Vol. 16, n. 3, novembre 2023 — pp. 106-120

INTERVISTE/INTERVIEWS

a cura di (edited by) Annamaria Di Fabio

Intervista a Maria Grazia Riva1

  1. Dal Suo prezioso punto di osservazione, come membro della Commissione Orientamento della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università italiane) e Pro-Rettrice all’Orientamento dell’Università di Milano Bicocca, quale è stato il valore nel panorama italiano dell’evento AIP MeMos organizzato a Lecce dall’Università del Salento dal titolo «Orientamento, Università e PNRR: Esperienze e Prospettive in Dialogo» lo scorso 22 settembre 2023?

Anzitutto vorrei ringraziare molto MeMos per avermi invitata al vostro interessante convegno, dedicato a riflettere sul rapporto tra orientamento, università e PNRR. Penso che eventi di qualità come il vostro, specificamente focalizzati sul tematizzare come l’università possa utilizzare al meglio le risorse del PNRR, siano preziosi. È infatti fondamentale sostenere una riflessione tematica, metodologica, connessa alle pratiche, ai metodi e agli strumenti di effettiva messa a terra del PNRR Orientamento nelle università, in modo che non esiti solo in una sua gestione amministrativa e tecnicistica.

Il rischio di realizzare, nei fatti, la co-progettazione fra scuole e università come una mera serie di calcoli di ore, suddivisi per moduli più o meno lunghi in modo che la somma arrivi alle 15 ore totali previste dal decreto 934-Mur, è davvero alto. Una preparazione approfondita su come concepire in termini innovativi l’orientamento in generale, e la transizione scuola-università nello specifico, non è estesamente diffusa, così come non lo è una formazione dedicata alla sensibilizzazione all’orientamento, rivolta sia al personale docente sia al personale tecnico-amministrativo.

Pertanto, ritengo che siano opportuni e necessari eventi, sia con relazioni frontali sia con attività seminariali, per mantenere sempre alta l’attenzione sull’esigenza che le attività e i progetti PNRR per l’orientamento siano di qualità ed esprimano competenze specifiche sul tema.

  1. Quali suggerimenti potrebbe offrire per corroborare un dialogo continuo transdisciplinare proattivo e produttivo?

Ovviamente, questa domanda interroga al cuore un tema molto complicato, che riguarda più in generale i rapporti tra i saperi, il loro essere stati fatti confluire in discipline e poi, da noi in Italia, in settori scientifico-disciplinari e ora anche in gruppi scientifico-disciplinari.

È evidente che ci sono in gioco molti livelli, da quello epistemologico a quello politico-culturale a quello pragmatico, a partire dalla opportuna rammemorazione del fatto che i soggetti in orientamento attraversano un’esperienza di orientamento che è globale e olistica, non certo — dal punto di vista di quanto essi esperiscono — suddivisa artificialmente in tante diverse aree.

Va da sé che, come afferma la teoria della prospettiva, ogni vertice disciplinare riesce a scorgere certi aspetti e meno altri, così come va da sé che ogni sistema concettuale e categoriale — insito in ogni teoria — generi tipi di interpretazione dei dati/fatti differenti.

È perciò, a mio parere, solo a partire dalla grande complessità in gioco in questa materia — di cui qui si sono fatti solo alcuni cenni — che può nascere un fertile terreno di incontro tra i saperi sull’orientamento, in cui si possa riconoscere il contributo di tutte le prospettive. In ogni caso, mi pare molto importante superare le contrapposizioni ideologiche secondo cui esiste un solo modello di orientamento valido, perché le ragioni in campo rispetto ai tanti piani che sono implicati dal termine orientamento stesso sono diverse ma sensate, tutte o quasi.

Nel tanto, ad esempio, che si auspica che l’orientamento non venga svolto unicamente per trovare un lavoro in sé, nel tanto bisogna, a mio parere, riconoscere l’importanza di trovare un lavoro che si collochi all’interno del sistema vigente, senza appiattirsi certamente allo sfruttamento di un certo mondo del lavoro e senza però demonizzare il sistema produttivo nel suo insieme. Mi pare che comunque conti molto la costituzione di Tavoli di lavoro sia intraistituzionali sia interistituzionali, in cui una comune autorità riconosciuta dia mandati chiari di collaborazione ai diversi stakeholders interessati, pubblici, scientifici, privati e così via.

  1. Prospettive future, costruzione di eventi, collaborazioni e partnership per facilitare buone pratiche di orientamento nelle università italiane: quale direzione intraprendere?

Occorre riconoscere che il decreto 934 MUR/2022 — che regolamenta la messa a terra del PNRR Orientamento, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 4 «Istruzione e ricerca»-Componente 1 «Potenziamento dell’offerta dei servizi all’istruzione: dagli asili nido all’Università»-Investimento 1.6 «Orientamento attivo nella transizione scuola-università», finanziato dall’Unione europea-NextGenerationEU-costituisce davvero un dispositivo importante per progettare, realizzare, monitorare e valutare buone pratiche di orientamento nelle università italiane, in stretto raccordo con le scuole.

A mio parere si tratta di continuare con la Commissione Crui-Orientamento, con il raccordo stretto e il supporto attivo e fattivo di entrambi i Ministeri dell’Università e dell’Istruzione, mantenendo aperto e rispettoso il dialogo con tutti i Delegati universitari all’orientamento, che nei fatti appartengono a molti settori scientifico disciplinari diversi, con concezioni diverse di orientamento: chi più volto alle competenze riflessive e trasversali chi più interessato alle didattiche disciplinari.

Sarebbe importante anche, secondo me, che i Tavoli istituzionali dedicati individuassero tematiche specifiche, di volta in volta da approfondire anche con l’aiuto di società scientifiche e associazioni ad esempio di insegnanti, di dirigenti, del personale tecnico-amministrativo, degli studenti e delle studentesse e così via.

Intervista a Dina Guglielmi2

  1. Come Coordinatrice del Comitato Esecutivo della Sezione AIP «Psicologia per le Organizzazioni» quale valore attribuisce all’evento nazionale dal titolo «Orientamento, Università e PNRR: Esperienze e Prospettive in Dialogo» organizzato dal gruppo MeMos dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) lo scorso 22 settembre 2023 a Lecce grazie all’Università del Salento? 

La risposta sarebbe molto ampia ma mi focalizzo su due punti a mio parere di particolare valore. Il primo è quello di mostrare che gli psicologi si occupano di orientamento, sia sul piano teorico-metodologico, sia su quello dell’implementazione degli interventi, in diverse Università italiane (anche se non da soli ovviamente) e lo fanno condividendo alcune premesse culturali e metodologiche che rappresentano un punto di forza. Mi riferisco alle premesse da cui parte il gruppo MeMos che si propone di favorire il dialogo tra teoria, ricerca e pratica, investendo in un orientamento universitario che si definisca come prospettico, sistemico e sostenibile.

Il secondo punto riguarda invece il confronto che abbiamo potuto ascoltare durante l’evento con importanti interlocutori coinvolti su questo tema. Dai pedagogisti ai gruppi di lavoro CRUI la necessità di sinergie è evidente e mi auguro che l’incontro a Lecce possa avere rappresentato un’occasione di scambio da mantenere anche in altre sedi.

  1. In uno scenario internazionale di cambiamento incessante, quali cambiamenti stanno caratterizzando anche la realtà italiana in riferimento all’Orientamento e al Career Counseling, che merita tenere in considerazione all’interno del nostro Settore Scientifico Disciplinare M-PSI/06 (Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni) che si pone intrinsecamente in dialogo continuo con i professionisti? 

Alcuni grandi cambiamenti che hanno interessato le carriere e quindi i relativi interventi segnalano la necessità di un cambio di paradigma. Aspetti come incertezza e precarietà, nuove forme di carriera, maggiore centralità della resilienza, diversi significati del lavoro, great resignation, e potremmo continuare a lungo con l’elenco, stanno interessando anche la realtà italiana e segnalano la necessità nell’Orientamento e nel Career counseling di progettare azioni, percorsi e strumenti per accompagnare le persone verso una carriera sostenibile.

Carriera che permetta di integrare la prospettiva oggettiva e soggettiva in modo da progettare percorsi individuali che diano importanza ai differenti obiettivi di vita da cui le persone possono trarre soddisfazione, non necessariamente solo quello lavorativo. Partendo da un processo di autoregolazione la carriera sostenibile può portare, come indicano ad esempio De Vos e colleghi, a: salute come equilibrio dinamico tra risorse fisiche e mentali e domande lavorative; felicità intesa come corrispondenza tra carriera, valori, obiettivi, bisogni di conciliazione o di crescita personali; e produttività considerata non solo come prestazione ma anche come corrispondenza tra capitale umano e richieste del mercato.

  1. Dalla resilienza alla proattività alla partnership: quale vision, suggerimenti e riflessioni per confrontarsi con le sfide attuali, dal Suo prezioso punto di osservazione?

Il tema dell’orientamento con tutti i finanziamenti derivanti dal PNRR che lo stanno interessando è sicuramente in una fase di grande fermento sia nella scuola, nell’università e nei servizi per il lavoro. Una delle tante sfide è quella della «governance» di tutto questo fermento, una governance che consenta di sviluppare un sistema integrato di azioni/servizi di orientamento che possano rimanere attivi finiti i finanziamenti del PNRR.

Su questo punto la nostra expertise come psicologi del lavoro, che si occupano anche di organizzazione e gestione dei servizi, può essere di supporto. Soprattutto considerando che al momento attuale, in particolare in alcuni territori, il sentire comune è di molti finanziamenti e molti interlocutori con difficoltà da parte di scuole, università ed enti territoriali di fare sistema per ottimizzare l’uso delle risorse, non appesantire gli interlocutori interessati e implementare azioni efficaci.

Una possibile pista per favorire la governance del sistema orientamento e delle sue sfide potrebbe essere rappresentata da un modello di competenze orientative o competenze per gestire la carriera condiviso tra i diversi sistemi (scuola, università, formazione professionale, servizi per il lavoro) visto che tutti ne cominciano a parlare anche se da una prospettiva diversa.

Intervista a Amelia Manuti3

  1. Come Coordinatrice del gruppo di lavoro tematico MeMoS (Metodologie e Modelli per un Orientamento Strategico) dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), cosa rappresenta MeMos nel panorama italiano in riferimento agli scenari Internazionali?

MeMos è un’esperienza unica nel panorama nazionale perché nasce nell’ambito dell’Associazione Italiana di Psicologia dal desiderio di fare rete, avvertito da alcuni colleghi accademici impegnati sul tema da anni per motivi di ricerca, didattica e impegno istituzionale presso i propri atenei. L’obiettivo principale che il gruppo si è dato è stato quello di condividere metodologie, approcci, prospettive al fine di sviluppare e divulgare una cultura dell’orientamento universitario maggiormente in sintonia con i grandi cambiamenti culturali, sociali, economici che stanno avvenendo dentro e fuori dell’università, con una particolare attenzione alla valorizzazione delle buone pratiche nazionali e internazionali.

  1. La nascita e l’evoluzione del gruppo MeMoS con il suo prezioso valore nel dibattito nazionale: può condividere sinteticamente la traiettoria?

Il gruppo tematico MeMos nasce nel 2018 a margine di uno dei tanti convegni della Sezione AIP di Psicologia per le Organizzazioni. In questa occasione, ci siamo trovati, ci siamo confrontati e abbiamo fatto il punto: ciascuno di noi lavora sul tema dell’orientamento da tempo presso il proprio Dipartimento o Ateneo. Conosciamo i sistemi locali. Progettiamo, supportiamo e valutiamo pratiche. Dunque, è stata un’esigenza naturale quella di fare squadra e far convergere i nostri sforzi, consapevoli della centralità del tema negli scenari attuali e dall’urgenza di offrire risposte evidence-based alle istituzioni universitarie impegnate a sviluppare azioni orientative efficaci.

La traiettoria che MeMos è volta ad alimentare è il dibattito su queste tematiche, contribuendo in qualche modo a superare una visione dell’orientamento improntata a una logica riparativa e diagnostica, promuovendo la stretta collaborazione tra scuola, università e mondo del lavoro e favorendo negli studenti lo sviluppo di competenze a supporto della gestione autodeterminata della carriera. Non a caso, il manifesto del gruppo, condiviso da tutti alla sua costituzione e pubblicato sulla pagina dedicata nel sito AIP (https://aipass.org/memos/), definisce l’approccio di MeMos come prospettico, strategico e sistemico.

In questi anni, il gruppo si è molto impegnato organizzando eventi pubblici di divulgazione, webinar di formazione dedicati agli addetti ai lavori, indagini qualitative e quantitative volte a monitorare azioni e pratiche, oltre che studi, ricerche, simposi scientifici finalizzati a mantenere viva l’attenzione e il dibattito pubblico sul tema. La ricchezza di queste esperienze, che hanno visto la partecipazione di molti colleghi appartenenti al mondo della scuola, dell’impresa e dell’università, a segnalare che MeMos sollecita bisogni esistenti che spesso non trovano collocazione nello scenario attuale, è ampiamente documentata dai materiali pubblicati sul sito.

  1. Quali sono le sfide future del gruppo MeMoS che ravvisa dal Suo punto di osservazione, in qualità di coordinatrice? 

Le sfide per l’orientamento attualmente sono tante, in questo contesto ne individuerei almeno due.

Le trasformazioni culturali, sociali, economiche e politiche che hanno attraversato gli ultimi anni hanno ridisegnato il mondo del lavoro, i suoi profili professionali, le competenze richieste, ma anche i contenuti del lavoro, le modalità, le pratiche. Ne deriva un grande mismatch tra le professionalità in uscita dai percorsi della formazione superiore ed i bisogni delle imprese pubbliche e private. Dunque, la prima sfida dell’orientamento è quella di far incontrare domanda e offerta rendendo consapevoli individui e organizzazioni della rilevanza strategica delle risorse di resilienza, employability, adattabilità, utili ad affrontare le transizioni e il cambiamento.

La seconda sfida invece si concentra sulle persone. Mentre il mondo del lavoro cambia, infatti, nuove generazioni si affacciano nei contesti lavorativi, dunque si tratta di dialogare con nuovi modi di apprendere, nuove visioni del lavoro, della carriera, dei valori che ispirano la ricerca di equilibrio tra vita e lavoro. In questo caso, la sfida dell’orientamento è quella di lavorare sulla gestione della diversità, sulla convivenza tra culture e significati diversi del lavoro.

Nel contesto nazionale, per MeMos questa sfida si aggancia al ruolo cruciale che le agenzie di socializzazione scuola e università sono chiamate a giocare in relazione al potenziamento delle competenze orientative degli studenti, in vista delle transizioni e delle scelte future, come recentemente sollecitato dai recenti decreti ministeriali n. 934 e n. 322 del 2022.

Intervista a Emanuela Ingusci4

  1. Come organizzatrice per l’Università del Salento, in quanto Delegata del Rettore per l’Orientamento e il Counseling, dell’evento nazionale del gruppo MeMos dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), dal titolo «Orientamento, Università e PNRR: Esperienze e Prospettive in Dialogo», che si è svolto lo scorso 22 settembre 2023 a Lecce, qual è il significato di questo evento che Le preme sottolineare nello scenario nazionale attuale?

L’evento nazionale organizzato dal gruppo di lavoro Memos (Metodologie e modelli per un Orientamento Strategico), che si è svolto in modalità ibrida, ovvero in presenza presso l’Università del Salento e online sulla piattaforma Microsoft Teams, a mio avviso rappresenta un «trait d’union» tra esperienze passate e attuali, tra vecchie questioni e nuove sfide che oggi, più che mai, investono tutti coloro che a vario titolo si occupano di orientamento scolastico e professionale.

Sebbene l’orientamento sia stato considerato nel tempo come un elemento trasversale, la mancanza di una chiara normativa esemplificativa rispetto ai requisiti e alle caratteristiche delle professionalità che se ne occupano, insieme ad altre questioni, ha portato, come ben noto nel panorama della letteratura nazionale e internazionale, al proliferare di molteplici esperienze, talvolta anche di merito, che troppo spesso sono rimaste isolate.

In un momento storico in cui l’orientamento è al centro del dibattito pubblico ed è sotto i riflettori, destando talvolta stupore, diventa estremamente fondamentale la funzione di un sistema che favorisca i processi osmotici e consenta una reciproca compenetrazione di idee, esperienze, buone pratiche. Nel contesto attuale in cui viviamo, sottoposto a continui cambiamenti, abbiamo bisogno di modelli e metodologie condivise che costituiscano il terreno fertile entro cui coltivare nuove opportunità che perseguano le finalità stesse dell’orientamento, considerato come uno strumento inclusivo e sostenibile.

Ovviamente, una rete integrata che offra una cornice condivisa di finalità e intenti, faccia da collante, consenta di dialogare e allargare i confini su questi temi, supervisioni le varie esperienze, riconoscendo le specificità e il valore delle buone prassi, rappresenta un punto di forza per lo sviluppo e la sostenibilità nel tempo di un orientamento che si configuri come azione e intervento consapevole che persegue la giustizia sociale.

  1. Lavorare per l’orientamento e costruire l’orientamento: cosa significa per Lei in riferimento alla situazione attuale e alle grandi sfide con cui il nostro Paese si trova a confrontarsi?

Molteplici sono le sfide con cui il nostro paese si trova a confrontarsi tra cui i repentini e imprevedibili cambiamenti, l’instabilità e l’incertezza lavorativa, l’invecchiamento della popolazione, la nascita di nuove professionalità, la valorizzazione e gestione delle diversità e disabilità nei vari contesti.

Lavorare per l’orientamento e costruire l’orientamento significa puntare sullo sviluppo e la maturazione delle competenze orientative e di career management, sulle risorse personali e di contesto in grado di favorire la gestione dell’imprevedibilità e sostenere le opportunità derivanti dalle nuove sfide. Per poterlo fare, è necessario che i professionisti, opportunamente formati, mettano in atto azioni diversificate, a seconda dei casi, che tengano conto dei reali bisogni delle persone.

Costruire l’orientamento significa stabilire una priorità, la priorità è la persona, in tutte le sue caratteristiche e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità. I numeri, i dati, le proiezioni sugli scenari economici nel futuro a breve e medio termine, devono essere considerati importanti ma secondari rispetto a quelli che sono gli interessi e le motivazioni delle persone che vivono l’orientamento.

Lo scopo dell’orientamento rimane quello di potenziare il ruolo attivo della persona e la sua autenticità, anche facendo leva sui co-partecipatori delle scelte, puntando allo sviluppo di capacità e competenze volte a facilitare processi di scelta consapevoli e liberi. L’orientamento punta a promuovere la libertà per una scelta consapevole, ciò non significa lasciare sole le persone o sostituirsi nel momento di una determinata e importante, talvolta difficile, scelta.

Libertà significa offrire la possibilità di avviare un processo di autoconsapevolezza e responsabilità graduale che punti alla realizzazione del Sé autentico, alla scoperta o riscoperta di ciò che motiva, entusiasma ed energizza la persona. Un orientamento di questo tipo può portare a raggiungere livelli maggiori di benessere individuale e collettivo perché incide anche, seppur indirettamente, sulla società e sulla prosperità delle generazioni future.

È chiaro che, in questa logica, l’orientamento permanente e il counseling rientrano nella competenza di diverse istituzioni e non di un singolo organismo. Dunque, per potenziare le competenze delle persone occorre sviluppare un sistema di azioni orientative e di supporto al successo formativo strutturato in una gamma diversificata di interventi e opportunità integrate e complementari, capaci di rispondere ai bisogni delle singole persone.

  1. Progetti futuri e una traiettoria da indicare dal Suo punto di vista per facilitare l’orientamento e le buone pratiche nelle università italiane.

Scuole e università oggi si pongono come guida, aiutando a identificare i bisogni, a leggere gli scenari, a comprendere le emergenze derivanti dalla società, ma soprattutto aiutando chi è in un momento di transizione a riconoscere le competenze e a utilizzarle strategicamente per gestire contesti in evoluzione continua.

L’Università, intesa come organizzazione e come comunità, dovrebbe puntare all’acquisizione e maturazione di competenze trasversali attraverso azioni di coordinamento e governance; dovrebbe essere in grado di ascoltare le esigenze dei giovani e, di conseguenza, ristrutturare i propri obiettivi, anche in funzione del contesto sociale di riferimento.

Una delle priorità, infine, del sistema universitario, dovrebbe essere lo sviluppo di una responsabilità sociale prima e professionale poi che garantisca al giovane in formazione di diventare cittadino consapevole e partecipe.

Intervista a Paola Spagnoli e Diego Boerchi5

  1. In relazione al vostro intervento all’evento di Lecce «Orientamento, Università e PNRR: Esperienze e Prospettive in Dialogo», organizzato dal gruppo AIP MeMos lo scorso 22 settembre 2023 con il supporto dell’Università del Salento, quali sono i risultati principali che merita sottolineare?

Durante il convegno, abbiamo presentato i risultati di un breve sondaggio condotto su un campione di università nel merito del progetto di orientamento PNRR. Al sondaggio hanno risposto 12 referenti di altrettante Università. Alla prima domanda sulla percentuale di obiettivo raggiunto dai progetti messi in atto, in termini di studenti raggiunti, in media il dato è stato del 73%, indicando quanto sia stato difficile raggiungere l’obiettivo assegnato.

Le attività previste dai laboratori di orientamento di 15 ore svolti hanno privilegiato le attività esperienziali, e solo il 25% ha comportato lezioni frontali, sottolineando l’importanza e la crucialità di coinvolgere attivamente gli studenti nei processi di orientamento proposti.

Circa il 90% degli Atenei che hanno risposto al sondaggio dichiara di aver coinvolto nello svolgimento dei laboratori personale interno o un mix di personale interno e personale esterno, mentre solo il 10% circa ha coinvolto solo personale esterno. Questo dato ci invita a riflettere sulla disponibilità di risorse preziose interne agli Atenei per lo svolgimento di queste attività, ma anche sulla necessità di una formazione che sviluppi competenze specifiche e di un allineamento di competenze fra personale interno ed esterno.

Interessante anche il dato sugli strumenti utilizzati nelle attività, che ha visto circa il 25% comprendere strumenti di autovalutazione degli interessi professionali e delle competenze trasversali, scelta che implica il coinvolgimento a pieno titolo di un expertise di stampo psicologico da parte di chi gestisce questi processi.

Infine, tutti gli atenei coinvolti hanno dichiarato che all’interno delle attività proposte c’è stata un’attenzione allo sviluppo di soft skills e competenze autovalutative trasversali, sottolineando anche qui la necessità di inserire questo tipo di percorsi per raggiungere un livello minimo di autoconsapevolezza riguardo alle proprie risorse personali, in modo da capitalizzarle in vista della scelta futura.

  1. Sulla base dell’esperienza effettuata, quali suggerimenti per rilevazioni future?

Per rispondere a questa domanda è necessario interrogarsi su quali sono gli obiettivi che si intende raggiungere. Secondo le indicazioni del Decreto Ministeriale 934 (3 agosto 2022), il fine ultimo è quello di aumentare il numero di laureati raggiungendo gli obiettivi di «facilitare e incoraggiare il passaggio dalla scuola secondaria superiore all’università e di ridurre il numero di abbandoni universitari».

Entrambi questi obiettivi, di medio termine, richiedono un semplice intervento di raccolta e analisi dei dati oggettivi sulle immatricolazioni e gli abbandoni da parte del MUR. In questo contesto, ci preme sottolineare che le modalità con cui si cercherà di raggiungere questi obiettivi potranno ottenere risultati più o meno positivi. In particolare, gli interventi focalizzati esclusivamente sulle aree disciplinari dell’Ateneo che conduce uno specifico percorso, sui cui contenuti e modalità didattiche ha piena autonomia, rischiano di avere un effetto esclusivamente promozionale.

Questo, in un primo momento potrebbe portare a un aumento delle iscrizioni ma, dal momento che queste non sarebbero il frutto di scelte competenti basate su una reale autoconsapevolezza e su una conoscenza ampia e approfondita di tutte le opportunità formative, produrrebbe inevitabilmente un successivo aumento degli abbandoni.

Questo approccio sarebbe controproducente anche per contrastare gli alti livelli di insoddisfazione formativa degli studenti universitari: insieme agli abbandoni reali, vanno considerati anche gli «abbandoni reconditi», ovvero coloro che, pur avendo considerato seriamente di abbandonare il percorso di studi scelto, non se la sentono e proseguono fino al conseguimento della laurea. Quest’ultimo fenomeno, purtroppo non intercettato, è probabile sia più consistente di quanto non si pensi, e ha effetti molto negativi non solo sul singolo studente ma anche sul sistema Paese nel suo complesso.

Due, in particolare, i fenomeni che non verrebbero contrastati, e cioè lo skill mismatch e parte della disoccupazione: entrambe si avvantaggerebbero in modo consistente della capacità di fare scelte efficaci da parte dei cittadini italiani, che non necessitano di interventi informativo-promozionali ma di percorsi consistenti finalizzati allo sviluppo di competenze orientative, altrimenti dette career management skills.

Al momento, come è stato detto in precedenza, le valutazioni condotte fino ad oggi, anche perché conducibili nel breve termine, sono state le rilevazioni di soddisfazione dei partecipanti e delle istituzioni scolastiche, tramite questionari di customer care, e lo sviluppo di nuovi atteggiamenti e competenze, grazie alle competenze scientifiche dei ricercatori esperti in orientamento, quando questi sono stati coinvolti dai propri atenei.

Il suggerimento principale è, quindi, quello di allargare gli orizzonti dell’intervento a obiettivi più ampi, e onestamente anche più nobili, di un generico aumento numerico degli iscritti e dei laureati, interrogandosi in modo serio e competente su quanto sia importante rispondere a obiettivi anche qualitativi, per quanto misurabili, come la soddisfazione degli studenti per il corso scelto, lo sviluppo delle loro capacità di affrontare ora e in futuro le loro scelte di carriera, il contrasto a fenomeni negativi della popolazione in condizioni di lavorare per migliorare sia la loro qualità di vita che il benessere dell’economia e del Paese tutto.

  1. Quali prospettive e auspici da condividere per rinforzare le buone pratiche nelle università italiane?

L’auspicio generale è quello di condividere, nei fatti e non solo nelle citazioni, una visione moderna dell’orientamento, non inteso come semplice intervento informativo, ma come occasione di riconoscimento e valorizzazione delle caratteristiche dei cittadini alla luce delle reali opportunità formative e lavorative.

La prima conseguenza consisterebbe nel riconoscere che fare orientamento non è facile, non ci si può improvvisare. È necessario puntare su figure professionali specificatamente formate, che possano operare con competenza ma anche neutralità rispetto alle esigenze, per quanto legittime, dei singoli atenei.

La seconda è che il cittadino non verrebbe più considerato come «oggetto» da trascinare da un percorso di formazione all’altro secondo logiche a lui non ben chiare. Diventerebbe «soggetto attivo», da rendere competente e da responsabilizzare in merito al proprio percorso di carriera. La discriminante, in questo caso, è tra percorsi che aiutano a sviluppare consapevolezza e non danno informazioni: insegnano quali sono utili, come cercarle e valutarle con spirito critico.


1 Membro della Commissione Orientamento della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università italiane) durante il 2022 e fino a ottobre 2023, e Pro-Rettrice all’Orientamento dell’Università di Milano Bicocca.

2 Coordinatrice del Comitato Esecutivo della Sezione AIP (Associazione Italiana di Psicologia) «Psicologia per le Organizzazioni».

3 Coordinatrice del gruppo di lavoro tematico MeMoS (Metodologie e Modelli per un Orientamento Strategico) dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP).

4 Delegata del Rettore per l’Orientamento e il Counseling, Università del Salento, Lecce.

5 Membri del Comitato del gruppo di lavoro tematico MeMoS (Metodologie e Modelli per un Orientamento Strategico) dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP).

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