La relazione tra lavoro e famiglia rappresenta un tema di interesse per gli studi psicologici a seguito dei cambiamenti che hanno interessato la forza lavoro, riconducibili a una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a un aumento delle coppie in cui entrambi i partner hanno un’occupazione retribuita o sono entrambi “in carriera” (Major & Germano, 2006; Piccardo & Colombo, 2007; Thomas & Ganster, 1995). Inoltre, l’interesse per il tema della conciliazione lavoro-famiglia è cresciuto anche in relazione al suo legame con gli studi sulla qualità della vita lavorativa: la possibilità di trovare e/o mantenere un equilibrio tra lavoro e famiglia può influenzare la percezione di benessere psico-fisico e la prestazione lavorativa (Amstad, Meier, Fasel, Elfering, & Semmer, 2011; Magee, Stefanic, Caputi, & Iversion, 2012).
Analizzare la relazione tra lavoro e famiglia nella professione infermieristica risulta particolarmente rilevante sia per la prevalenza di personale femminile - da sempre il tema della conciliazione è maggiormente sentito, portato, problematizzato da donne anche se negli ultimi anni è una questione che riguarda sempre di più anche gli uomini (Carr, 2002) - sia per l’innalzamento dell’età pensionabile e il limitato reclutamento di nuove generazioni di infermieri. Questi fattori concorrono a determinare uno scenario in cui il personale sanitario si troverà in futuro sempre più sottoposto a crescenti carichi di lavoro, con significative conseguenze sulla vita extra-lavorativa (Camerino, Sandri, Conway, Campanini, & Sartori, 2010) e conseguenti costi organizzativi in termini di assenteismo e intenzione di cambiare lavoro (Allen, Herst, Bruck, & Sutton, 2000).
In tema di relazione lavoro-famiglia, il costrutto di conflitto (CL-F) è quello maggiormente utilizzato nella ricerca. Il CL-F è caratterizzato da un processo in cui il funzionamento e i comportamenti di un individuo in uno dei due domini (lavoro o famiglia) sono influenzati dalle richieste e risorse provenienti dall’altro dominio (Demerouti, Bakker, & Voydanoff, 2010; Demerouti, Geurts, & Kompier, 2004). Ciò che determina il vissuto di conflitto è quindi un’incompatibilità tra ruoli, lavorativo e familiare (Greenhaus & Beutell, 1985), sulla base dell’ipotesi di una scarsità delle risorse (Goode, 1960) e dunque di una disponibilità limitata di tempo ed energie da spendere nei diversi ruoli.
Gli studi in tema di conflitto hanno evidenziato in particolare il ruolo delle domande lavorative nell’accrescere la percezione di CL-F (Burke, 2002; Higgins, Duxbury, & Johnson, 2000). Le domande lavorative rimandano a tutti quegli aspetti fisici, psicologici, sociali o organizzativi del lavoro che richiedono uno sforzo fisico e/o psicologico, di tipo cognitivo e/o emotivo, e che sono associati a costi fisiologici e psicologici (Bakker & Demerouti, 2007, 2014).
Tra le dimensioni che possono incidere sul CL-F un particolare approfondimento merita il ruolo dell’organizzazione nei confronti della conciliazione. Un’organizzazione si può definire family-friendly quando sostiene e valorizza l’integrazione tra la vita lavorativa e familiare dei propri dipendenti attraverso assunzioni e valori condivisi (Thompson, Beauvais, & Lyness, 1999). Casper, Eby, Bordeaux, Lockwood e Lambert (2007) fanno riferimento all’importanza di una cultura organizzativa percepita come equa da parte dei dipendenti e caratterizzata dalla presenza di supporto e rispetto per i ruoli extra-lavorativi degli individui. Il tema è dunque quello dell’equità organizzativa che rimanda a una condotta da parte dei responsabili basata sui canoni della trasparenza e della giustizia nell’affidamento dei compiti lavorativi, nella valutazione dei risultati e nella progettualità professionale (Avallone & Paplomatas, 2005). Tra le dimensioni individuate da Casper et al. (2007), il presente studio fa riferimento in particolare a due aspetti dell’equità organizzativa: il rispetto da parte dei superiori per i ruoli e gli impegni extra-lavorativi dei propri collaboratori e l’equità per le aspettative lavorative da parte dei superiori. Si può parlare di equità per le aspettative lavorative quando il management tratta i dipendenti in modo equo, senza farsi condizionare dallo stato civile dei lavoratori ed evitando quindi di penalizzare sia i single - ad esempio sovraccaricandoli di lavoro a causa della presunta assenza di impegni extra-lavorativi - sia i dipendenti con figli - ad esempio demansionandoli a causa dei propri impegni familiari.
Accanto ai rimandi alla cultura, si ritrovano negli studi anche richiami al ruolo del clima organizzativo (Andreassi & Thompson, 2004): un clima di condivisione e di sostegno che incoraggi i lavoratori a discutere e, appunto, a condividere i problemi e le esperienze familiari e personali con i colleghi e in particolare con i superiori, facilita l’equilibrio tra lavoro e famiglia (Kossek, Noe, & Colquitt, 2001).
A partire da queste considerazioni teoriche, lo studio si è posto i seguenti obiettivi: 1) osservare eventuali differenze nella percezione di CL-F in funzione del genere e delle altre variabili socio-anagrafiche e professionali; 2) comprendere quali variabili, distinte tra domande lavorative (carico di lavoro, richieste dei pazienti, richieste dei familiari dei pazienti, turni di lavoro e reperibilità) e dimensioni relative all’equità (rispetto dei ruoli extra lavorativi, equità per le aspettative di lavoro indipendentemente dallo stato civile) e al clima organizzativo (clima family-friendly), contribuiscono a spiegare il vissuto di CL-F, in base alle seguenti ipotesi:
Hp1: Le domande lavorative mostrano una relazione positiva con il CL-F.
Hp2: Le dimensioni relative all’equità organizzativa e il clima family-friendly mostrano una relazione negativa con il CL-F.
Metodo
Partecipanti
Il gruppo di partecipanti alla ricerca è composto da 197 infermieri con età media di 41.84 anni (DS = 9.28) e un’anzianità lavorativa di 14.87 anni (DS = 10.66). La Tabella 1 riporta la descrizione dei partecipanti: come si può osservare, la maggioranza del campione è composto prevalentemente da donne (in linea con la popolazione nazionale infermieristica, fonte CENSIS, 2012), ha figli, appartiene alla categoria “infermiere/infermiere pediatrico” e lavora a tempo pieno. Per quanto riguarda l’organizzazione dei tempi di lavoro, il campione si divide tra coloro che lavorano con turno unico diurno e quelli che hanno turni sulle 24 ore. Inoltre, la maggior parte dei partecipanti alla ricerca non ha la reperibilità anche se una buona percentuale si deve rendere disponibile anche nei giorni festivi e/o feriali.
Tabella 1 Descrittive del gruppo di partecipanti alla ricerca
Nota. I totali non sono sempre corrispondenti a N = 197 a causa della presenza di risposte mancanti
Strumenti
Il questionario ha rilevato, oltre alle variabili socio-anagrafiche e professionali, le seguenti scale di misura:
- CL-F: rilevato attraverso 5 item su scala Likert da 1 (mai) a 6 (sempre), adattamento italiano di Colombo e Ghislieri (2008) della scala di Netemeyer, Boles e McMurrian (1996); soluzione monofattoriale, estrazione ML, 57.40% varianza spiegata; α .87.
- Carico di lavoro: misurato attraverso 6 item su scala Likert da 1 (disaccordo) a 6 (accordo), tratti da Karasek e Theorell (1990); soluzione monofattoriale, estrazione ML, 58.28% varianza spiegata; α .89.
- Richieste dei pazienti: misurate attraverso 11 item della sottoscala “disproportionate customer expectations” del questionario CSS di Dormann e Zapf (2004), scala Likert da 1 (disaccordo) a 6 (accordo). Per questo studio, gli item sono stati adattati al contesto sanitario per indagare i comportamenti e gli atteggiamenti dei pazienti che, dal punto di vista degli operatori sanitari, sono considerati ragionevoli o accettabili; soluzione monofattoriale, estrazione ML, 60.11% varianza spiegata; α .94.
- Richieste dei familiari dei pazienti: misurate attraverso 11 item della sottoscala “disproportionate customer expectations” del questionario CSS di Dormann e Zapf (2004), scala Likert da 1 (disaccordo) a 6 (accordo). Come per le richieste dei pazienti, questa scala è stata adattata al contesto sanitario; soluzione monofattoriale, estrazione ML, 73.44% varianza spiegata; α .97.
- Rispetto dei ruoli extra lavorativi ed Equità per le aspettative di lavoro, misurati attraverso 10 item della scala “Singles-friendly work culture” di Casper et al. (2007), scala Likert da 1 (disaccordo) a 5 (accordo). Soluzione a due fattori, estrazione ML, rotazione Oblimin, varianza totale spiegata 51.27%: fattore rispetto dei ruoli extra lavorativi (3 item, 10.01% varianza spiegata, α .72); fattore equità per le aspettative di lavoro (7 item, 41.26% varianza spiegata, α .87).
- Clima family-friendly: misurato attraverso 3 item della sottoscala Safety climate di Neal, Griffin e Hart (2000), scala Likert da 1 (disaccordo) a 5 (accordo). Per questo studio gli item sono stati adattati al tema dell’equilibrio tra lavoro e famiglia; soluzione monofattoriale, estrazione ML, 85.15% varianza spiegata; α .94.
Procedura
La ricerca ha previsto la somministrazione di un questionario on-line a circa 470 infermieri appartenenti ad alcuni reparti di un ospedale del Nord Italia (percentuale di questionari restituiti compilati 42%, N = 197). A seguito dell’autorizzazione da parte dei responsabili dei reparti che hanno aderito alla ricerca, i partecipanti sono stati invitati alla compilazione dello strumento tramite e-mail. Il questionario era preceduto da una lettera di presentazione in cui si esplicitavano: gli obiettivi della ricerca, le istruzioni per la compilazione, la natura volontaria della partecipazione allo studio, la garanzia d’anonimato e la riservatezza dei dati. Il link per la compilazione è stato attivo per un mese.
Analisi dei dati
L’analisi dei dati, svolta con il software IBM SPSS Statistics 21 per Windows, ha previsto: statistiche descrittive (medie e deviazioni standard delle scale), correlazioni tra le variabili (r di Pearson), analisi fattoriale esplorativa e calcolo dell’alfa di Cronbach (α) per tutte le misure utilizzate, regressione multipla (metodo per blocchi) con variabile dipendente il CL-F. Per individuare eventuali differenze nella percezione di CL-F in funzione delle variabili socio-demografiche e professionali è stata svolta l’analisi della varianza (t-test per campioni indipendenti e Anova a una via).
Risultati
Le scale utilizzate nello studio hanno riportato una soddisfacente coerenza interna: i valori degli alfa di Cronbach sono compresi tra .72 e .97 (Tabella 2). Il punteggio di CL-F è appena sopra la media della scala, indicando quindi livelli di conflitto non particolarmente preoccupanti.
L’analisi della varianza ha evidenziato differenze statisticamente significative nella percezione di CL-F, emergono punteggi medi di CL-F più elevati:
- negli uomini (M = 20.04, DS = 6.04) nel confronto con le donne (M = 16.97, DS = 5.4) [t(185) = 2.68, p <.01];
- nel personale sottoposto a turni di lavoro (M = 19.18, DS = 5.51) nel confronto con il personale con turno unico diurno (M = 15.41, DS = 4.85) [t(181) = 4.83, p <.00];
- nel personale che ha la reperibilità (M = 18.53, DS = 5.90) nel confronto con il personale che non ha reperibilità (M = 16.69, DS = 5.28) [t(185) = 2.22, p <.05];
- nei soggetti appartenenti alla categoria professionale composta da infermieri/infermieri pediatrici (M = 17.98, DS = 5.76) nel confronto con i coordinatori (M = 14.59, DS = 4.75) [F(3;179) = 3.15, p <.05).
Per quanto riguarda le correlazioni (Tabella 2), è possibile evidenziare relazioni elevate di segno positivo tra il CL-F e le domande lavorative: carico di lavoro (r = .39), turni (r = .34), richieste dei familiari dei pazienti (r = .21); correlazioni più contenute sono invece osservabili tra il CL-F e le richieste dei pazienti (r = .18) e la reperibilità (r = .16).
Per quanto riguarda le altre dimensioni, il CL-F presenta correlazioni significative (di segno negativo) con l’equità per le aspettative di lavoro (r = -.28) e il rispetto dei ruoli extra lavorativi (r = -.17); non risulta significativa, invece, la relazione con il clima family-friendly. Da evidenziare, infine, è la correlazione negativa (r = -.19) tra il CL-F e il genere (Femmine = 1).
Tabella 2 Correlazioni (r di Pearson) tra le variabili, analisi descrittive (M e DS) e alfa delle singole scale sulla diagonale
Nota. N = 197. * p <.05. ** p <.01.
Nel modello di regressione sono state inserite esclusivamente le variabili che correlano in modo significativo (p < .05 e p < .01) con la variabile dipendente (CL-F). Come si può osservare dalla Tabella 3, il modello di regressione lineare spiega il 23% della varianza. Il CL-F aumenta in funzione del carico di lavoro (ß = .32) e dei turni di lavoro (ß = .20) ed è invece ridotto dalla percezione di equità per le aspettative di lavoro (ß = -.25).
Tabella 3 Regressione multipla (metodo per blocchi) – variabile dipendente: conflitto lavoro-famiglia
Nota. N = 197. * p <.05. ** p <.01.
Discussione
Dall’analisi della varianza emerge che gli uomini percepiscono un maggiore CL-F rispetto alle donne, dato confermato anche da alcuni studi internazionali (Bolger, Delongis, Kessler, & Wethington, 1989; Kirchmeyer, 1992, 1993). Questo risultato, solo apparentemente inatteso, potrebbe essere imputabile al fatto che gli uomini sono meno socializzati ai compiti di cura e quindi, presumibilmente, meno pronti a gestire le richieste provenienti dal lavoro e dalla famiglia (Bolger et al., 1989). Anche il personale sottoposto a turni e a reperibilità dichiara punteggi più elevati di CL-F, questo dato è in linea con le indicazioni della letteratura che individuano nell’organizzazione del lavoro e degli orari un’influenza nella percezione di CL-F (Yildirim & Aycan, 2008; Zito, Colombo, & Mura, 2013). Infine, la categoria degli infermieri/infermieri pediatrici, nel confronto con i coordinatori, dichiara punteggi più elevati di CL-F.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo dello studio, il modello di regressione evidenzia, per questo campione, il ruolo del carico di lavoro e dei turni nel determinare il vissuto di CL-F, in linea con precedenti studi sulle determinanti del CL-F (Cortese, Ghislieri, & Colombo, 2008; Yildirim & Aycan, 2008; Zito et al., 2013). Le richieste dei pazienti e dei familiari dei pazienti non sembrano invece svolgere un ruolo nel determinare il vissuto di CL-F. L’ipotesi Hp1 è quindi parzialmente confermata.
Per quanto riguarda gli aspetti culturali dell’organizzazione, il CL-F diminuisce esclusivamente in presenza di equità per le aspettative di lavoro, confermando parzialmente l’ipotesi Hp2.
Il presente studio offre un contributo alla ricerca sul tema ma presenta alcuni limiti. In primo limite dello studio è riconducibile alla bassa numerosità del gruppo di partecipanti alla ricerca, i risultati non sono quindi generalizzabili alla popolazione infermieristica. Un secondo limite è relativo alla somministrazione di un questionario self-report e all’utilizzo di un disegno di ricerca cross-section che non permette di stabilire relazioni certe di causalità tra le variabili. Future ricerche potrebbero, infatti, prevedere disegni longitudinali che permettono di valutare in modo maggiormente preciso le relazioni tra le dimensioni. Inoltre, disegni di ricerca maggiormente complessi potrebbero prevedere l’inserimento di altre variabili (come ad esempio dimensioni di personalità e risorse lavorative) in grado di incidere sul CL-F, permettendo quindi di comprendere in modo maggiormente approfondito questo vissuto. Infine, sarebbe necessario approfondire il ruolo del clima family-friendly che in questo studio non presenta una correlazione significativa con il CL-F.
Per quanto riguarda la pratica, l’equilibrio tra lavoro e famiglia rappresenta un tema di grande interesse e attualità in particolare in ambito sanitario, come suggerito da alcuni studi internazionali, ad esempio lo studio nell’ambito dell’European NEXT-Study (Nurses Early Exit Study) condotto da Simon, Kümmerling e Hasselhorn (2004). Occuparsi dell’equilibrio tra lavoro-famiglia dei propri dipendenti costituisce dunque un obiettivo gestionale importante al fine di ridurre vissuti di malessere psico-fisico e contrastare la bassa performance e l’intenzione di abbandonare il lavoro (Cortese et al., 2008; Simon et al., 2004).
I risultati della ricerca suggeriscono alcune linee di intervento organizzativo. In linea generale, si suggerisce, anzitutto, di monitorare regolarmente i livelli di CL-F degli infermieri e, in secondo luogo, di avviare sia attività di prevenzione (attraverso ad esempio supporto psicologico individuale, percorsi di counseling di gruppo e formazione in tema di conciliazione), sia azioni specifiche utili a contrastare il vissuto di conflitto. Con riferimento ai risultati del presente studio, è possibile suggerire tre specifiche linee d’azione. In un’epoca storica in cui è difficile ridurre il carico di lavoro a causa del limitato reclutamento di nuove generazioni di infermieri, la prima linea d’intervento suggerisce di monitorare il carico garantendo risorse organizzative in grado di controbilanciare le domande lavorative. In tal senso, la formazione rivolta ai superiori potrebbe essere finalizzata al sostegno dei collaboratori nelle questioni lavorative, con l’obiettivo di ridurre la percezione di sovraccarico lavorativo. Interventi di formazione potrebbero essere rivolti anche al personale infermieristico al fine di potenziare la loro capacità di fronteggiare e ridurre gli effetti negativi delle eccessive richieste lavorative, potenziando l’autoefficacia lavorativa e le strategie di coping. Un’altra possibile linea di intervento riguarda il monitoraggio e la tutela della salute del personale infermieristico soggetto a turni di lavoro garantendo sia prevenzione e sostegno nel processo di adattamento al turno, sia spazi di recupero e riposo (Costa, 2010). Il sostegno può avvenire anche attraverso una più efficace organizzazione del lavoro, attivando, ad esempio, strategie di rotazione dei turni in grado di tutelare il più possibile la qualità della vita lavorativa ed extra-lavorativa del personale infermieristico (Bonomi, Macario Giconas, Maioli, & Prandelli, 2006). Infine un’ulteriore linea di intervento potrebbe essere rivolta al sostegno di una cultura organizzativa basata sui principi dell’equità e dunque sul supporto dei lavoratori, indipendentemente dagli specifici bisogni extra-lavorativi.
In generale, le organizzazioni “eque” possono beneficiare di dipendenti che dimostrano un maggiore attaccamento all’organizzazione e una più elevata motivazione lavorativa (Casper et al., 2007), tuttavia non va dimenticato che l’equità organizzativa implica anche il rispetto delle specifiche esigenze dei lavoratori, cogliendo i differenti bisogni piuttosto che offrire loro soluzioni standardizzate.
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