Introduzione

Il passaggio dalla prima alla seconda modernità e la crescente indeterminazione del futuro nella società contemporanea

A partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso hanno preso avvio profonde modificazioni strutturali della società, che hanno portato i sociologi Beck (1992/2000) e Bauman (1997/2007) a individuare una nuova fase storica, definita seconda modernità.

Il passaggio dalla prima alla seconda modernità, caratterizzato da processi di globalizzazione economica, uniti alla digitalizzazione della società planetaria, stanno conducendo a radicali revisioni della “temporalità sociale”, caratterizzata da un progressivo centraggio sul presente e un progressivo aumento dell’incertezza futura (Leccardi, 2009), con risvolti importanti in ogni ambito di vita, compreso l’ambito lavorativo.

Mentre, come ricorda Reith (2004), nella prima modernità la previsione del tempo futuro era legata alle condizioni e ai vincoli posti volontariamente nel presente, che permettevano una rappresentazione del futuro direttamente e causalmente legata alle decisioni attuali e all’esperienza passata, l’avvento della seconda modernità ha comportato una crescente complessità e velocizzazione dei rapporti sociali ed economici, determinando una sempre maggiore difficoltà a formulare piani e progetti a lungo termine e una maggiore percezione di incertezza del tempo futuro. Questa incertezza del tempo futuro, e in particolare la impossibilità di formulare previsioni e rappresentazioni attendibili su di esso, fondate sul presente che ne favorisce una sua anticipazione a livello cognitivo, ha conosciuto in questi ultimi anni una profonda esacerbazione legata alla crisi economica che ha coinvolto in modo acuto i Paesi dell’Europa e particolarmente l’Italia, ponendo in evidenza la necessità di riflettere sulle competenze necessarie per poter gestire in modo efficace le situazioni di indeterminazione e difficoltà decisionale che i lavoratori, e in particolare i lavoratori autonomi, si trovano a dover affrontare. Dal momento infatti che la certezza del futuro, o quantomeno la sua “predicibilità” ancorata alle decisioni prese nel passato o nel presente è divenuta sempre più difficile, “il miglior corso di azione è rappresentato dalla minimizzazione del rischio” (Reith, 2004, p. 394), fattore che chiama in causa le competenze, o, skills, necessarie affinché questa riduzione del rischio o minimizzazione del suo impatto negativo possa risultare efficace. Tra di esse, particolare e crescente importanza rivestono quelle strategie cognitivo-emozionali e di azione concreta volte a ridurre l’impatto delle situazioni critiche o a far sì che esse non si verifichino affatto, che individuano un “atteggiamento proattivo” verso il contesto di vita.

La “proattività” si riferisce a un vero e proprio stile relazionale tra l’individuo e il contesto di vita in cui l’individuo agisce in modo da far sì che “le cose accadano” anziché limitarsi ad attendere e osservare il loro eventuale verificarsi (Parker et al., 2010), riducendo lo stress derivante dal doversi confrontare con situazioni critiche. La proattività implica inoltre la presenza di aspirazioni e lo sforzo messo in atto dall’individuo allo scopo di apportare modifiche o a se stesso o al contesto per poter realizzare un futuro differente (Bindl & Parker, 2010), ed è caratterizzata da tre componenti: l’iniziativa individuale, l’orientamento al cambiamento, la focalizzazione sul futuro. All’interno di questa definizione ampia di proattività, si evidenziano oggi studi volti ad approfondire sia una dimensione più “situazionale” e perciò legata a strategie concrete e cognitive che l’individuo mette in atto allo scopo di prevenire le situazioni critiche e mantenere elevate risorse (Aspinwall & Taylor, 1999), sia una componente più disposizionale, che designa una tendenza stabile dell’individuo ad agire in modo intenzionale, orientato ed efficace nei differenti ambiti di vita (Bateman & Crant, 1993). Diversi studi hanno approfondito il ruolo dello stile relazionale proattivo nel mondo lavorativo, dove è emersa la sua rilevanza per la riuscita professionale e per lo sviluppo delle organizzazioni (Fuller & Marler, 2009; Thompson, 2005).

Assumere uno stile relazionale proattivo in ambito lavorativo rappresenta la sintesi di fattori sia di natura individuale (come, ad es., il livello di autoefficacia percepita, la capacità di rappresentazione complessa del futuro, l’apertura al cambiamento) e contestuale (come, ad es., la cultura organizzativa, le relazioni sociali, la presenza di una leadership con una chiara “vision” futura e capace di supportare lo sviluppo e il cambiamento) (vedi Figura 1).

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Figura 1 Modello interazionista di comportamento proattivo (Parker, Bindl, & Strauss, 2010, tradotto e semplificato dall’autrice)

Anticipare gli eventi critici anziché gestirne il peso e le difficoltà nel presente: le strategie proattive di coping

Nella letteratura psicologica sullo stress ci si riferisce al concetto di coping come a un insieme di strategie intenzionali messe in atto dall’individuo allo scopo di ridurre, tollerare o minimizzare gli effetti generati da situazioni critiche che richiedono risorse ritenute eccedenti le possibilità dell’individuo stesso (Lazarus & Folkman, 1984). I modelli teorici relativi alle strategie di coping apparsi negli ultimi decenni in letteratura hanno focalizzato l’attenzione prevalentemente sulle strategie che l’individuo mette in atto quando l’evento critico si è già verificato. Recentemente Aspinwall e Taylor (1997) hanno posto l’attenzione su una differente tipologia di coping, il coping proattivo, che ha l’obiettivo di anticipare gli eventi critici ponendo in atto un insieme di strategie volte a far sì che l’evento potenzialmente deleterio non si verifichi affatto, o, nel caso si dovesse attualizzare, fare in modo di ridurne l’impatto negativo.

Il coping proattivo si articola in cinque fasi distinte:

  • Prima fase: accumulare le risorse. Questa fase comprende l’accumulo di risorse e l’acquisizione di abilità e competenze che preparano, a livello generale, a riconoscere i segnali o gli indizi di eventi critici che possono concretizzarsi in futuro e a farvi fronte in modo da evitare il loro accadere.

  • Seconda fase: riconoscere i segnali e gli indizi rilevanti. Spesso i segnali di crisi sono di piccola portata e un ruolo cruciale nel loro riconoscimento tempestivo è rivestito dalla capacità di elaborare l’informazione in modo non distorto da fattori emotigeni quali l’ansia e la preoccupazione.

  • Terza fase: valutazione iniziale della crisi potenziale. Quando si è constatato che una crisi o un periodo difficile “si avvicina all’orizzonte” entrano in gioco compiti diversi che richiedono specifiche abilità, tra cui competenze cognitive e consapevolezza circa gli schemi adottati per elaborare l’informazione.

  • Quarta fase: dalla valutazione iniziale alla scelta delle prime azioni. Numerosi sono i fattori psicologici che favoriscono o viceversa bloccano il passaggio dalla valutazione circa ciò che potrebbe verificarsi all’azione pianificata, tra i quali l’autoefficacia percepita (Bandura, 1997/2000), le credenze di controllo interno (Rotter, 1966), la personalità proattiva (Seibert et al., 2000).

  • Quinta fase: richiesta di feedback sulle strategie prescelte e utilizzate in via preliminare. Quest’ultima fase del coping proattivo richiede, affinché possa essere attivata, buone competenze comunicative e relazionali.

Confrontarsi con l’incertezza futura e la crisi economica contemporanea: il progetto di formazione sullo sviluppo delle strategie proattive di coping come risorse di crescente importanza per il lavoro autonomo

Agire attraverso la proposizione agli imprenditori e professionisti di una iniziativa formativa di carattere del tutto innovativo, determinata dai mutamenti profondi in atto nella società di oggi che portano a convivere con il rischio, l’incertezza nel futuro, ad affrontare quindi quotidianamente situazioni di stress, ha portato Confcommercio Imprese per l’Italia Ascom Lugo a proporre un corso di formazione sulle strategie di coping proattivo. Confcommercio Ascom Lugo è un’Associazione che opera per la rappresentanza, promozione, assistenza e tutela delle imprese e attività professionali del territorio nei settori della distribuzione commerciale, del turismo, dei servizi, dei trasporti, della logistica e della piccola e media impresa in genere. Fra le varie finalità perseguite da Confcommercio Ascom-Lugo vi è infatti quella di assumere iniziative tese a promuovere la formazione professionale e tecnica, avvalendosi anche di collaborazioni qualificate, per fornire a imprenditori e professionisti strumenti di conoscenza tanto più efficaci in un momento di congiuntura economica difficile quale quella attuale.

Obiettivi dei percorso formativo e metodologia

Il corso di formazione si è posto due obiettivi principali:

- apprendere le nozioni fondamentali sul concetto di coping e la distinzione tra stili di coping reattivi, basati sulla gestione del problema già presente, e stili di coping proattivi, centrati invece sull’anticipazione mentale delle criticità e sulle azioni tese a neutralizzarle;

- apprendere competenze e strategie utili a potenziare l’utilizzo delle strategie proattive di coping;

Metodologia e partecipanti

Ci si è avvalsi di una metodologia di tipo integrato, dove momenti di lezione frontale sono stati alternati a momenti di “laboratorio” di apprendimento concreto di diverse tecniche efficaci per l'utilizzo del coping proattivo nella propria attività di impresa. Hanno partecipato al percorso formativo 27 lavoratori autonomi del mondo del commercio, delle imprese e dei servizi.

Descrizione dell’esperienza

L’esperienza formativa si è svolta attraverso tre incontri di 2 ore ciascuno. In ogni incontro, una parte di natura teorica ha preceduto la parte di laboratorio in cui, attraverso l’utilizzo di diverse tecniche come la discussione, il caso-stimolo, il brainstorming e la sinettica, i partecipanti hanno potuto lavorare, coordinati dalla formatrice, sulle nozioni apprese.

Primo incontro. La dimensione proattiva dell'uomo, le strategie proattive di coping a livello generale e la loro importanza crescente per il lavoro autonomo nella società contemporanea

Il primo incontro ha affrontato dapprima la nozione di proattività, di comportamento proattivo e di personalità proattiva a livello generale e applicato al mondo professionale-lavorativo. Successivamente sono state presentate le cinque strategie proattive di coping e la loro importanza nel prevenire situazioni di minaccia e crisi per la propria attività, ricollegandosi al tema della globalizzazione economica, all’aumento dell’incertezza e dell’imprevedibilità del futuro e alla attuale condizione di crisi, che richiedono la messa in atto di strategie mirate a sviluppare nuove idee e a contenere i potenziali rischi che derivano dalla contrazione del mercato e dall’instabilità finanziaria.

Successivamente sono stati approfonditi diversi processi di natura cognitiva, emotiva e sociale legati all'elaborazione delle informazioni e alle successive scelte delle strategie di azione. Comprendere che l’individuo è “parte attiva” nei processi di elaborazione delle informazioni, nella costruzione di schemi interpretativi della realtà e di categorizzazione della realtà stessa (Tajfel, 1981/1999) rappresenta un requisito imprescindibile per evitare le “distorsioni dell’informazione” dalle gravi conseguenze sul piano decisionale. È stato poi evidenziato il ruolo delle caratteristiche di personalità nell’elaborazione delle informazioni relative alle potenziali minacce future, in particolare il ruolo rivestito dall’ansia nel prestare attenzione ai segnali negativi che si intravedono “all’orizzonte” e sull’influenza che essa può esercitare nell’evitamento degli indizi più preoccupanti.

Secondo incontro. Dall’accumulo delle risorse alla valutazione e riconoscimento dei segnali e indizi di crisi fino alla costruzione cognitiva di scenari ipotetici su quanto potrebbe accadere in futuro

La prima parte dell’incontro ha evidenziato l’importanza delle risorse economiche, cognitive, interpersonali accumulate come prerequisito per l’utilizzo delle strategie proattive di coping. La presenza di elevate risorse consente di affrontare le situazioni critiche senza una pressione temporale all’emergenza, dando modo di valutare con più calma le informazioni e di elaborarle in modo più accurato, senza far affidamento a euristiche (Tversky & Kahneman, 1974). La prospettiva temporale (Zimbardo & Boyd, 1999) è stata introdotta come fattore in grado di influire sull’ampiezza e sistematicità con cui vengono analizzati i segnali critici: possedere una prospettiva temporale orientata al futuro può aiutare a definire meglio i costi e i benefici a breve e a lungo termine di determinate scelte.

Nella seconda parte dell’incontro sono stati approfonditi i processi cognitivi coinvolti nella generazione degli scenari complessi futuri come prerequisito essenziale all’azione concreta successiva. Infatti, dopo avere individuato i segnali potenzialmente critici per la propria attività, è importante chiedersi di quale problema si tratta, e che impatto potrà avere nelle nostre attività. È questa la fase del coping proattivo in cui sono cruciali le capacità cognitive di envisioning e di integrazione delle variabili in gioco all’interno di scenari complessi proiettati nel futuro. Lo scenario complesso può essere definito come un’immagine o una rappresentazione mentale di un evento, una condizione, un contesto che viene generata sulla base di relazioni che si ipotizza esistano tra le sue componenti e che riguarda il tempo futuro. Nei sistemi complessi i fattori che influenzano un evento, o una situazione, sono infatti molteplici e interagenti tra di loro (Prigogine, 1980/1986). Come esemplificazione si è fatto riferimento a un territorio ampio come un Comune o un Comprensorio di Comuni, una piazza, un centro storico come luoghi complessi: l’arrivo di un nuovo componente (l’apertura di un nuovo esercizio commerciale o di servizi, la costruzione di una pista ciclabile, ecc.) nel sistema modifica nel tempo tutto il sistema, richiedendo azioni efficaci sia per ridurre i rischi sia per cogliere le nuove opportunità che questo nuovo componente potrà determinare per la propria attività di impresa (ad esempio la pista ciclabile potrebbe intensificare la presenza di persone amanti dello sport e della vita all’aria aperta, potenziali fruitori di offerte commerciali situate nelle vicinanze). Anticipare proattivamente i cambiamenti che si annunciano implica perciò:

- la capacità di generare numerosi scenari ipotetici legati al futuro della propria attività e del contesto in cui essa si inserisce; in questa fase è fondamentale generare quanti più scenari complessi possibili, aiutandosi con le tecniche volte a stimolare il pensiero divergente-creativo (Guilford, 1967);

- la valutazione della loro plausibilità attraverso analisi accurate e non attraverso stereotipi o euristiche (ad esempio ritenere impossibile un determinato scenario semplicemente perché mai accaduto prima);

- la valutazione di come evolveranno nel tempo (gli scenari complessi sono destinati a modificarsi nel corso del tempo a causa di sempre nuovi eventi e nuove circostanze);

- la creazione di azioni tese a favorire il verificarsi dello scenario più favorevole e ridurre il rischio del verificarsi dello scenario più sfavorevole.

Terzo incontro. Dalla valutazione iniziale alla scelta delle strategie di azione e richiesta di feedback

L’ultimo incontro ha approfondito e discusso con i partecipanti i fattori psicologici che favoriscono il passaggio dalla valutazione di ciò che potrebbe avverarsi attraverso la generazione di scenari ipotetici all’azione pianificata. La regolazione delle emozioni ha costituito il primo aspetto preso in considerazione: la visualizzazione di scenari ipotetici futuri non favorevoli può generare vissuti emozionali di preoccupazione o ansia: le persone con forte tendenza all’ansia possono scegliere azioni non utili a prevenire il problema come il coping di evitamento o la ruminazione interna anziché pianificare azioni concrete. La percezione di autoefficacia individuale e collettiva è stata individuata poi come ulteriore dimensione che incide fortemente sulle strategie adottate (Bandura, 1997/2000). Le credenze di autoefficacia influiscono sulle modalità di approccio ai problemi. L’autoefficacia collettiva si definisce come l’autoefficacia propria di un gruppo, una organizzazione, un’istituzione e riguarda la credenza condivisa circa la presenza di un forte potere collettivo di modificazione delle situazioni sfavorevoli. essa si qualifica come “proprietà emergente” di un gruppo o di un’organizzazione.

Le credenze collettive di autoefficacia influenzano il tipo di futuro che i membri dell’organizzazione intendono raggiungere attraverso un’azione collettiva, quanto bene essi sapranno utilizzare le loro risorse, quanta vulnerabilità essi percepiranno e quanto sapranno riorganizzare la loro azione di fronte a un fallimento. Le competenze comunicative e interpersonali hanno concluso il terzo incontro formativo. Chiedere un feedback circa l’appropriatezza delle azioni messe in campo per contrastare l’avverarsi di scenari futuri sfavorevoli e promuovere invece quelli opportuni e positivi richiede buone competenze comunicative (Zani et al., 2000). La valutazione di queste iniziali strategie di azione a favore della propria attività o di un gruppo di imprese che condividono il medesimo contesto o settore lavorativo che viene richiesta a esperti deve essere esposta con la massima efficacia comunicativa e interpersonale affinché le persone interpellate possano avere chiaro il panorama strategico e restituire una valutazione competente sulla loro potenziale efficacia e l’eventuale necessità di riformularle o modificarle.

Valutazione della customer satisfaction

Al termine del corso ai partecipanti sono state rivolte due domande relative alla valutazione del percorso formativo, riguardanti la sua efficacia per lo sviluppo dell’attività e la novità dei concetti appresi. Essi hanno fornito una valutazione complessivamente positiva dell’esperienza formativa, definendola in particolare innovativa per i contenuti affrontati e le competenze approfondite, che hanno permesso loro di acquisire un approccio diverso alle situazioni critiche. Come ha sottolineato un’imprenditrice, “esso ha rappresentato una buona e nuova riflessione per il lavoro d’impresa, dato che come imprenditrice sono abituata spesso a gestire le conseguenze, ma mi riesce difficile prevenire i rischi o i danni perché poco capace di individuare i segnali precoci di crisi o comunque di cambiamenti importanti”. A ognuno sono state poi consegnate in forma cartacea o inviate in forma elettronica alcune brevi dispense degli argomenti trattati in ogni incontro e una breve bibliografia di riferimento.

Discussione e conclusioni

La società contemporanea, caratterizzata da rapidi e sostanziali cambiamenti nei modelli di sviluppo e relazione socio-economica, richiede sempre più la presenza di competenze volte a sapersi confrontare efficacemente con l’incertezza e la non predicibilità del futuro. Questa incertezza oggi viene percepita in modo ancora più acuto nell’ambito del lavoro autonomo, in quanto essa viene amplificata da una situazione di crisi economica, richiedendo risorse e skills legate alla capacità di individuazione precoce di segnali di crisi e della loro neutralizzazione.

Saper applicare in modo efficace le strategie proattive di coping ha rappresentato il focus di un breve corso di formazione dedicato ai lavoratori autonomi di ASCOM Confcommercio Imprese per l’Italia di Lugo (Ravenna). Attraverso una metodologia che ha previsto momenti teorici e attività di “laboratorio attivo” sono state approfondite le cinque fasi in cui si articola il coping proattivo (Aspinwall & Taylor, 1997). La partecipazione costante agli incontri e la valutazione positiva data dagli iscritti all’esperienza formativa rinforza la convinzione della rilevanza crescente del possesso di un vero e proprio “forward-thinking style” e di adeguate competenze e strategie che aiutino il lavoratore autonomo a individuare i segnali precoci dell’avvicinarsi di eventi critici o di condizioni negative affinché sia più facile predisporre per tempo azioni o piani atti a neutralizzarli o ridurne l’impatto sulla propria attività. La capacità di gestire l’incertezza futura, che sembra rappresentare un dato costitutivo della società post-moderna contemporanea (Bauman, 2000/2005), attraverso modalità non reattive (e perciò basate su comportamenti e decisioni che si attivano in contrasto a qualcosa di negativo o minaccioso già presente) ma di tipo proattivo rappresenta una risorsa di cruciale importanza per sapere non solo “resistere alla crisi”, ma “crescere attraversandola” mantenendo le proprie risorse e potenziando le proprie capacità innovative.

Bibliografia

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Ringraziamenti

L’autrice intende ringraziare Gabriella Capelli e Luciano Facchini di Confcommercio Imprese per L’Italia Ascom Lugo per la collaborazione alla stesura di alcune parti del testo.

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