In ambito organizzativo è stata introdotta recentemente la prospettiva della psicologia positiva (Seligman, 2002; Seligman & Csikszentmihalyi, 2000) che ha portato a uno spostamento dell’attenzione dagli interventi sulle aree di criticità allo sviluppo delle risorse. La psicologia positiva per le organizzazioni sottolinea inoltre l’importanza dello sviluppo di relazioni positive e supportive sul posto di lavoro (Di Fabio, 2015; Snyder et al., 2014). Inoltre all’interno della cornice della relational theory of working (Blustein, 2011) emerge l’importanza di creare condizioni ottimali che supportino lo sviluppo di relazioni adattive e di supporto in ambito organizzativo (Blustein, 2011). Nella prospettiva della organizational positive psychology (Di Fabio, 2014a; Snyder et al., 2014), si collocano dunque i comportamenti prosociali organizzativi come risorsa per gli individui e conseguentemente per le organizzazioni.

I comportamenti prosociali si riferiscono ad «aiuto, condivisione, donazione, cooperazione, volontariato… sono atti sociali positivi realizzati per produrre e mantenere il benessere e l’integrità degli altri» (Brief & Motowidlo, 1986, p. 710). In ambito organizzativo, i comportamenti prosociali possono essere diretti sia agli individui che all’organizzazione nel suo complesso (Staw, 1983). I comportamenti prosociali organizzativi possono riguardare i comportamenti legati al ruolo organizzativo del lavoratore (role prescribed) oppure andare oltre i comportamenti prescritti da tale ruolo (extra-role) (McNeely & Meglino, 1994). I comportamenti prosociali organizzativi sono discrezionali e pertanto non vengono premiati dall’organizzazione se messi in atto né viene sanzionata la loro assenza (McNeely & Meglino, 1994). I comportamenti prosociali portano vantaggi sia ai singoli lavoratori in termini di benessere sia all’organizzazione nel suo complesso (McNeely & Meglino, 1994). Si possono distinguere tre tipi di comportamenti prosociali organizzativi: Prosocial Organizational Behaviors, si riferiscono a comportamenti prosociali organizzativi extraruolo rivolti all’organizzazione; Role-Prescribed Prosocial Behavior, relativi a comportamenti prosociali organizzativi prescritti dal ruolo e rivolti sia all’organizzazione che agli altri lavoratori; Prosocial Individual Behavior, riguardano comportamenti prosociali organizzativi extraruolo rivolti agli altri lavoratori.

Per rilevare questi tre tipi di comportamenti prosociali organizzativi, McNeely & Meglino (1994) hanno realizzato la Prosocial Organizational Behavior Scale (POB, McNeely & Meglino, 1994) con adeguate proprietà psicometriche in termini di attendibilità e validità.

All’interno del quadro teorico fin qui delineato, il presente studio si è pertanto posto l’obiettivo di offrire un primo contributo alla validazione della versione italiana della Prosocial Organizational Behaviors Scale a cura di Di Fabio e Bucci.

Metodo

Partecipanti

Hanno partecipato al presente studio 212 lavoratori di differenti aziende pubbliche e private della Toscana di cui 143 maschi (67.45%) e 69 femmine (32.55.%).

Strumenti

Prosocial Organizational Behavior Scale. Per valutare i comportamenti prosociali organizzativi è stata utilizzata la Prosocial Organizational Behavior Scale (POBS, McNeely & Meglino, 1994) nella versione italiana a cura di Di Fabio e Bucci (2016). La scala è composta da 20 item con formato di risposta su scala Likert a 5 punti da 1 = Mai a 5 = Sempre. La scala consente di rilevare tre fattori: Prosocial Organizational Behavior (esempio di item: «Parlare favorevolmente dell’organizzazione a persone esterne»); Role-Prescribed Prosocial Behavior (esempio di item: «Arrivare a lavoro in orario»); Prosocial Individual Behavior (esempio di item: «Coordinano i reparti tra loro»). Gli item della versione originale della POBS sono stati tradotti tramite il metodo della back translation.

Organizational Citizenship Behavior Scale (OCBS, Podsakoff et al., 1990). Per valutare i comportamenti di cittadinanza organizzativa è stata utilizzata la Organizational Citizenship Behavior Scale nella versione italiana a cura di Di Fabio e Palazzeschi (2016). Tale scala è composta da 24 item ai quali si chiede di rispondere, indicando il grado di accordo con la realizzazione dei seguenti comportamenti nell’organizzazione di appartenenza, su una scala Likert da 1 = fortemente in disaccordo a 7 = fortemente d’accordo. La scala consente di rilevare cinque comportamenti di cittadinanza organizzativa: altruismo (esempio di item: «Aiutare gli altri che hanno pesanti carichi di lavoro», coscienziosità (esempio di item: «Partecipare a incontri che non sono obbligatori ma sono considerati importanti», sportività (esempio di item: «Avere la tendenza a ridimensionare i problemi»), cortesia (esempio di item: «Aiutare gli altri che hanno pesanti carichi di lavoro»), virtù civica (esempio di item: «Svolgere funzioni che non sono richieste, ma che supportano l’immagine dell’organizzazione»). Per quanto riguarda l’attendibiltà, il coefficiente alfa di Cronbach è di: .84 per altruismo, .81 per coscienziosità, .84 per sportività, .83 per cortesia, .80 per virtù civica., .82 per il totale della scala.

Multidimensional Scale for Perceived Social Support (MSPSS). Per valutare il supporto sociale percepito è stata utilizzata la Multidimensional Scale for Perceived Social Support (Zimet, Dahlem, Zimet, & Farley, 1988) nella versione italiana a cura di Di Fabio e Palazzeschi (2015). Questo strumento è composto da 12 item rispetto ai quali il soggetto deve esprimere il proprio grado di accordo su una scala Likert a 7 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 7 = Fortemente d’accordo). Si articola in tre dimensioni: supporto percepito da parte della famiglia, supporto percepito da parte degli amici, supporto percepito da parte degli altri significativi. Esempi di item sono: «La mia famiglia si impegna molto per aiutarmi», «Posso parlare dei miei problemi con i miei amici» e «Quando ho bisogno c’è sempre una persona speciale che mi sta vicino». L’attendibilità dello strumento, misurata attraverso l’alfa di Cronbach è di .92 per il totale, .91 per il supporto percepito da parte della famiglia, .93 per il supporto percepito da parte degli amici, .88 per il supporto percepito da parte degli altri significativi.

Satisfaction With Life Scale. Per valutare la soddisfazione di vita è stata utilizzata la Satisfaction With Life Scale (SWLS, Diener, Emmons, Larsen, & Griffin, 1985) nella versione italiana a cura di Di Fabio e Gori (in press). Lo strumento è composto da 5 item su scala Likert a 7 punti (da 1 = fortemente in disaccordo a 7 = fortemente d’accordo). Esempi di item sono: «Sono soddisfatto della mia vita» e «Se potessi rivivere la mia vita, non cambierei quasi niente». L’attendibilità della versione italiana è di α = .88.

Meaningful Life Measure. Per valutare il meaning in life è stata utilizzata la Meaningful Life Measure (MLM, Morgan & Farsides, 2009) nella versione Italiana a cura di Di Fabio (2014b). Questo strumento è composto da 23 item rispetto ai quali il soggetto deve esprimere il proprio grado di accordo su una scala Likert a 7 punti (da 1 = Completamente in disaccordo a 7 = Completamente d’accordo). Consente di individuare cinque dimensioni: Exciting life (esempio di item: «La mia vita mi sembra sempre entusiasmante»), Accomplished life (esempio di item: «Finora sono soddisfatto di quello che ho ottenuto nella vita»), Principled life (esempio di item: «Ho un sistema di valori personali che rende la mia vita degna di essere vissuta»), Purposeful life (esempio di item: «Ho una chiara idea di quali sono i miei obiettivi e scopi futuri»), Valued life, (esempio di item: «La mia vita è significativa»). L’attendibilità dello strumento, misurata attraverso l’alfa di Cronbach è di .85 per il totale, .85 per la dimensione Exciting life, .87 per la dimensione Accomplished life, .86 per la dimensione Principled life, .85 per la dimensione Purposeful life, .84 per la dimensione Valued life.

Procedura

Le somministrazioni sono avvenute collettivamente, a opera di personale specializzato e nel rispetto delle leggi sulla privacy. L’ordine di somministrazione è stato controbilanciato per controllare gli effetti dell’ordine di presentazione.

Analisi dei dati

La struttura fattoriale della Prosocial Organizational Behaviors Scale è stata verificata mediante un’Analisi Fattoriale Confermativa (AFC) attraverso l’utilizzo del programma statistico AMOS versione 6 (Arbuckle, 2005) con il metodo della massima verosimiglianza. L’adeguatezza del modello è stata analizzata facendo riferimento non soltanto al valore di χ2 (dato che tale statistica risulta influenzata dall’elevata numerosità dei partecipanti), ma anche valutando altri indici di adattamento quali: il rapporto tra il valore di χ2 e i gradi di libertà (χ2/df) per cui valori del rapporto compresi tra 1 e 3 sono considerati indicatori di un buon adattamento; il Comparative Fit Index (CFI, Bentler, 1990) e il Non-Normed Fit Index (NNFI, Tucker & Lewis, 1973) per i quali valori superiori a .90 indicano una buona adeguatezza del modello (Bentler, 1990); il Root Mean Square Error of Approximation (RMSEA, Browne & Cudeck, 1993) per il quale valori inferiori a .08 indicano un buon adattamento del modello ai dati (Browne, 1990). L’attendibilità della Prosocial Organizational Behaviors Scale è stata verificata mediante il calcolo dell’alfa di Cronbach e delle correlazioni item-totale corrette. Inoltre per verificare la validità concorrente, sono state esaminate, mediante il coefficiente r di Pearson, le correlazioni della Prosocial Organizational Behaviors Scale con la OCBS, la MSPSS, la SWLS, il MLM.

Risultati

Per verificare la struttura a tre fattori della Prosocial Organizational Behaviors Scale, è stata condotta un’analisi fattoriale di tipo confermativo. Gli indici di Goodness of Fit sono riportati in Tabella 1.

Tabella 1

Analisi fattoriale Confermativa: Goodness of Fit

Schermata 2016-02-08 alle 16.57.34

Relativamente agli indici considerati, la versione italiana della scala conferma una struttura a tre dimensioni. Per quanto riguarda la consistenza interna, l’alfa di Cronbach per i tre fattori risulta: .81 per Prosocial Organizational Behavior, .84 per Role-Prescribed Prosocial Behavior, .83 per Prosocial Individual Behavior. Le correlazioni item-totale corrette, tutte positive e significative e vanno: da .51 a .74 per Prosocial Organizational Behavior, da .54 a .79 per Role-Prescribed Prosocial Behavior, .52 a .77 per Prosocial Individual Behavior.

Le correlazioni della Prosocial Organizational Behaviors Scale con la OCBS, la MSPSS, la SWLS, il MLM sono riportate in Tabella 2.

Tabella 2

Correlazioni della Prosocial Organizational Behaviors Scale con la OCBS, la MSPSS, la SWLS, il MLM

Schermata 2016-02-05 alle 16.32.40 

Discussione

L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di offrire un primo contributo alla validazione della Prosocial Organizational Behaviors Scale a cura di Di Fabio e Bucci.

L’Analisi Fattoriale Confermativa ha mostrato l’adeguatezza del modello a tre fattori. L’attendibilità della scala e dei tre fattori verificata mediante il calcolo del coefficiente alfa di Cronbach e le correlazioni item-totale corrette è risulta buona. Le correlazioni della Prosocial Organizational Behaviors Scale con con la OCBS, la MSPSS, la SWLS, il MLM evidenziano un’adeguata validità concorrente della scala relativamente alle misure effettuate, sottolineando il legame esistente tra i comportamenti prosociali organizzativi e comportamenti di cittadinanza organizzativa, supporto sociale percepito e benessere sia edonico che eudaimonico dei lavoratori.

Sebbene i risultati ottenuti mostrino come la Prosocial Organizational Behaviors Scale risulti essere uno strumento valido e attendibile per la misura dei comportamenti prosociali sul posto di lavoro nel contesto italiano, il presente studio mostra il limite di aver esaminato le proprietà psicometriche di tale scala esclusivamente con lavoratori di aziende pubbliche e private della Toscana che non risultano rappresentativi della realtà italiana. Studi futuri dovrebbero pertanto considerare gruppi di partecipanti maggiormente rappresentativi della realtà italiana, comprendendo lavoratori di altre aree geografiche in Italia e anche di altri contesti organizzativi. Sarebbe inoltre interessante verificare i risultati anche in contesti internazionali per favorire confronti con altri Paesi in relazione ai comportamenti prosociali organizzativi. Nonostante i limiti evidenziati, la Prosocial Organizational Behaviors Scale risulta uno strumento in grado di rilevare in maniera accurata i comportamenti prosociali organizzativi sul posto di lavoro nel contesto italiano. Nell’ambito della positive organizational psychology (Di Fabio, 2014a; Snyder et al., 2014), poter disporre di tale strumento offre nuove prospettive di ricerca e di intervento, sottolineando l’importanza di sviluppare relazioni positive e supportive (Di Fabio, 2015) nelle organizzazioni, focalizzandosi sulle risorse personali (Di Fabio & Kenny, 2015; Di Fabio & Saklofske, 2014) per un gainful employment and life (Di Fabio, 2014a).

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