Studi e ricerche / Studies and Research

La competenza e la pratica professionale del Coach psicologico a vantaggio della performance nei contesti lavorativi: una review

The competence and practice of psychological Coaching for performance in work contexts: a review

Mariarosaria Izzo

Society for Coach Psychology Italy

Nicola Piccinini

Ordine Psicologi del Lazio

Eleonora Saladino

Society for Coach Psychology Italy

Diego Polani

Society for Coach Psychology Italy

Federico Alessio

Dipartimento di Scienze Umane, Università Europea di Roma

Giorgia Bondanini

Dipartimento di Scienze Umane, Università Europea di Roma

Marco Vitiello

Ordine Psicologi del Lazio

Gabriele Giorgi

Dipartimento di Scienze Umane, Università Europea di Roma

 

Sommario

Lo scopo del presente review sistematico è quello di sottolineare le correlazioni e l\'utilità del coaching psicologico nelle performance all’interno dei contesti di lavoro. Per raggiungere tale obiettivo è stata condotta una rassegna della letteratura di riferimento avvalendosi di giudici con un background sia accademico che professionale (coach psicologi). Sono state escluse tutte le ricerche non scientifiche o eccessivamente qualitative e fissati precisi criteri di inclusione. Dal database scientifico Pubmed sono stati analizzati 341 articoli e selezionati 13 rispondenti ai rigorosi criteri prefissati. Le ricerche analizzate confermano il legame tra il coaching psicologico e la performance lavorativa e incoraggiano a proseguire nel cammino intrapreso.

Parole chiave

psicologia del Coaching; coaching Psicologico; coaching Organizzativo; coaching nel posto di lavoro.

 

Abstract

The purpose of this systematic review is to underline the correlations and the usefulness of psychological coaching in performance within work contexts. To achieve this ambition a review of the reference literature was conducted by making use of judges with both an academic and professional background (psychologists coach). All unscientific or excessively qualitative research has been excluded and precise inclusion criteria established. From the Pubmed scientific database 341 articles were analyzed and 13 selected responding to the rigorous criteria set. The analyzed researches confirm the link between psychological coaching and work performance and encourage them to continue on the path undertaken.

Keywords

coaching psychology; psychological coaching; organizational coaching; coaching in workplace.

 

Introduzione

Il coaching ha avuto nel corso della sua storia numerosissime definizioni e ridefinizioni. Il termine «coaching» compare per la prima volta nel 1937 dai lavori di Gorby (Everyone Gets a Share of the Profits). I suoi studi pionieristici sottolineavano, nonostante i limiti metodologici, l’impatto del coaching sulla produzione industriale. Tuttavia, a causa della scarsità di altri studi longitudinali e scientificamente robusti, può essere affermato che la nascita vera e propria di questa disciplina avvenne, in America, solo 30 anni più tardi (Grover & Furnham, 2016). Difatti, nel 1974, Tim Gallwey, psicologo dello sport, sembra sia stato, il primo coach a trasferire la sua competenza dall’ambito sportivo al contesto aziendale (Whitmore, 2002).

In questa rassegna lo studio si focalizza sul coaching psicologico e pertanto saranno tenute fuori dal campo di discussione le forme non psicologiche, cioè non esercitate da psicologi professionisti e non basate su teorie o modelli psicologici. In tal senso, non si farà cenno a situazioni riassunte nell’attività effettuata dal manager in linea con i propri collaboratori, attività che rientra nelle consuete azioni basilari del management (Peterson & Hicks, 1996). Secondo la legge 56/89, che disciplina la professione dello psicologo, si denota che è «caratterizzata dall’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi e le attività di abilitazione, riabilitazione e di sostegno, in ambito psicologico, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali, e alle comunità e comprensiva altresì delle attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito». Il presente lavoro può evidenziare come, di fatto, le attività di coaching siano una parte delle competenze a uso della professione psicologica. Infatti si è notato come siano state elaborate molte presentazioni scientifico-professionali atte a differenziare le diverse scuole e metodologie di coaching psicologico.

All’interno della comunità degli psicologi non tutte le voci sono favorevoli allo sviluppo del coaching. Un dibattito molto recente pubblicato su un bollettino della British Psychological Society in merito alla reale utilità del coaching (Briner, 2012; Ellam-Dyson, 2012) evidenzia questi aspetti, nonostante la società britannica sia stata uno dei contenitori più sensibili e affidabili riguardo al dare uno spazio competente per lo sviluppo del coaching psicologico.

La presente review si confronta proprio sulle competenze professionali del coach psicologo in relazione alla performance lavorativa. Di recente sono state avvalorate delle ricerche inerenti all’utilizzo del coaching come modello di formazione in ambito medico (Deiorio et al., 2016). Il presente studio ha preso in esame, infatti, molti lavori derivanti dal mondo sanitario.

L’uso del coaching all’interno di contesti aziendali, sia esso classificato come business, leadership o executive coaching, è cresciuto sostanzialmente fino a diventare una pratica consolidata in numerose organizzazioni. Esso è dunque utilizzato per migliorare le prestazioni sia del singolo dipendente sia del team (Grover & Furnham, 2016).

La differenza che si è potuta inizialmente notare è proprio l’aspetto fondamentale della figura del coach psicologo, figura diversa dal mentore, come vedremo, e sicuramente da non confondere con la figura del counselor (Grover & Furnham, 2016).

Il lavoro di coaching psicologico è effettuato da un consulente esterno, mentre il mentoring è una metodologia di trasferimento di competenze, professionali e manageriali, svolta attraverso una relazione tra una persona con più esperienza, il mentor, e un allievo, il mentee. Il mentor è, quindi, una figura interna che ha maturato esperienza e competenze da trasmettere ai più giovani, è una guida per i più giovani e apre le porte alla conoscenza di cultura, valori, riti, tecniche, metodologie, reti di relazioni e altri elementi spesso non codificati in documenti, procedure o manuali ma fondamentali per stare in azienda. Lavora in tutte le situazioni in cui una persona è inserita in un contesto nuovo e nelle situazioni in cui è necessaria la trasmissione di competenze non codificate e si vuole facilitare il processo di apprendimento.

Nel coaching, questa fiducia nella possibilità di migliorare se stessi alimenta la costante sfida ad «alzare progressivamente l’asticella», uscire dalla propria comfort zone e, seguendo la metafora sportiva, realizzare nelle sessioni di coaching, come nella preparazione atletica, lo spostamento continuo del traguardo (Berriman, 2007; Stone, 2007).

La necessità di poter risolvere le difficoltà e gli interrogativi della propria vita quotidiana sembra essere una pratica radicata fin dai tempi antichi. Il coaching apre quindi uno spazio all’interno del mercato concorrenziale ed eterogeneo nell’offerta di aiuto agli altri, partendo da tecniche, strumenti e da un campo di applicazione — il campo professionale — su cui fonda e integra le sue specificità. La comparsa e la diffusione del coaching riflettono un insieme di tendenze della società e dei bisogni personali dell’individuo (Angel & Amar, 2008).

I cambiamenti che hanno investito le aziende hanno indebolito la relazione tra dipendente e datore di lavoro rendendo sempre più precario il legame puramente giuridico-contrattuale (Angel & Amar, 2008). Di fronte a tale precarietà lavorativa è essenziale che il dipendente mantenga e sviluppi le sue capacità di adattamento in relazione al cambiamento.

L’attenzione si focalizza così sullo sviluppo personale delle competenze. Tutti questi elementi contribuiscono alla diffusione del coaching in ambito organizzativo.

Da un punto di vista pratico la richiesta di coaching deriva dalla scoperta di un problema di ordine tecnico, personale e relazionale che beneficerebbe dello stimolo efficace rappresentato dalla relazione a due. Inoltre, la pratica del coaching, è fondamentalmente la ricerca di una maggiore coerenza e senso nell’azione. Questa coerenza consente di allineare la propria individualità pur essendo in prima persona erogatore di performance e condividendo una visione strategica dell’organizzazione (Angel & Amar, 2008).

Il collegamento tra Coaching e Performance

Oggigiorno le organizzazioni utilizzano sempre più il business coaching come intervento per migliorare la produttività e le prestazioni del personale (Grover & Furnham, 2016).

L’uso del coaching all’interno di contesti aziendali, sia esso classificato come business, leadership o executive coaching, è cresciuto in modo significativo fino a diventare una pratica consolidata in numerose organizzazioni. Esso è dunque utilizzato per migliorare le prestazioni sia del singolo dipendente sia del team (Grover & Furnham, 2016).

Sebbene il coaching sia diventato un intervento consolidato e popolare ne esiste ancora un limitato utilizzo. Proprio per questo motivo si deduce che la causa di tutto ciò derivi dalle diverse percezioni sull’efficacia di esso; Grover e Furnham (2016) suddividono il coaching in due correnti di pensiero: il primo si basa su un concetto denominato «prove dell’assenza» che dimostrerebbe la scarsità dell’efficacia del coaching stesso. Il secondo filone di pensiero, chiamato «assenza di prove», sostiene invece che non ci siano ancora abbastanza studi che ne dimostrino l’efficacia (Grover & Furnham, 2016).

Di recente sono state avvalorate delle ricerche inerenti all’utilizzo del coaching non solo come modello organizzativo ma anche in ambito sanitario e scolastico (Deiorio et al., 2016).

È stato dimostrato che, grazie all’utilizzo del coaching, sono notevolmente incrementate le performance degli studenti in termini di rendimento accademico, sviluppo delle competenze e avanzamento di carriera. È stato inoltre comprovato che il coaching possa favorire l’autoriflessione e l’autocontrollo (Deiorio et al., 2016).

Può essere dunque affermato che i costrutti del coaching offrono una soluzione migliore rispetto al tutoraggio o alla consulenza per un’istruzione individualizzata dello studente (Deiorio et al., 2016).

Di conseguenza, dopo aver esaminato i dati oggettivi inerenti alle prestazioni studentesche e lavorative, il coach utilizzerà dei metodi volti ad aiutare gli studenti a ottenere e identificare le specifiche modalità necessarie per ottenere il risultato desiderato (Deiorio et al., 2016). Tali metodi includono l’andare a porre domande riflessive per aiutarli a identificare e sviluppare valori personali, preferenze e prospettive uniche. Questi approcci possono stimolare le abilità di apprendimento adattivo per tutto il corso della vita.

Con l’istruzione medica specialistica, ora focalizzata sul raggiungimento dei traguardi, e l’educazione medica universitaria sempre più focalizzata sullo sviluppo delle competenze, il coaching può aiutare gli studenti a riflettere su dove siano focalizzate al momento le loro performance e come poterle migliorare.

Il coaching può, dunque, aiutare a promuovere competenze che consentano agli studenti di diventare più riflessivi nello sviluppo di capacità di automonitoraggio, di apprendimento e di raggiungimento del loro potenziale (Deiorio et al., 2016).

Palamara, Kauffman, Stone, Bazari e Donelan (2015) hanno dimostrato come un adeguato utilizzo del coaching possa abbassare i livelli di burnout, creando invece un ambiente sicuro in cui studenti stagisti possano essere liberi di riflettere sulle loro performance, discutere onestamente del loro sviluppo professionale, identificare e comprendere come ottimizzare i loro punti di forza per superare sfide e fattori di stress (Palamara et al., 2015).

Obiettivi e Metodo

Come evidenziato dalle ricerche scientifiche rilevate nella tabella 2, lo scopo di questa systematic review è andare a sottolineare le correlazioni e l’utilità del business coaching psicologico nella performance negli ambienti di lavoro. Per raggiungere questo obiettivo è stato utilizzato PubMed, un motore di ricerca di ambito sanitario, scelto poiché la professione dello psicologo, in Italia, si colloca nel medesimo campo. Dalle ricerche ottenute sono state poi escluse tutte quelle non valutate come scientifiche e con un approccio troppo qualitativo o clinico piuttosto che quantitativo e organizzativo. L’esclusione è avvenuta attraverso l’utilizzo di una metodologia di cross-validation. Due gruppi di giudici, il primo professionale composto da psicologi e coach professionisti e il secondo composto da accademici e ricercatori, hanno concordato criteri di esclusione e inclusione per poi valutare in parallelo gli articoli.

La ricerca attraverso PubMed ha inizialmente evidenziato un ampio range di ricerche (341 papers) potenzialmente utili al fine della ricerca. Di questi 341 articoli solo 13 rientravano all’interno dei criteri di inclusione ed esclusione (tabella 1) utilizzati dai gruppi di giudici.

3) Giorgi-tab-1b

La tabella sottostante evidenzia i risultati ottenuti dalla review sistematica e dall’analisi incrociata dei giudici sia professional che accademici. Viene riportata una breve sintesi dei principali risultati emersi dalla ricerca e messo in luce l’approccio di coaching utilizzato.

 

Tab. 2 I 13 articoli che soddisfano i criteri di inclusione

3) Giorgi-tab-2a

 

3) Giorgi-tab-2b

 

 3) Giorgi-tab-2c

 

 3) Giorgi-tab-2d

 

Conclusioni

Dai risultati di numerose ricerche (per esempio Grover & Furnham, 2016) è chiaramente emerso come il coaching, in particolare quello scientificamente fondato sulla psicologia, possa essere considerato uno strumento migliorativo in diversi campi di applicazione, dall’ambito sanitario fino a quello aziendale.

Nei diversi articoli è stato dimostrato come il coaching abbia un notevole impatto come strumento di aiuto e sviluppo delle performance lavorative, nella comunicazione, nel rispetto verso l’altro, nel lavoro di squadra e nell’utilizzo del problem solving. In particolare, Grover e Furnham (2016) hanno evidenziato: 1) l’evidente efficacia del coaching a livello individuale e di team con particolare enfasi sul contagio emotivo che conduce alla performance; 2) la caratteristica modalità maieutica che lo differenzia da altri metodi di supporto quali il mentoring, il tutoring e l’advicing. A lungo termine sono stati notati dei progressi anche nella diminuzione di incidenza di burnout (Palamara et al., 2015).

Il coaching, inoltre, può essere considerato un efficace intervento di leadership (Dimas, Lourenço, & Rebelo, 2016; Taylor, 2010); proprio per questo motivo non dovrebbe essere riservato solo ai dirigenti ma a tutti i livelli organizzativi. Esso offre anche vantaggi ai coach stessi e non solo ai coachee poiché genera effetti positivi all’interno di una relazione co-costruita.

La review inoltre mette in luce come esistano diverse e multiforme pratiche di coaching, intimamente psicologiche, che possono essere collegate alla performance: per esempio il modello di Feedback Coaching R2C2 (Sargeant et al., 2015), il programma di coaching basato sul modello PERMA (Seligman, 2011) e il modello di coaching incentrato sulla soluzione (Flannery, 2011).

Lo studio presenta tuttavia dei limiti. Il review ha preso in considerazione soltanto il database Pubmed. La scelta ha circoscritto maggiormente lo studio nell’ambito sanitario, in linea con il recente re-design della professione psicologica in Italia, e può aver pertanto tralasciato alcuni studi rilevanti nel panorama delle scienze manageriali e del management. Inoltre, le ricerche analizzate non sono state svolte nel contesto culturale italiano limitando la generalizzabilità dei risultati per il nostro sistema-paese. In alcuni articoli la descrizione delle competenze psicologiche messe in atto nella pratica di coaching risultavano limitate e i giudici hanno dovuto valutare la bontà della ricerca con elementi a disposizione soltanto sufficienti.

Infine la review non ha utilizzato tools statistici e analisi psicometriche propri degli studi meta-analitici.

In conclusione, in future ricerche c’è la necessità di sottoporre a più robusta validazione l’efficacia delle differenti metodologie e dei numerosi strumenti applicati al fine di identificare un corpus teorico-pratico del coaching più distintivo. A tal fine diviene rilevante la nozione di Coaching Psicologico, che vede il suo naturale ambito di applicazione in quello lavorativo e organizzativo e che si rivolge in via esclusiva alla figura del Coach-Psicologo, in pieno allineamento con le abilità richieste da una professione sanitaria.

Si auspica inoltre che nel futuro possano essere svolte ricerche empiriche in Italia sul rapporto tra coaching psicologico e performance. La figura professionale dello psicologo, così numerosa nel territorio italiano, necessita di framework teorici di riferimento e di impianti metodologici per poter applicare pratiche di coaching evidence based, profittabili e validate nel contesto nazionale.

Ringraziamenti

Si ringraziano i giudici coach Angela De Rosa, Angela di Rienzo, Diego Polani, Eleonora Saladino, Anne Soyes, Diletta Giacchetta e Silvana Dini per il contributo offerto.

Si ringrazia l’Ordine degli Psicologi del Lazio per il sostegno economico alla ricerca

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Autore per la corrispondenza

G. Giorgi. Tel. +39 06665431; Fax +39 06665431. Indirizzo e-mail: E-mail: gabriele.giorgi@unier.it Dipartimento di Scienze Umane, Università Europea di Roma, via degli Aldobrabdeschi, 190, Roma, Italy

 

Note

1 A

DOI: 10.14605/CS1231903
 

© 2017 Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. ISSN 2421-2202. Counseling. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata, se non previa autorizzazione dell'Editore.

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