© Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2023 — Counseling

Vol. 16, n. 1, febbraio 2023 — pp. 107-110

COUNSELING E PSICOLOGIA POSITIVA

Counseling and positive psychology

a cura di (edited by) Antonella Delle Fave e Annamaria Di Fabio

Lo studio della felicità in psicologia positiva

Passato, presente e futuro

Antonella Delle Fave1

I primi studi: malintesi e assunzioni a priori

Nel corso delle ricerche sugli aspetti positivi del funzionamento psicologico umano, in rapida crescita nel corso delle ultime tre decadi, gli studiosi si sono innanzitutto dedicati alla definizione ed operazionalizzazione di costrutti nuovi nel contesto scientifico, quali benessere soggettivo, benessere psicologico, benessere mentale, salute mentale positiva, eudaimonia, flourishing, buona vita. In buona parte di questi studi ricorre — in modo più o meno implicito, più o meno diretto — un termine apparentemente generico, ma in realtà scarsamente considerato dal punto di vista della ricerca: la felicità. Quasi un’ombra di Banquo, per dirla con Shakespeare.

Come mai un termine così diffuso nel linguaggio comune di alcune lingue, in particolare l’inglese, non è stato per lungo tempo oggetto di studio sistematico da parte della psicologia positiva? E come si concilia questa omissione con il fatto che la rivista scientifica multidisciplinare dedicata per antonomasia allo studio della felicità — il «Journal of Happiness Studies» — è stata fondata oltre due decenni fa, nel 2000? Questa curiosa situazione può essere ricondotta a due diverse ragioni.

La prima ragione è che, tradizionalmente, la felicità è considerata un’emozione, e come tale è stata ampiamente studiata nei decenni tramite scale a diffusione interazionale, quale ad esempio la Positive Affect Negative Affect Schedule (PANAS; Watson et al., 1988). Inoltre, sulla scia degli studi transculturali di Ekman e collaboratori (Ekman & Cordaro, 2011; Ekman & Friesen, 2003), la felicità è tipicamente annoverata tra le sei emozioni di base anche se, per la verità, in questo contesto di ricerca si utilizza il termine «gioia». Possiamo essere così certi che happiness e joy siano sinonimi, sia in inglese che in altre lingue?

La seconda ragione che ha indotto i ricercatori a utilizzare il termine felicità in modo ambiguo e senza approfondimenti deriva dall’equazione «soddisfazione di vita = felicità» che ha permeato decenni di studi su questi temi (Veenhoven, 2012). Eppure la soddisfazione di vita, una tra le dimensioni più chiaramente definite e misurate in psicologia positiva (Diener et al., 1985), non è un’emozione, bensì una valutazione cognitiva che l’individuo effettua sulla propria vita in generale. Essa peraltro è una delle due componenti del benessere soggettivo o edonico, il primo costrutto sviluppato in questo ambito di ricerca (Diener & Chan, 2011; Kahneman et al., 1999) che comprende come seconda componente proprio la felicità, definita e misurata in qualità di emozione.

Da questa mancanza di chiarezza semantica e di costrutto è scaturita una serie di malintesi, anche nella terminologia utilizzata nelle ricerche, che ha portato ad una crescente ambiguità nell’uso del termine inglese happiness, trasformandolo in un’etichetta dal significato impreciso, utile a rappresentare qualsivoglia ricerca, protocollo di intervento, corso di formazione o opera di divulgazione che si occupasse di temi relativi agli aspetti positivi del funzionamento individuale e collettivo, psicologico e sociale.

Alcuni studiosi si sono nettamente discostati da questo approccio sin dalle loro prime ricerche, optando per termini più specifici o evidenziando le problematiche di interpretazione del vocabolo alla luce di diverse tradizioni e concezioni filosofiche (Keyes & Annas, 2009; Ryff, 1989; Waterman, 1993). Tuttavia questa ambiguità persiste tuttora, anche in considerazione del fatto che raramente in ambito scientifico ci si pone il problema della discrepanza di significato dei termini utilizzati nella ricerca rispetto al loro uso nel linguaggio comune, cioè nel mondo reale. Gli studiosi, chiusi nei loro laboratori e dediti alla massiccia raccolta di dati tra studenti di psicologia — quindi già avvezzi alla terminologia tecnica della disciplina — in vista di pubblicazioni su riviste di lingua inglese, tendono a scotomizzare la distanza della realtà quotidiana e delle conversazioni tra persone comuni dall’atmosfera rarefatta e dal linguaggio in codice che utilizzano quotidianamente con colleghi e collaboratori. Inoltre la necessità di pubblicare in lingua inglese porta a trascurare la possibilità che, al di fuori del mondo anglosassone, il termine «felicità» differisca anche in misura sostanziale per quanto concerne etimologia, significato, frequenza d’uso quotidiano e contesti sociali e semantici cui viene associato. Queste questioni sono state solo recentemente sollevate nel contesto della psicologia positiva; esse hanno portato allo sviluppo di studi empirici e transculturali che hanno evidenziato la necessità di approfondire in modo più rigoroso cosa si intenda per felicità.

Bibliografia

Diener, E. & Chan, M. (2011). Happy people live longer: Subjective well-being contributes to health and longevity. Applied Psychology: Health and Well-being, 3, 1-43. https://doi.org/10.1111/j.1758-0854.2010.01045.x

Diener, E., Emmons, R., Larsen, R.J. and Griffin, S. (1985). The satisfaction with life scale. Journal of Personality Assessment, 49, 71-75. https://doi.org/10.1207/s15327752jpa4901_13

Ekman P., & Cordaro D. (2011). What is meant by calling emotions basic. Emotion Review, 2, 364-370. https://doi.org/10.1177/1754073911410740

Ekman P., & Friesen W. V. (2003). Unmasking the face. A guide to recognizing emotions from facial expressions. San Jose, CA, Malor Books.

Kahneman, D., Diener, E., & Schwarz, N. (Eds.) (1999). Well-being: The Foundations of Hedonic Psychology. New York: Russell Sage Foundation.

Keyes, C. L. M., & Annas, J. (2009). Feeling good and functioning well: Distinctive concepts in ancient philosophy and contemporary science. The Journal of Positive Psychology, 4, 197-201. https://doi.org/10.1080/174397609-02844228

Ryff, C. D. (1989). Happiness is everything, or is it? Explorations on the meaning of psychological well-being. Journal of Personality and Social Psychology, 57, 1069-1081. https://doi.org/10.1037/0022-3514.57.6.1069

Veenhoven, R. (2012). Happiness, also known as «life satisfaction» and «subjective well-being». In K. C. Land, A. C. Michalos & M. J. Sirgy (Eds.), Handbook of social indicators and quality of life research (pp. 63-77). Berlin-London: Springer.

Waterman, A. S. (1993). Two conceptions of happiness: Contrasts of personal expressiveness (eudaimonia) and hedonic enjoyment. Journal of Personality and Social Psychology, 64, 271-360. https://doi.org/10.1037/0022-3514.64.4.678

Watson, D., Clark, L. A., & Tellegen, A. (1988). Development and validation of brief measures of positive and negative affect: The PANAS scale. Journal of Personality and Social Psychology, 54, 1063-1070. https://doi.org/10.1037/0022-3514.54.6.1063


1 Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti, Università degli Studi di Milano.

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