è impredicibile o che sembra impredicibile (Di Fabio, 2016a; Di Fabio & Maree, 2016) nel mondo del lavoro, centrandosi costantemente sulla prevenzione come obiettivo imprescindibile e su un processo circolare dall’analisi dei Big Data al recupero della soggettività individuale/contestuale/comunitaria.

La promozione di una prospettiva innovativa nella costruzione di percorsi di lavoro e di vita significativi è sottolineata e scandita dal rilevante passaggio dal paradigma della motivazione al paradigma del significato (Di Fabio & Blustein, 2016a, 2016b), dove il successo del progetto di vita è associato al riconoscimento, al rispetto e all'uso di significato (Di Fabio, 2015a, 2016a). La soggettività del significato costituisce il nucleo della creazione narrativa di significato come chiave per rintracciare soluzioni ai problemi, fare step di crescita e perseguire risultati positivi (Di Fabio, 2015a; Di Fabio & Blustein, 2016a, 2016b; Di Fabio & Maree, 2016).

Altri aspetti fondamentali per il successo di un progetto (Di Fabio, 2015a; Di Fabio & Maree, 2016) sono rintracciabili nel rispetto della uniqueness, authenticity, and purposefulness (Di Fabio, 2014a, 2014d) della persona, associati al significato soggettivo e personale della propria vita. In altri termini, i progetti personali e professionali possono essere realmente sostenibili se fortemente ancorati a una costruzione di significato e dotati di coerenza, direzione, significatività e appartenenza (Di Fabio, 2016a; Schnell, Höge, & Pollet, 2013).

Tra le abilità per affrontare le sfide del 21° secolo, nel nuovo scenario globalizzato e difficilmente predicibile, un costrutto innovativo da segnalare in grado di rispondere adattivamente alle evoluzioni del concetto di carriera e di employability è l’Intrapreneurial Self-Capital (ISC, Di Fabio, 2014c).

L’ISC è stato sviluppato all’interno della Positive Preventive Perspective (Di Fabio, 2014a, 2014b, 2014d, 2015a; Di Fabio & Kenny, 2016a; Kenny & Di Fabio, 2009; Kenny & Hage, 2009; Kenny et al., 2009; Hage et al., 2007) e costituisce un insieme di risorse imprenditive per aiutare le persone ad affrontare la complessità del 21° secolo (Di Fabio, 2014c), favorendo una reale prevenzione di insuccessi attraverso la promozione di forze per il successo personale (Di Fabio, 2014c). L’ISC (Di Fabio, 2014c) può essere definito in termini di un nuovo core di caratteristiche degli individui come intrapreneur delle loro vite per affrontare i continui cambiamenti e transizioni attraverso la creazione di soluzioni innovative di fronte ai vincoli dell’ambiente per trasformare tali vincoli in risorse (Di Fabio, 2014c).

L’ISC si riferisce a un’auto-valutazione di base in relazione al concetto positivo di sé, al commitment come tenacia e perseveranza nel raggiungere i propri obiettivi, al controllo sugli eventi anticipando i possibili problemi, alla sfida accettando i cambiamenti, al risolvere e affrontare in maniera creativa i problemi, al resistere alle avversità in maniera adattiva trasformando i vincoli in risorse, al perseguire lo scopo di sviluppare le proprie competenze, al prendere decisioni nei vari ambiti della propria vita, fino al procedere in maniera attenta e adattiva sui piani decisionali (Di Fabio, 2014c).

L’ISC (Di Fabio, 2014c) è un costrutto di ordine superiore che comprende al suo interno i seguenti specifici costrutti: Core Self-Evaluation come concetto positivo di sé in termini di autostima, self-efficacy, locus of control e assenza di pessimismo (Judge, Erez, Bono, & Thorensen, 2003); Hardiness in termini di commitment, control e challenge (Maddi, 1990); Creative Self-Efficacy come percezione individuale della propria capacità di essere creativi (Tierney & Farmer, 2002); Resilienza come capacità di resistere agli eventi stressanti (Campbell‐Sills, & Stein, 2007; Malaguti, 2005); Goal Mastery come perseguire lo scopo di sviluppare le proprie competenze (Darnon, Butera, & Harackiewicz, 2007; Midgley et al., 2000); Decisiveness come assenza di indecisione cronica (Frost & Shows, 1993); Vigilanza come modo di procedere attento e adattivo nei processi decisionali (Mann, Burnett, Radford, & Ford 1997). Definire un costrutto di ordine superiore, poiché permette ai singoli costrutti di essere misurati contemporaneamente, in base ai riscontri empirici relativi alle conferme di validità e attendibilità della misura disponibili, costituisce anche una procedura in linea con la prospettiva dell’accountability (Whiston, 1996, 2001).

L’ISC (Di Fabio, 2014c) può essere rinforzato attraverso un training di potenziamento appositamente predisposto (Di Fabio, 2014c; Di Fabio & Van Esbroeck, 2016), poiché, a differenza dei tratti di personalità che sono considerati sostanzialmente stabili in letteratura (Costa & McCrae, 1985), l’ISC si configura come un costrutto promettente e incrementabile (Di Fabio, 2014c).

Il training per l’ISC può essere realizzato in due versioni: una versione breve (5 sessioni di 4 ore ciascuna, settimanalmente) e una versione lunga (5 sessioni 8 ore ciascuna, settimanalmente), che si differenzia dalla versione breve per l’utilizzo di ulteriori esercizi specifici di potenziamento di ogni componente dell’ISC (Di Fabio, 2014c; Di Fabio & Van Esbroeck, 2016).

Le 5 sessioni del training per l’ISC sono le seguenti: 1) Esercizio "Il libro della mia vita" per stimolare una riflessione sulla propria vita come se fosse un volume suddiviso in capitoli specifici. 2) Esercizi specifici per stimolare la riflessione su core self-evaluation e hardiness. 3) Esercizi specifici per stimolare la riflessione su creative self-efficacy e resilienza. 4) Esercizi specifici per stimolare la riflessione su goal mastery, decisiveness e vigilanza. 5) Validazione riflessiva per ottenere una nuova authorship nella costruzione del prossimo capitolo della propria storia di vita.

Gli esercizi sono articolati su tre livelli in base a tre scopi specifici (Di Fabio, 2014c; Di Fabio & Van Esbroeck, 2016):

  1. stimolare la riflessione per l'auto-valutazione di ogni componente dell’ISC;
  2. favorire il riconoscimento di aspetti personali positivi in relazione a ciascuna dimensione dell’ISC;
  3. facilitare l’analisi del passato attraverso il presente verso il futuro (reflexivity: in, on, for) (Di Fabio & Maree, 2016) per identificare nella propria storia di vita il capitolo/i nel/i quale/i le componenti dell’ISC vengono espresse in maniera fortemente positiva e costruire verso il futuro.

L’ISC (Di Fabio, 2014c), come nuovo career and life costrutto per il 21°, si pone all’attenzione di quanti agiscono in ambito di orientamento, career counseling, life construction, human resources, organizational management e produzione di servizi (Di Fabio, 2014c), in quanto rappresenta un core di risorse che gli individui possono costruire e utilizzare per affrontare adeguatamente le sfide relative alla costruzione del proprio percorso personale e professionale. Questo nuovo costrutto può essere di grande utilità nell’epoca della quarta rivoluzione industriale (Di Fabio & Maree, 2016a; Schwab, 2016) connotata da rapide trasformazioni economiche e tecnologiche, da insicurezza e instabilità, dalla richiesta alle persone di essere flessibili, resilienti, di utilizzare la propria agency (Blustein, 2011b) e la propria capacità di problem-solving in modo innovativo (Di Fabio, 2014c).

Evoluzione dei career service

Ripercorrendo l’evoluzione dei career service e soffermandosi sui più recenti modelli nell’ambito dell’orientamento e del career counseling, anche considerando gli approcci e i paradigmi sperimentati al livello internazionale (placement, counseling, networking e connections) (Montefalcone, 2016b), emerge l’importanza di interrogarsi su quali possano essere interventi e servizi più opportuni per aiutare le persone a rispondere alle nuove domande dell’epoca postmoderna (Di Fabio, 2016a).

Alcune parole chiave di riferimento per i career service nell’epoca post-moderna sono le seguenti (Di Fabio, 2016a): anticipare, per progettare e costruire interventi in ottica di prevenzione primaria, oltre che secondaria e terziaria; connessioni, per favorire azioni di rilevazione, consapevolezza e promozione di significato condivisi; riflessività in on for nei contesti per accedere a processi di consapevolezza e significato, sia riguardo all’ambiente esterno, sia riguardo all’ambiente interno, dalla soggettività all’interno del sé alla soggettività dei contesti e nei contesti (Di Fabio, 2016a).

Un’indicazione applicativa nell’ambito dell’orientamento e del career counseling e dei servizi è offerta dalla tassonomia di Guichard (2013) relativa a tre livelli di intervento: information, guidance, dialogue. Gli information intervention intendono potenziare le abilità degli individui perché trovino le informazioni significative e attendibili in relazione al mondo del lavoro (Guichard, 2013). Gli interventi di guidance si propongono di aiutare lo sviluppo dell’employability dei clienti promuovendo la costruzione di un adaptable vocational self-concept (Guichard, 2013). Gli interventi dialogue sono focalizzati sull’aiuto agli individui per scoprire e costruire i propri significati di vita più profondi e facilitarli nella costruzione delle loro vite in un ambiente caratterizzato da instabilità e continui cambiamenti (Guichard, 2013).

Dall’impegno di Jean Guichard è stata creata nel 2013 la Chair UNESCO “Lifelong Guidance and Counseling” con sede a Wroclaw (Poland), come rete internazionale per lo sviluppo, la formazione, la professionalizzazione orientata verso le relazioni Nord/Sud e Nord/Sud-Sud. Gli obiettivi a lungo termine sono i seguenti: confrontare e modellizzare dispositivi di orientamento efficaci in funzione delle specificità culturali di ciascuno dei paesi implicati accrescendo le norme di qualità; rafforzare l’insegnamento e la ricerca sull’orientamento al fine di generare innovazioni locali riguardanti l’istruzione, il lavoro, lo sviluppo delle competenze; sviluppare le competenze e la professionalizzazione degli esperti dell’orientamento e dell’inserimento lavorativo. Gli obiettivi più specifici della Chair UNESCO sono i seguenti: costituire una piattaforma relativa ai metodi e ai dispositivi di orientamento; creare le condizioni di condivisione delle informazioni relative ai dispositivi di orientamento e alla loro efficacia istituendo un osservatorio e organizzando congressi internazionali; sviluppare programmi di formazione destinati ai professionisti di orientamento; coordinare programmi di ricerca che prevedono cotutele di tesi e visite di ricerca nelle differenti istituzioni associate alla Chair. Sotto la guida scientifica di Guichard, la Chair UNESCO è stata inaugurata con una conferenza mondiale a Wroclaw nel 2013; l’anno successivo la conferenza mondiale si è tenuta a Firenze relativamente al tema How can career and life designing interventions contribute to a fair and sustainable development and to the implementation of decent work over the world?. Quest’anno la conferenza mondiale si è svolta a Wroclaw relativamente al tema Career and Life Design interventions for sustainable development and decent work.

La conferenza della Chair UNESCO di Firenze è stata anche d’ispirazione per il Research Topic From Meaning of Working to Meaningful Lives: The Challenges of Expanding Decent Work, curato da Di Fabio e Blustein (2016b) per la rivista Frontiers in Psychology (Organizational Section). Questo lavoro collettivo dei principali studiosi internazionali sull’argomento ha esplorato la questione cruciale nell’epoca post-moderna della costruzione di decent work for decent lives. Tra i principali contributi si sottolinea il passaggio dal paradigma della motivazione al paradigma del significato (Di Fabio & Blustein, 2016a), in cui la sostenibilità del progetto di vita è ancorata alla costruzione di una vita ricca di significato autentico per l’individuo (Di Fabio, 2016b). Questa cornice di riferimento per lo sviluppo di percorsi personali e professionali in contesti in continuo cambiamento evidenzia l’importanza delle connessioni e del significato (Di Fabio, 2016b) e della sua costruzione/ricostruzione nei contesti comprendendo i contesti relazionali esterni ed interni.

Questioni affrontate durante il seminario tematico: stimoli per far progredire la riflessione in ambito di orientamento e servizi

Durante il seminario tematico di Montepulciano (8 luglio 2016) “Occupabilità e sviluppo della carriera formativa e lavorativa. Modelli di orientamento, struttura del servizio e rapporti con i servizi territoriali”, sono state fornite alcune suggestioni e indicazioni per favorire un’ulteriore riflessione nell’ambito dell’orientamento e dei career service in riferimento alle seguenti tematiche: a) Modelli di orientamento e di career service. b) Orientamento in entrata, in itinere e in uscita. c) Tempistica di attivazione e soggetti target dei servizi di orientamento. d) Modalità di collegamento con la rete territoriale. e) Modalità di erogazione dei servizi di orientamento. f) Figure professionali e formazione degli operatori.

Dopo la relazione introduttiva di Annamaria Di Fabio sono state illustrate tre esperienze degli Atenei[1] e un'esperienza di collaborazione tra Centri per l’impiego e Career Service[2].

I successivi lavori di gruppo hanno visto la partecipazione di 21 atenei[3] e hanno sviluppato i temi e le esperienze discussi nella prima parte dell’incontro.

La relazione introduttiva ha chiarito come, nell’ambito dei modelli teorici più recenti sull’orientamento, il passaggio consista nell’aiutare le persone a costruire vite attraverso il lavoro, le relazioni e lo sviluppo di connessioni, pensando alla definizione non tanto di uno stabile progetto di carriera, quanto piuttosto di un progetto di vita preparato ad affrontare le transizioni che si configura come un atto intrinse­camente relazionale, alla cui costruzione la persona partecipa in modo sempre più responsabile considerando contesti relazionali sia esterni sia interni alla persona.

Questa prospettiva si rende necessaria, appropriata, in relazione ai cambiamenti in corso nel sistema produttivo e nel mercato del lavoro. Ma come si misurano con queste trasformazioni le Università e i Career service ? Quali strategie, azioni realizzare per migliorare i servizi e renderli sempre più rispondenti alle esigenze di studenti e laureati immersi in una realtà così turbolenta sul piano delle carriere formative e lavorative, e, di più, sul piano esistenziale?

La prima considerazione è che l’Università sta cercando con fatica di affrontare il contesto economico e sociale che evolve in modo così rapido - anche perché si trova in una situazione di costante decremento delle risorse ordinarie – ma che proprio negli ultimi anni è importante si renda conto in modo crescente dell’importanza di servizi di orientamento e placement che accompagnino studenti e laureati verso un approdo consapevole nel mercato del lavoro. Si tratta di un “investimento” che deve essere promosso necessariamente dalla Governance degli atenei e che deve tradursi in strategie e pratiche operative di qualità.

In questo senso si è riconosciuta l’importanza, all’interno del seminario, di coniugare la dimensione scientifica con le esperienze concrete dei servizi e si è convenuto sulla necessità di stabilire un dialogo sistematico e proficuo tra teoria e pratica.

Tutti i relatori e i partecipanti hanno cercato di confrontarsi interrogandosi su quale modello prevalente sia più opportuno scommettere tra quelli che si stanno via via diffondendo, considerando gli approcci e i paradigmi di career service sperimentati a livello internazionale e le specifiche caratteristiche contestuali e territoriali.

Alcuni Atenei stanno operando scelte organizzative che favoriscano il dialogo tra la componente scientifica e gli operatori dei servizi, allo scopo di condividere una comune imposta­zione scientifica tra i differenti operatori preposti alle diverse fasi dell’orientamento e tra i do­centi e altri soggetti delle scuole e dei dipartimenti coinvolti (ad esempio attraverso incontri o “Cenacoli” di costruzione di significato tra i dif­ferenti soggetti implicati).

In modo quasi unanime si è riconosciuto che l’attuale articolazione in tre livelli di orientamento all’interno dei servizi di Ateneo (in entrata, in itinere, in uscita) sia troppo spesso frammentata e non organica, e soprattutto carente di una forte prospettiva professionalizzante. Spesso l’orientamento in entrata si traduce in un’attività di marketing dei singoli Atenei, con l’obiettivo prevalente di attrar­re gli studenti migliori nella misura più accentuata possibile, mentre dovrebbe piuttosto fornire agli studenti un orientamento rispetto alle profes­sioni riconducibili a quelle aree e ai percorsi di studio da seguire, promuovendo una scelta degli studenti rispetto a sé, alle proprie passioni, interessi e aspettative e alle opportunità esistenti in un mercato del lavoro in rapido mutamento. Si sottovaluta il fatto che la maggiore attrattività sia fortemente collegata alle prospettive di inserimento professionale che quell’Ateneo può promuovere, anche attraverso efficaci servizi di orientamento e accompagnamento al mondo del lavoro.

A questo proposito è stato posto l’accento sulla necessità di iniziare da subito con gli studenti del pri­mo anno a effettuare colloqui e incontri di orientamento, in cui approfondire da dove viene la scelta o la passione per una materia o per svolgere in futuro una determinata professione. Solo in questo modo è possibile, infatti, aiutare con efficacia ogni studente a definire una carriera e una visione della vita unica, e poi a connetterlo in modo personalizzato con le risorse, i soggetti e le opportunità esistenti.

Le attività di orientamento dovrebbero entrare a far parte dei curricula, attraverso il riconoscimento di crediti per queste attività. Soltanto coinvolgendo la didattica è possibile cercare un approccio personalizzato che consenta di raggiungere il maggior numero di utenti; ad oggi, infatti le attività di orientamento si svolgono prevalentemente in gruppo e le strutture dei servizi non hanno dotazioni di organico che consentano interventi individualizzati per un'ampia platea di studenti e laureati.

A partire dall’esperienza condivisa, i target dei career service sono pertanto i laureandi e i laureati dei corsi triennali e ma­gistrali, gli studenti di master, i dottorandi e i dottori di ricerca, in cerca di una prima colloca­zione, di una riqualificazione professionale e/o di nuove opportunità lavorative.

Per queste persone occorre progettare percorsi aderenti alle specifiche esigenze e caratteristiche personali, a partire dal delicato aspetto dell’engagement.

Sono tante le esperienze che sono state realizzate e in corso di svolgimento e, a tal proposito, la partecipazione delle Università alla Garanzia Giovani può costituire un’importante occasione di sperimentare prassi operative e modalità di collaborazione con la rete territoriale dei servizi per il lavoro.

Per migliorare la qualità dei servizi di orientamento, infatti, si ravvede la necessità di pro­muovere, anche in attuazione del D. Lgs 150/2015 [4], forme di connessione con i diversi soggetti della Rete territoriale dei servizi per il lavoro, con particolare riferimento ai Centri per l’impiego e agli altri servizi o istituzioni pubblici o privati operanti al livello regionale o locale, per attività quali il profiling, il bilancio delle competenze, l’erogazio­ne di consulenze orientative, il tutoring, la costruzione di piani personalizzati, etc.

Proprio la necessità di implementare la Riforma, attraverso la piena operatività di una rete territoriale delle politiche attive, l’esigenza di sviluppare le funzioni dell’orientamento in sintonia con le trasformazioni dei modelli di ca­reer service nel contesto attuale e la necessità di assicurare un miglioramento della qualità di tali servizi hanno stimolato i partecipanti a riflettere sulla messa a punto di una formazione continua degli operatori dei servizi.

Si è avviata una riflessione sulle competenze dei Counselor e sulla necessità di esperienze di scambio anche all’estero per un confronto con i colleghi di altre realtà.

Tra le competenze necessarie sono state citate quelle psicologiche legate all’orientamento, l’auto-impren­ditorialità e il coaching. Alle competenze psicologiche (perché la prima complessità con cui con­frontarsi è interna) vanno affiancate anche competenze trans-disciplinari. Una delle posizioni emerse è quella secondo la quale la vera competenza del counselor consiste nella capacità di non creare dipendenza, ma di ottenere l’autonomia e la capa­cità di assunzione di responsabilità da parte degli studenti.

In sostanza sono state messe a fuoco l’importanza di definire le figure professionali e gli standard di qualità per garantire un servizio di orientamento efficace e l’urgenza di programmare interventi formativi e di aggiornamento, che traggano alimento dalla proficua collaborazione tra ricerca scientifica sui temi del counseling e del placement e responsabili dei servizi, e che siano supportati dal Ministero del Lavoro e dal MIUR.

Infine, una delle testimonianze ha evidenziato l’importanza di costruire comunità professionali tra operatori dei Career service e operatori dei centri per l’impiego per curare in modo attento le particolari esigenze e caratteristiche dei laureati che si confrontano con il mercato del lavoro.

Gli studenti che oggi intraprendono i percorsi di studio universitari e che conseguiranno un titolo accademico si troveranno a fronteggiare la realtà di continue fasi di transizione, che rimetteranno probabilmente in discussione più volte il progetto professionale a cui avevano pensato e per cui si erano spesi. Anche le loro vite subiranno traiettorie mutevoli e saranno sottoposte a una continua ricerca di senso e di coerenza tra desideri, aspettative, competenze possedute, previsioni sul futuro personale e lavorativo. I servizi pubblici si trovano di fronte al difficile compito di fornire loro quegli strumenti con cui siano in grado di affrontare in autonomia le eventuali “crepe” che si apriranno sul loro cammino, nella speranza che, come avrebbe detto Leonard Cohen, siano crepe “da cui passa la luce”[5].

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[1] Arianna Cattarin, Responsabile del Servizio stage e placement, Università Cà Foscari di Ve­nezia; Maria Muscolo, Responsabile del Centro Orientamento e Placement, Università degli Studi di Messina; Maria Grazia Spano, Responsabile Ufficio Job Placement, Università degli Studi di Sassari.

[2] Elena Valvassori, Responsabile Alte Professionalità e Grandi Clienti – Servizi alle Imprese del Coordinamento Centri per l'Impie­go dell’Agenzia Piemonte Lavoro.

[3]Hanno partecipato: Gaia Caramelli, Referente Servizio alla didattica e allievi – Placement, Scuola Normale Supe­riore di Pisa; Lorenzo Locatelli, Servizio Orientamento, Stage & Placement, Università degli Studi di Berga­mo; Paolo Popoli, Referente di Ateneo per il placement, Università degli Studi di Napoli – Parthe­nope; Gilda Rota, Responsabile Career service, Università degli Studi di Padova; Stefania Sabatini, Delegata del Rettore a Programmazione, Didattica, Orientamento e Tuto­rato, Università degli Studi di Roma "Foro Italico"; Marisa Santioli, Referente Servizio di Orientamento al lavoro e Job Placement, Università de­gli Studi di Firenze; Massimiliano Tabusi, Delegato per il placement e il diritto allo studio, Università per Stranieri di Siena; Arianna Cattarin, Responsabile del Servizio stage e placement, Università Cà Foscari di Vene­zia; Haidi Garulli, Ufficio Job Guidance, Università degli Studi di Trento; Ornella Giambalvo, Delegata del Rettore al placement, tirocini e rapporti con le imprese, Università degli Studi di Palermo; Paolo Grasso, Direttore Servizi agli studenti, Università degli Studi di Modena e Reggio Emi­lia; Céline Mongasson, Referente Servizio Placement, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Marco Sartor, Delegato del Rettore per le attività di placement, Università degli Studi di Udi­ne; Paola Serpietri, Staff Ufficio Orientamento, promozione e Placement, Università degli Studi di Teramo; Chiara Bedeschi, Referente Job Centre, Università degli Studi di Ferrara; Annamaria Di Fabio, Delegata del Rettore alla consulenza psicologica per l’orientamento e Job placement, Università degli Studi di Firenze; Rosetta Iuculano, Referente C.O.F. (Centro Orientamento e Formazione), Università degli Studi di Catania; Fabiola Minardi, Referente C.O.F. (Centro Orientamento e Formazione), Università degli Stu­di di Catania; Carmelo Pappalardo, Direttore del C.O.F. (Centro Orientamento e Formazione), Università degli Studi di Catania; Giancarlo Tanucci, Delegato al Placement, Università degli Studi di Bari Aldo Moro; Francesca Veronesi, Referente Ufficio orientamento e placement, Università della Valle D'Ao­sta.

[4] Il D. Lgs 14 settembre 2015, n. 150 “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, indica le Università come uno dei soggetti della Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro (art. 1 c. 2).

[5] “There is a crack, a crack in everything, That’s how the light gets in”. (Anthem, L. Cohen)


Autore per la corrispondenza

A. Di Fabio
Indirizzo e-mail: adifabio@psico.unifi.it
Tel. +39 055 2755013. Fax +39 055 2756134. Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia (Sezione di Psicologia), Università degli Studi di Firenze, via di San Salvi 12 – Complesso di San Salvi, Padiglione 26, 50135, Firenze, Italia.



Note

1 A

DOI: 10.14605/CS931620


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