© Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2023 — Counseling

Vol. 16, n. 1, febbraio 2023

STUDI E RICERCHE

Fit the lockdown

Il ruolo protettivo del fit accademico in studenti universitari italiani

Chiara Ghislieri1, Domenico Sanseverino1, Valentina Dolce2,Emanuela Ingusci3,Amelia Manuti4, Paola Spagnoli5 e Tindara Addabbo6

Sommario

La preoccupazione per il benessere psicofisico della popolazione universitaria è sempre più al centro dell’attenzione degli Atenei, anche in virtù degli ultimi due anni di Pandemia che hanno esacerbato una situazione pregressa di malessere. Il presente studio si è, dunque, posto l’obiettivo di studiare alcune richieste e risorse contestuali e personali in relazione con l’engagement e l’esaurimento emotivo degli/delle studenti/studentesse. Lo studio ha coinvolto 10.212 studenti e studentesse provenienti da 11 Atenei italiani, di cui il 59% frequentante un corso triennale; i partecipanti hanno completato un questionario online durante il secondo lockdown. I risultati hanno mostrato che il carico di studio e la dipendenza a internet sono positivamente associati all’esaurimento e negativamente all’engagement; invece, il fit accademico è associato negativamente all’esaurimento e positivamente all’engagement. I dati sembrano suggerire che il profilo di studente più ingaggiato e meno soggetto all’esaurimento ha: un’età più avanzata, livelli più bassi di carico e dipendenza da internet e un fit accademico più elevato. I risultati confermano l’importanza di misure e politiche efficaci: implementando i servizi di cura e prevenzione, gli spazi di supporto, i centri di counseling, investendo sugli interventi di orientamento, e di formazione rivolti sia agli/alle studenti/studentesse che ai/alle docenti.

Parole chiave

Fit accademico, engagement, esaurimento emotivo, Pandemia, Università.

STUDIES AND RESEARCHES

Fit the Lockdown

The Protective Role of Academic Fit in Italian University Students

Chiara Ghislieri7, Domenico Sanseverino1, Valentina Dolce8,Emanuela Ingusci9,Amelia Manuti10, Paola Spagnoli11 and Tindara Addabbo12

Abstract

Concern for the psycho-physical well-being of university students is increasingly the focus of attention in universities, not least because of the last two years of the pandemic, which exacerbated a previous situation of malaise. Therefore, the present study set out to investigate the relationship between certain contextual and personal demands and resources, and students’ engagement and emotional exhaustion. The study involved 10,212 students from 11 Italian universities, 59% of whom were attending a three-year course; participants completed an online questionnaire during the second lockdown. The results showed that workload and internet addiction are positively associated with exhaustion and negatively with engagement; in contrast, academic fit is negatively associated with exhaustion and positively with engagement. The data seem to suggest that the profile of the most engaged student who is least at risk of emotional exhaustion has: an older age, lower levels of workload and internet addiction, and higher academic fit. The results confirm the importance of effective measures and policies: implementing treatment and prevention services, support spaces, counselling centres, investing in guidance interventions, and training for both students and teachers.

Keywords

Academic fit, Engagement, Emotional exhaustion, Pandemic, Higher Education.

Introduzione

Nell’anno accademico 2020/2021, le persone iscritte negli Atenei Italiani erano 1.793.210: sebbene l’Italia sia tra i Paesi con meno giovani che proseguono gli studi, in Europa, si tratta di un numero elevato di persone che hanno condiviso, con differenze di percorso e di contesto, la medesima esperienza dello studio universitario durante una Pandemia.

La popolazione /degli/delle studenti/studentesse universitari/e è stata spesso considerata un target privilegiato per età e condizione di vita (Higher Learning Advocates, 2018; Lederer & Oswalt, 2017; Lipson et al., 2019): nel corso degli ultimi anni è però cresciuta l’attenzione per il benessere (o il mancato benessere) psicofisico della popolazione accademica, sia per una generale maggiore attenzione a questo tema (e alla più ampia questione dei servizi per gli studenti), sia perché la popolazione stessa è cambiata.

Il contesto globale e le trasformazioni del mercato del lavoro, in una condizione di precarietà diffusa, hanno accresciuto i vissuti di insicurezza anche in chi affronta un percorso accademico (Musumeci & Ghislieri, 2020): a fronte di un mercato del lavoro debole che spesso non consente di valorizzare i titoli di studio elevati, le richieste in termini di riuscita accademica sono forti, in termini di tempo di conseguimento del titolo, voti ottenuti, attività integrative per sviluppare le soft skills. Sempre più, quindi, emerge l’immagine di un contesto che pone elevate sfide ai giovani (Capone et al., 2020), con segnali di iniquità e ingiustizia.

Accanto alle indagini sistematiche sul benessere della popolazione universitaria, un episodio ha sollecitato opinione pubblica e istituzioni: nell’estate del 2021, in occasione della consegna dei diplomi, tre studentesse della Scuola Normale di Pisa, uno dei più prestigiosi istituti italiani, hanno fatto un discorso intenso e forte a proposito della grande opportunità offerta dal sistema scolastico ma, al contempo, dalle forti criticità presentate da un sistema neoliberale, che estremizza la dimensione competitiva, marca le differenze ed esaspera le disuguaglianze, producendo conseguenze negative sulla salute psicologica di chi studia.

Questi segnali hanno portato più studi a interrogarsi sui vissuti della popolazione universitaria, in particolare durante la Pandemia (Schröpfer et al., 2021). La Pandemia e le misure di contenimento sembrano aver esacerbato una situazione pregressa, introducendo nuovi elementi nelle dinamiche di studio: la riduzione quando non l’annullamento delle interazioni sociali in presenza; l’avvio massivo, senza precedenti, della didattica da remoto, in una condizione di basse competenze digitali da parte del personale docente e della componente studente; la necessità di utilizzare le tecnologie informatiche per ogni aspetto della vita, a volte con dispositivi non adeguati, in spazi non adeguati (Amerio et al., 2020), senza poter ricorrere alle risorse dei campus, in massima parte chiusi o comunque limitatamente accessibili (Lederer et al., 2021).

Questa condizione di forte cambiamento ha portato molti Atenei, accanto ad altre misure, ad avviare, potenziare e, in ogni caso, a rendere accessibili da remoto i servizi di supporto psicologico rivolti alla popolazione studentesca, come misura per far fronte alle crescenti richieste di aiuto rispetto a un drastico peggioramento del benessere, richieste arrivate attraverso il personale docente, gli sportelli dei servizi, gli organi presenti nei diversi Atenei per raccogliere i bisogni di questa popolazione.

All’interno di un più ampio disegno di ricerca della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università Italiane, questo studio mette a fuoco il ruolo del fit accademico — inteso come la percezione di compatibilità tra le proprie caratteristiche e quelle previste/richieste dal percorso formativo frequentato (Schmitt et al., 2008) — nelle dinamiche di malessere e benessere di chi studia.

Questo obiettivo di ricerca generale è stato affrontato attraverso uno studio che si colloca nel job demands and resources model (JD-R model; Bakker & Demerouti, 2007), utilizzato anche in altre ricerche per comprendere le dinamiche di benessere negli/nelle studenti/studentesse universitari/e (Naylor, 2022; Salmela-Aro & Read, 2017; Schaufeli et al., 2002).

Il contributo presentato ha un obiettivo conoscitivo e applicativo poiché si inserisce in un più ampio progetto di raccolta dati mirata a individuare politiche e misure, nelle Università, per migliorare la qualità della vita (Guidetti et al., 2022). A differenza di altri studi (Lipson et al., 2019; Son et al., 2022), non ci interroghiamo qui sulla presenza di disturbi psichici nella popolazione degli/delle studenti/studentesse universitari/e ma su dimensioni che concorrono alla qualità della vita o alla sua assenza.

Studiare in accademia durante la Pandemia

Durante la Pandemia è cresciuta la preoccupazione per il benessere e la salute mentale degli studenti/studentesse universitari/e (Alyoubi et al., 2021; Capone et al., 2020; Gavurova et al., 2022; Schröpfer et al., 2021), in considerazione del radicale e improvviso cambiamento nelle abitudini di vita. Diversi studi hanno osservato un aumento dei livelli di ansia e depressione tra gli/le studenti/studentesse universitari/e (Lyons et al., 2020; Kreménková, Novotný & Kvintová, 2021; Wang et al., 2022) e del rischio per futuri problemi psicologici (Lederer et al., 2021). Altri, pur non evidenziando indicatori problematici di malessere, hanno evidenziato il ruolo di alcune risorse personali nel mantenimento di un adeguato benessere (Capone et al., 2020).

Attraverso uno studio internazionale in 62 Paesi, Aristovnik e colleghi (2020) hanno evidenziato preoccupazione e noia, da parte degli/delle studenti/studentesse universitari, durante il primo lockdown, oltre a criticità legate alle basse competenze digitali e alla percezione di un carico di studio più elevato.

Accanto alla richiesta di supporto psicologico, arrivata dalla popolazione universitaria, diversi studi hanno evidenziato importanti fattori di rischio: cambiamento della routine giornaliera, isolamento sociale, eccesso d’uso delle tecnologie, mancanza di competenze digitali adeguate per un apprendimento efficace nella didattica da remoto, possibile peggioramento del rendimento di studio, preoccupazioni economiche, alterazioni degli sleeping patterns (Gavurova et al., 2022; Giusti et al., 2021; Salimi et al., 2021).

Alcune dimensioni connesse con il peggioramento della riuscita negli studi (ad esempio il ritardo nel conseguimento del titolo di studio; Aucejoa et al., 2020) sono state considerate sia esiti dei vissuti di stress, sia cause di ulteriore stress. La diseguale distribuzione della tecnologia e i problemi, soprattutto iniziali, nelle connessioni alla rete, accanto alla chiusura degli spazi accademici, hanno rappresentato per molti un ulteriore problema. Nei casi in cui gli Atenei hanno lasciato aperti campus e residenze per studenti in condizioni di bisogno, questi sono rimasti per lo più isolati e con pochi servizi. Ampio inoltre è stato il dibattito su qualità ed effetti della didattica da remoto (Balestra et al., 2021; Ghigi & Piras, 2021; Goglio, 2022), un aspetto di cui non ci occuperemo in questa sede.

Le dimensioni psicologiche e, in particolare, le risorse personali, sono state analizzate come fattori importanti di protezione nel far fronte alla Pandemia e alle drastiche misure di contenimento. Accanto all’autoefficacia (Capone et al., 2020), gli studi hanno evidenziato il ruolo del senso di responsabilità e del senso di appartenenza (Procentese et al., 2020), un elemento, quest’ultimo, che si pone al confine tra risorse personali e organizzative, essendo alimentato da politiche accademiche di sostegno e attenzione. Vanno in questa direzione, ad esempio, le azioni di supporto al benessere e, in specifico, gli spazi d’ascolto o i percorsi di counseling. Va notato però come, già prima della Pandemia, la richiesta di risorse a sostegno del benessere nei campus era più alta delle risorse disponibili (LeViness et al., 2019; Lederer et al., 2021): con la Pandemia l’insufficienza di questi servizi è risultata ancora più tangibile, mettendo a rischio il futuro benessere degli/delle studenti/studentesse e la continuità nel percorso di studio.

Sempre in tema di risorse, diversi studi hanno evidenziato il ruolo del supporto sociale, con riferimento soprattutto alla dimensione amicale, e l’efficace integrazione rispetto alla vita accademica e nella continuità di studio, soprattutto nei primi anni di studio universitario (Wilcox et al., 2005) ma anche nella relazione con l’adattamento e la riduzione dello stress accademico (Wilks & Spivey, 2010). Nonostante l’isolamento, anche durante la Pandemia il supporto sociale sembra aver avuto un ruolo: uno studio di Al-Maskari et al. (2022) ha evidenziato il ruolo del supporto istituzionale offerto dall’Università e del supporto ricevuto a livello di corso di studio. La mancanza di supporto sociale e l’isolamento sono risultati associati a livelli più elevati di stress psicologico (Schröpfer et al., 2021).

Alcuni studi, durante la Pandemia, hanno inoltre evidenziato alcune differenze legate al genere (Sànchez-Teruel et al., 2021), alla provenienza, alla condizione socioeconomica. Rispetto al genere, Ding et al. (2020), ad esempio, hanno osservato che le studentesse avevano una percezione del rischio di contrarre il Covid-19 più elevata; Alsaady et al. (2020) hanno osservato livelli più alti di ansia da esame nella componente femminile. Questi dati, accanto ad alcune considerazioni emerse dall’ampio lavoro di Aristovnik et al. (2020), suggeriscono di considerare con particolare attenzione le differenze di genere (Sànchez-Teruel et al., 2021).

Esaurimento ed engagement nella popolazione universitaria, tra richieste e risorse

Questo studio si colloca nella cornice del job demands and resources model (JD-R model; Bakker & Demerouti, 2007), utilizzato anche in altre ricerche per comprendere le dinamiche di benessere negli studenti universitari (Naylor, 2022; Salmela-Aro & Read, 2017; Salmela-Aro & Read, 2017; Schaufeli et al., 2002). Il modello si propone di spiegare le dinamiche che generano malessere (nella forma del burnout, di cui l’esaurimento emotivo è componente centrale) e benessere (nella declinazione dell’engagement): le richieste e le risorse, contestuali e personali, sono elementi fondamentali nel processo di degradazione della salute psicologica e nel processo motivazionale.

Le richieste possono essere definite come aspetti fisici, psicologici, sociali o organizzativi di un impegno di lavoro o di studio che richiedono un elevato sforzo o un importante investimento di abilità fisiche o psicologiche (cognitive e/o emotive), con costi fisiologici e/o psicologici (Bakker & Demerouti, 2007). Le risorse si riferiscono a «quegli aspetti fisici, psicologici, sociali o organizzativi del lavoro che (1) riducono le richieste lavorative e i costi fisiologici e psicologici associati; (2) sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi lavorativi; (3) stimolano la crescita personale, l’apprendimento e lo sviluppo» (Schaufeli & Bakker, 2004, p. 296).

Tra i diversi studi che hanno applicato il JD-R model per la popolazione studentesca, Naylor (2022) ha realizzato uno studio durante la Pandemia, utilizzando questo modello, accanto alla Self-determination theory (Deci & Ryan, 1985), per analizzare il distress psicologico degli studenti universitari, evidenziando l’importanza delle dinamiche motivazionali e il ruolo di politiche che fondate su dati analitici, che tengano conto di diversi aspetti della condizione di studente.

Nella presente ricerca, le richieste considerate sono il carico di studio e la dipendenza da internet, una richiesta contestuale-personale particolarmente saliente durante la Pandemia; il fit è stato considerato una risorsa.

Il carico di studio comprende le richieste relative allo studio, quali preparare delle presentazioni, consegnare dei lavori assegnati o semplicemente studiare per un esame. Sebbene il carico di studio non sia perfettamente sovrapponibile al concetto di carico di lavoro, si possono comunque tracciare dei parallelismi tra contesto accademico e lavorativo; infatti, le due variabili hanno effetti simili su burnout ed engagement; in particolare, una delle dimensioni del burnout studentesco viene definita come esaurimento dovuto alle richieste di studio (Schaufeli et al., 2002). Le richieste accademiche sono da tempo considerate uno dei fattori di stress più comuni nella vita universitaria (Akgun & Ciarrocchi, 2003). Uno studio recente che ha coinvolto 28 Paesi (Tasso, Sahin & San Roman, 2021) ha individuato come l’aumento di carico accademico sia una forte fonte di frustrazione, positivamente collegata a un peggioramento della salute psicologica; uno studio cinese ha invece individuato come il carico di lavoro accademico sia positivamente correlato a maggiori livelli di stress e minori di salute psicologica e fisica (Yang et al., 2021).

L’internet addiction ha ricevuto attenzione da diversi studiosi, evidenziando una forte prevalenza nei giovani adulti negli ultimi anni (Lozano-Blasco et al., 2022). Definita per la prima volta da Young nel 1998, questa dipendenza è caratterizzata dalla mancanza di controllo nell’utilizzo di internet, ovvero un uso eccessivo e compulsivo, in grado di impattare sulla vita personale (Poon, 2018). Nella popolazione studentesca è stata riscontrata la relazione tra dipendenza da internet e stress, ansia e depressione, tanto prima della Pandemia (Younes et al., 2016) che durante (Gavurova et al., 2020); inoltre, la dipendenza da internet è correlata al burnout accademico (Zhu et al., 2022). Nel contesto emergenziale, l’utilizzo della tecnologia e l’accesso a internet sono stati fondamentali per le attività di studio, per mantenere i contatti con altre persone, e per tutta una serie di attività ricreative (Gavurova et al., 2020); tutti e tre gli aspetti potrebbero aver incrementato il rischio di dipendenza da internet. Da un lato, l’aumentato carico di studio mediato da tecnologie può aver portato a un uso eccessivo di internet; dall’altro, di fronte a una situazione di forte stress e insicurezza l’utilizzo di internet per attività ricreative potrebbe essersi configurato come una strategia di evasione o regolazione dell’umore maladattiva (Widyanto & McMurray, 2004), caratterizzata dall’uso di internet per lunghi periodi di tempo, sottraendo tempo ad altre attività, tra cui quelle accademiche. In accordo alla letteratura, ipotizziamo che la dipendenza da internet abbia una relazione positiva con l’esaurimento emotivo e una negativa con l’engagement.

La risorsa presa in esame in questo studio è il fit accademico: come anticipato esso viene qui inteso come la percezione di una sostanziale compatibilità tra le proprie caratteristiche e quelle previste/richieste dal percorso accademico scelto (Schmitt et al., 2008). Il fit accademico è esito di un processo di scelta efficace che spesso le persone mettono spontaneamente in atto, utilizzando le proprie risorse orientative, quelle che Sultana (2012, 2013) definisce career management skills, intese come set di competenze fondamentali utili a esplorare, comprendere e gestire lo sviluppo della propria carriera, assieme alle opportunità di orientamento informativo offerte. In altri casi, quelli in cui la transizione risulta più difficile per la persona, esso può essere supportato da specifici programmi di orientamento universitario in ingresso a carattere informativo, formativo ma soprattutto consulenziale (Di Fabio & Venceslai, 2020; Manuti et al., 2022).

La relazione tra richieste, risorse ed esiti, come noto, è complessa, prevedendo ad esempio effetti di moderazione delle risorse sulla relazione tra richieste ed esiti. In questo studio ci concentriamo sulle relazioni dirette, avendo l’obiettivo più generale di lavorare al riconoscimento di alcuni fattori determinanti e di possibili misure di promozione del benessere.

  • H1 – Le richieste presentano una relazione positiva con l’esaurimento emotivo.
    • H1a il carico di studio presenta una relazione positiva con l’esaurimento emotivo.
    • H1b la dipendenza da internet presenta una relazione positiva con l’esaurimento emotivo.
  • H2 – Le richieste presentano una relazione negativa con l’engagement.
    • H2a il carico di studio presenta una relazione negativa con l’engagement.
    • H2b la dipendenza da internet presenta una relazione negativa con l’engagement.
  • H3 – Il fit accademico, in quanto risorsa, presenta una relazione negativa con l’esaurimento emotivo.
  • H4 – Il fit accademico, in quanto risorsa, presenta una relazione positiva con l’engagement.

Metodo

Partecipanti

Hanno partecipato allo studio 10.212 studenti e studentesse provenienti da 11 Atenei italiani (32,2% Nord, 5,8% Centro, 62% Sud e Isole; 57,2% Grande Ateneo, 20,8% Mega Ateneo, 19,9% Medio Ateneo, 2,1% Piccolo Ateneo). La partecipazione allo studio era volontaria. Il 71% dei partecipanti è di genere femminile, l’età media è di 24 anni. La maggior parte di chi ha risposto frequenta un corso di studi triennale (59%); il 42% studia in ambito STEM; il 23% ha una borsa di studio; il 15% è fuori corso; il 42% è fuori sede e quasi il 30% lavora (prevalentemente part-time).

Accanto alle informazioni sociodemografiche, alcuni ulteriori dati consentono di descrivere al meglio le/i partecipanti. Ad esempio, in merito al tema della riuscita (Figura 1), la maggior parte del campione ritiene di essere in ritardo rispetto alle previsioni formulate, in linea con quanto segnalato da studi internazionali. Durante il periodo Pandemico, il 43% ha ritenuto soddisfacente il supporto dei pari mentre il 20% ha ritenuto soddisfacente il supporto da parte del personale docente.

Figura 1

Il percorso accademico tra ipotesi e realtà

La preoccupazione di contrarre il Covid («Quanto ti preoccupa l’eventualità di essere contagiato/a nella vita di tutti i giorni?» 1 = per nulla; 5 = moltissimo) si colloca al di sopra del punto centrale della scala di risposta, con un valore medio di 3.31 (DS = 1.24); le femmine (M = 3.44, DS = 1.21) sono significativamente più preoccupate dei maschi (M = 2.97, DS = 1.25; F = 307.473, p < 0,001).

Strumenti

Engagement ed esaurimento sono stati misurati con 4 item per ogni dimensione, tratti dalla validazione italiana (Balducci et al., 2010) della Utrecht Work Engagement Scale di Demerouti et al. (2010), sostituendo ogni menzione di termini lavorativi con espressioni appropriate al contesto accademico. Gli item erano disposti su una scala di frequenza da 1 (Mai) a 5 (Sempre). Esempi di item erano: «Quando studio di solito mi sento pieno/a d’energia» (Engagement) «Dopo lo studio generalmente mi sento stanco/a e esausto/a» (Esaurimento). L’alpha di Cronbach era di 0.74 per l’engagement e 0.77 per l’esaurimento.

Il carico di studio è stato misurato con 3 item (Bakker et al., 2004), già utilizzati in un altro studio italiano (Guidetti et al., 2022). È stata effettuata la medesima operazione di sostituzione di termini come indicato per esaurimento ed engagement. Gli item erano disposti su una scala di frequenza da 1 (Mai) a 5 (Sempre). Un esempio di item è: «Devo studiare molto». L’alpha di Cronbach era di 0.73.

La dipendenza da internet è stata misurata mediante 6 item tratti dalla validazione italiana (Fioravanti & Casale, 2015) della Young’s internet Addiction Test (IAT; 1998). Gli item erano disposti su una scala di frequenza da 1 (Mai) a 5 (Sempre). Un esempio di item è: «Ti capita di trascurare i tuoi impegni per passare più tempo online?». L’alpha di Cronbach era di 0.76.

Il fit accademico è stato rilevato con un singolo item tratto dalla scala di Academic Fit (Schmitt et al., 2008). È stato chiesto di esprimere il proprio grado di accordo su una scala 1 (Fortemente in disaccordo) a 10 (Fortemente d’accordo) con la seguente affermazione: «Tutto considerato, il corso di laurea che frequento va bene per me».

Procedura

Lo studio rientra in un più ampio progetto di ricerca della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università Italiane che, durante la Pandemia, ha avviato alcune indagini in tema di benessere, in collaborazione con le università aderenti (Ghislieri et al., 2022), rivolte alle diverse componenti della popolazione accademica. L’indagine rivolta alla componente studentesca è stata approvata dal Comitato Bioetico dell’Università degli Studi di Torino (30/4/2021, Prot. N. 266199) e si è svolta durante il secondo lockdown, attraverso la somministrazione di un questionario self-report, a compilazione volontaria, attraverso la piattaforma Limesurvey.

Analisi dei dati

Sono state effettuate analisi descrittive e di correlazione. Sono stati testati due modelli di regressione lineare multipla stepwise, uno con variabile dipendente l’engagement e uno con l’esaurimento. I dati sono stati analizzati con SPSS 27.

Risultati

I risultati delle analisi effettuate consentono innanzitutto di osservare, guardando alle descrittive e alle correlazioni (Tabella 1), livelli medi di esaurimento superiori al punto centrale della scala di risposta e livelli medi di engagement inferiori: non avendo valori normativi di riferimento, questo dato rappresenta un elemento descrittivo debole che però segnala il prevalere di aspetti di malessere su dimensioni motivazionali.

Il ruolo delle variabili sociodemografiche considerate, visibile sia nelle correlazioni che nelle regressioni, sembra suggerire una condizione di vita accademica più positiva per studenti più «grandi», che riportano meno carico, minori livelli di dipendenza da internet e che sembrano essere caratterizzati da maggior fit accademico. L’essere donna si associa invece a maggiore criticità rispetto ai vissuti anche se non emergono differenze di genere in merito al fit accademico.

Le relazioni tra le variabili sono coerenti con il modello teorico adottato: passando dalle correlazioni alle regressioni, possiamo osservare come, al terzo step, il carico di studio e la dipendenza da internet presentino una relazione positiva e significativa con l’esaurimento emotivo (Tabella 2) mentre il fit accademico presenta una relazione negativa con l’esaurimento (Tabella 3), sebbene di debole intensità. Il fit accademico è invece la variabile più fortemente e positivamente legata all’engagement, mentre carico e dipendenza da internet presentano relazioni negative, sempre statisticamente significative.

Tabella 1

Medie, deviazioni standard e correlazioni delle variabili di studio

M

DS

1

2

3

4

5

6

7

1. Esaurimento

3.85

0.94

-

2. Engagement

2.56

0.84

-0.59**

-

3. Età

24.25

6.13

-0.24**

0.17**

-

4. Sesso (1 = F)

0.11**

-0.10**

-0.00

-

5. Carico di studio

4.01

0.82

0.44**

-0.37**

-0.10**

0.08**

-

6. Dipendenza da internet

2.44

0.85

0.35**

-0.31**

-0.13**

-0.02

0.17**

-

7. Fit accademico

7.34

2.22

-0.27**

0.41**

0.06**

0.01

-0.12**

-0.18**

-

Tabella 2

Regressione multipla a blocchi con esaurimento emotivo come variabile dipendente

V. dipendente: Esaurimento

β

t

p

r2

Step 1

116.67

0.000

0.07

Età

-0.24

-25.07

< 0.001

Genere (1 = F)

0 11

11.03

< 0.001

Step 2

34.64

< .001

0,30

Età

-0.17

-19.93

< .001

Genere (1 = F)

0.08

9.65

< .001

Carico di studio

0.37

43.47

.000

Dipendenza da internet

0.27

31.34

< .001

Step 3

41.77

.000

0.33

Età

-0.16

-19.82

<.001

Genere (1=F)

0.08

10.24

<.001

Carico di studio

0.35

42.29

.000

Dipendenza da internet

0.24

28.23

<.001

Fit accademico

-0.18

-22.12

<.001

Tabella 3

Regressione multipla a blocchi con engagement come variabile dipendente

V. dipendente: Engagement

β

t

p

r2

Step 1

59.73

.000

0.04

Età

0.16

16.94

<.001

Genere (1=F)

-0.09

-9.68

<.001

Step 2

77.68

.000

0.21

Età

0.1

11.33

<.001

Genere (1=F)

-0.07

-8.29

<.001

Carico di studio

-0.31

-34.61

<.001

Dipendenza da internet

-0.24

-27.13

<.001

Step 3

52.39

.000

0.32

Età

0.09

11.15

<.001

Genere (1=F)

-0.08

-9.59

<.001

Carico di studio

-0.28

-33.43

<.001

Dipendenza da internet

-0.19

-22.56

<.001

Fit accademico

0.34

40.34

.000

Discussione

Questo studio ha evidenziato alcune richieste e risorse contestuali e personali, e la loro relazione con il benessere degli/delle studenti/studentesse durante l’emergenza COVID-19, offrendo una panoramica ampia su dimensioni che non erano state trattate in modo sistematico prima della Pandemia.

Tutte le ipotesi sono state confermate: entrambe le richieste presentano una relazione positiva con l’esaurimento emotivo (H1), particolarmente il carico di studio, e una negativa con l’engagement (H2); il fit accademico, viceversa, ha una relazione negativa con l’esaurimento, seppur presentando un coefficiente contenuto (H3) e una positiva con l’engagement (H4), risultando invece la variabile più impattante tra quelle considerate.

Come già accennato, emerge un profilo di studente più ingaggiato e meno soggetto all’esaurimento: maschio, di età più avanzata, con livelli inferiori di carico e internet addiction e un fit accademico più elevato. Si può ipotizzare che questi studenti sono forse già inseriti nelle dinamiche universitarie, con una rete sociale già costruita e buone strategie di studio, che peraltro potrebbero coincidere proprio con la costruzione di solide reti accademiche. Tuttavia, queste relazioni sono da approfondire, in quanto non sappiamo se questi studenti hanno avuto la possibilità di affrontare in modo migliore la scelta del percorso universitario prima della pandemia, o se gli studenti più «anziani» hanno semplicemente avuto più tempo per comprendere le richieste del contesto e dare forma al processo di adattamento; o in alternativa, se la loro «anzianità» ha permesso loro di spostare online le reti sociali costruite in presenza in modo più armonico rispetto a coloro che hanno dovuto affrontare la situazione di emergenza con meno esperienza, dovendo costruire tutto il loro sistema di riferimento accademico ex-novo direttamente online e con una minore presenza di risorse e opportunità, negate dal lockdown.

Al netto di questi dubbi appare evidente che «sentirsi al posto giusto» in termini accademici abbia un ruolo positivo nella relazione con l’engagement, e che questa variabile abbia anche un ruolo di protezione nei confronti dell’esaurimento emotivo. Ciò suggerisce una maggiore attenzione nella promozione di azioni orientative in accademia, che vada oltre la mera pratica informativa, configurandosi come un’azione preventiva in tema di benessere che, in particolare, è stato riscontrato il ruolo di mediatore dell’engagement tra strategie di coping e successo accademico (Vizoso et al., 2018).

Le richieste presentano comunque un ruolo fondamentale nell’analisi del benessere: la percezione del carico di studio rimane una richiesta centrale, in particolare per quanto riguarda l’esaurimento, per la quale il fit sembra avere effetti più contenuti; ciò conferma la relazione riscontrata in letteratura tra elevato carico accademico, stress, e dunque un peggioramento della salute fisica e psicologica (Smith, 2019; Tasso et al., 2021; Yang et al., 2021), nonché il suo ruolo nei confronti del burnout accademico (Schaufeli, 2002).Si rendono dunque necessarie delle azioni di monitoraggio e supporto in itinere, prima ancora di giungere agli interventi di sostegno psicologico, i quali rimangono spesso necessari.

La dipendenza da internet merita una considerazione aggiuntiva: se è vero che ci avviamo sempre di più verso un contesto accademico fortemente digitalizzato, è necessario porre un’attenzione particolare alle piattaforme utilizzate, alla modalità e alle tempistiche con cui vengono adoperati gli strumenti tecnologici, evitando di alimentare modelli always online, già pervasivi nel mondo del lavoro (Ghislieri et al., 2022).

Limiti e future direzioni di ricerca

Il limite principale dello studio, come già affermato, è la sua natura cross-sectional, che ci impedisce di tracciare causalità e più in generale di poter fare affermazioni sull’andamento delle variabili di studio o di operare confronti: non esistono, infatti, analisi sistematiche pre-pandemia su queste dimensioni. È necessario anche considerare le differenze legate al tipo e la grandezza dell’Ateneo, nonché la sua collocazione geografica, considerando le grandi differenze territoriali esistenti in Italia: entrambi questi aspetti hanno infatti ripercussioni sulla quantità di risorse a disposizione dei singoli Atenei.

Passando alle misure, è opportuno citare che il fit accademico è stato misurato con un singolo item: ciò potrebbe comportare una copertura del costrutto inadeguata e aver limitato l’attendibilità del punteggio (Kruyen et al. 2013). Considerando che l’item utilizzato proviene da una scala validata (Schmitt et al., 2008), e che la scelta di utilizzarne soltanto uno è stato dettato da ragioni di parsimonia relative alla lunghezza del questionario, le prossime ricerche potranno utilizzare la misura integrale. Inoltre, quasi tutte le altre variabili di studio sono state rilevate mediante scale adattate da contesti lavorativi. Sarebbe altresì necessario includere in studi futuri variabili legate al percorso di vita, alle condizioni personali, alle differenze nel percorso di studi e negli Atenei frequentati.

Sebbene al momento sia presente una sola rilevazione, il campione è decisamente ampio e sarà possibile indagare alcune variabili che in questo primo lavoro non sono state considerate, una delle quali è il supporto sociale, considerando il sotto-campione che ha valutato questo aspetto: alcuni studi, infatti, ne hanno evidenziato il ruolo positivo anche in una situazione di isolamento (Al-Maskari et al., 2022; Schröpfer et al., 2021). Lo studio, inoltre, ha incluso un campo aperto in cui i/le partecipanti potevano esprimere dei commenti liberi: queste risposte potrebbero essere considerate, quando disponibili, degli elementi qualitativi in grado di arricchire la comprensione delle dinamiche sperimentate.

Implicazioni per la pratica

Ricerche come questa presentata consentono di riflettere sui dati raccolti durante la Pandemia per studiare misure adattate al contesto emergenziale, ma non deve essere questo il fine ultimo: anzi, si tratta di occasioni in cui è possibile disegnare e attivare corsi d’azione che possano funzionare da fattori preventivi e protettivi validi in una situazione di relativa «normalità». La repentinità dell’emergenza sanitaria ha infatti reso evidente la scarsità di servizi di cura, ma anche di azioni e strutture preventive e, quando effettivamente presenti, di un’efficace comunicazione tra accademia e studenti/studentesse. Lederer e colleghi (2021) indicano che sarebbe necessario, infatti, comunicare in modo chiaro e informativo con gli/le studenti/studentesse, dando la priorità al potenziamento dei servizi di supporto in una cornice di equità. Gli autori, infatti, notano come molti Atenei abbiano già attivato delle risorse all’interno delle loro strutture, quali centri sanitari, di counseling, dedicati alla promozione della salute; nonché strutture dedicate ai/alle studenti/studentesse appartenenti a popolazioni di minoranza o comunque sottorappresentate. Le università, inoltre, possono influenzare il benessere degli/delle studenti non solo attraverso le pratiche e le politiche adottate, ma anche tramite i valori condivisi da tutta la comunità accademica, creando un senso di appartenenza, e ancora offrendo opportunità alla popolazione studentesca in termini di spazi ed eventi dedicati (Capone et al., 2020).

A tal proposito, gli interventi di orientamento, già citati poco sopra, possono contribuire a diversi livelli alla comprensione delle caratteristiche richieste in un determinato percorso formativo (e poi lavorativo), e soprattutto possono aiutare le persone che esprimono un bisogno su questo fronte ad approfondire la conoscenza di sé (Di Fabio & Bernaud, 2018; Maree & Di Fabio, 2018, Soares et al., 2022).

Sul fronte della formazione del personale docente, è necessario identificare la tipologia e le modalità di tale formazione. Un recente lavoro (Ingusci et al., 2020) ha individuato come la ricerca di sfide accademiche abbia una relazione positiva con il networking, le competenze trasversali, e la performance. Ulteriori ricerche potrebbero indagare come gli/le studenti, in relazione a specifiche aree disciplinari (umanistico-sociale, tecnico-scientifico o economico-giuridico), siano in grado di gestire le sfide derivanti dall’esperienza universitaria, in termini di obiettivi accademici e performance, attraverso un appropriato utilizzo di reti sociali. In alcuni casi, ad esempio in ambito umanistico-sociale, sviluppare reti sociali e competenze di networking è più frequente, mentre in altri ambiti questo sviluppo è più raro e spesso non ne viene riconosciuto il valore formativo. Per tale ragione, sarebbe utile porre la giusta attenzione alla formazione del personale docente e al potenziamento di servizi e progetti per lo sviluppo di competenze trasversali. Un’attenzione particolare va inoltre alla tematica del supporto agli/alle studenti, tenendo ben presente che, per evitare di trasformare impropriamente il personale docente in personale di supporto, la formazione dovrebbe gravitare piuttosto sul riconoscimento del bisogno e sulla conoscenza e modalità di invio ai servizi dedicati. Un’attenzione particolare, inoltre, è da destinare ai gruppi che solitamente non utilizzano tali servizi, o comunque ne fanno un uso marginale (Lipson et al., 2018); più in generale, è necessario tenere presente una serie di differenze socio-demografiche nell’individuazione dei target per gli interventi.

Infine, per quanto riguarda il problema della dipendenza da internet è necessario fare delle considerazioni aggiuntive: considerato che l’utilizzo elevato di forum di discussione, alti livelli di ruminazione e bassi livelli di cura di sé sono tutti antecedenti della dipendenza da internet (McNicol & Thorsteinsson, 2017), uno degli interventi possibili è proprio quello di offrire spazi di supporto e occasioni di potenziamento dell’autoefficacia; la ratio dovrebbe essere sempre quella di fornire uno spazio di riflessione ed esplorazione, non soluzioni e ricette di breve prospettiva.

Su un piano più generale, l’utilizzo della tecnologia in ambito didattico può essere inteso come una risorsa, ma per tale fine sono necessarie competenze specifiche tanto per il corpo docente che per la popolazione studentesca, un aspetto di cui l’accademia non si può disinteressare. È stato evidenziato come la relazione tra e-learning e performance accademica non sia solo mediata dalla preparazione digitale, ma anche dall’engagement accademico, suggerendo quindi che gli ambienti di apprendimento digitali dovrebbero essere progettati proprio per incrementare il livello di coinvolgimento degli/delle studenti (Kim et al., 2019).

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1 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino.

2 Research Group in Social Psychology (GRePS), Institute of Psychology, Lyon 2 University, France.

3 Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università del Salento.

4 Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione, Università degli Studi di Bari Aldo Moro.

5 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.

6 Dipartimento di Economia Marco Biagi, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

7 Department of Psychology, University of Turin.

8 Research Group in Social Psychology (GRePS), Institute of Psychology, Lyon 2 University, France.

9 Department of Human and Social Sciences, University of Salento.

10 Department of Education, Psychology, Communication Sciences, University of Bari Aldo Moro.

11 Department of Psychology, University of Campania Luigi Vanvitelli.

12 Marco Biagi Department of Economics, University of Modena and Reggio Emilia.

Vol. 16, Issue 1, February 2023

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