L’autoefficacia si riferisce alle convinzioni che un individuo possiede di riuscire con le proprie capacità a gestire adeguatamente le situazioni e a padroneggiare le attività in modo da raggiungere i risultati prefissati (Bandura, 1977). Queste convinzioni personali rappresentano un importante fattore in grado di influenzare diversi ambiti d’esperienza, fra i quali quello scolastico e delle scelte hanno ricevuto particolare interesse da parte dei ricercatori (Bandura, Barbaranelli, Caprara, & Pastorelli, 2001; Nota & Soresi, 2000; Zimmerman, 1995).
I giudizi d’efficacia si focalizzano sulle capacità percepite dalla persona di riuscire in attività e domini molto circoscritti, quali potrebbero essere nell’esperienza di uno studente i diversi ambiti dell’insegnamento disciplinare, i compiti da svolgere e anche il contesto in cui le attività sono realizzate. Un allievo, ad esempio, potrebbe credere di potere riuscire meglio nello studio della musica e della matematica, piuttosto che nelle lingue straniere (dominio), esprimendo quindi una diversa fiducia sulle proprie capacità e sui risultati che può raggiungere in questi ambiti; potrebbe giudicarsi più capace di risolvere correttamente le equazioni con una incognita e meno capace rispetto a quelle con due incognite (attività); infine, potrebbe esprimere un più basso senso d’efficacia a esercitarsi sul brano musicale a casa, piuttosto che in presenza dell’insegnante (contesto).
L’autoefficacia è in grado di spiegare diversi aspetti cognitivi e motivazionali legati all’apprendimento, fra i quali l’impatto delle esperienze positive e dei successi, la perseveranza nell’impegno, l’ottimismo e lo sviluppo degli interessi verso specifici ambiti sia culturali, sia professionali. Infatti, coloro che possiedono un alto senso di efficacia personale si impegnano con passione e tenacia anche in compiti difficili, ottengono migliori risultati scolastici e affrontano le difficoltà con minore esitazione rispetto agli studenti con un grado di efficacia più basso (Bandura, 1989). L’autoefficacia riveste un ruolo importante nello sviluppo degli interessi personali e nelle scelte (Lent, Larkin, & Brown, 1989): infatti è più probabile che uno studente, nel selezionare gli ambiti verso i quali indirizzare in futuro il proprio impegno, si orienti verso un settore in cui crede di riuscire con maggiore successo (alta autoefficacia), abbandonando invece ambiti in cui ha maggiori incertezze relative alle proprie capacità (bassa autoefficacia). Ciò che è interessante, infine, è che le misure delle capacità percepite correlano in modo più consistente con gli interessi scolastico-professionali rispetto alle correlazioni tra questi ultimi e le misure oggettive delle capacità degli studenti (Barak, 1981).
Questa ricerca si occupa di un ambito particolare dell’autoefficacia, quella relativa alla riuscita nell’apprendimento della musica. Si tratta di un settore applicativo relativamente nuovo che può essere d’interesse nelle attività di orientamento scolastico. L’offerta formativa delle scuole superiori di primo grado, infatti, propone da anni agli allievi e alle loro famiglie la possibilità di scegliere corsi musicali che integrano quelli tradizionali consentendo ai ragazzi di imparare, spesso in assenza di precedenti esperienze, a suonare uno strumento.
Sloboda (1998) distingue due aspetti fondamentali nell’apprendimento della musica. Il primo, che definisce acculturazione, nasce dalle prime interazioni dei bambini con un ambiente musicale e dall’esposizione, spesso in forma accidentale, ai ritmi e ai suoni tipici di una particolare cultura. Ricordare canzoni, distinguere diversi tipi di musica o riprodurre sequenze e ritmi sono alcune delle abilità di base che si sviluppano grazie al processo di acculturazione e che continuano a modificarsi anche in età adulta. Il secondo aspetto dello sviluppo musicale viene identificato nell’educazione: quest’ultima si sovrappone alle abilità di base e “implica anche che la persona che viene educata compia uno sforzo consapevole con lo scopo specifico di raggiungere obiettivi più elevati” (Sloboda, 1998, pp. 304-305). L’analisi uditiva, l’uso di strumenti o l’esecuzione di un brano musicale sono alcuni di questi obiettivi che sono formalizzati nei corsi musicali. In accordo con Bandura (1989), le esperienze di successo nel raggiungimento degli obiettivi d’apprendimento sono fondamentali nel creare un forte senso di efficacia in quell’attività specifica predicendo anche la tenacia rispetto all’impegno e la decisione di continuare a occuparsene in futuro. Nell’ambito dell’educazione musicale, diverse ricerche avvalorano l’importanza di includere le credenze d’autoefficacia tra le variabili che influenzano la motivazione e lo sviluppo degli interessi degli studenti (Katsochi, 2008).
Non sono tuttavia numerosi in letteratura gli strumenti per misurare l’autoefficacia musicale, soprattutto se riferiti a giovani allievi e all’ambito dell’insegnamento scolastico. Fanno eccezione nel panorama internazionale le ricerche di McCormick e McPherson (2003; McPherson & McCormick, 2006) che sono specifiche per l’ambito musicale, ma indagano il rapporto tra autoefficacia e studio strumentale in giovani musicisti esperti e in contesti privati d’insegnamento. Da questi studi emerge che l’autoefficacia è un fattore altamente correlato alle prestazioni effettive nel corso delle esecuzioni: i musicisti con livelli elevati di autoefficacia affrontano con più padronanza e minori errori le esibizioni (performances) sia in pubblico sia alla presenza del maestro. Inoltre, i diversi livelli di efficacia percepita predicono i risultati degli allievi agli esami e quindi l’avanzamento nei corsi (McPherson & McCormic, 2006).
Le ricerche in ambito scolastico sono, al contrario, molto esigue. Ritchie e Williamon (2011b) hanno studiato l’autoefficacia nell’apprendimento musicale (strumento o canto) in bambini di età scolare i quali ricevevano l’insegnamento privato da parte di un maestro di musica. Gli autori trovano che il più forte predittore dell’autoefficacia risultava la precedente esperienza pratica con lo strumento o con altre attività musicali e che le bambine ottenevano punteggi di autoefficacia significativamente più elevati dei maschi. Queste differenze di genere sono state confermate da altre ricerche che hanno studiato le credenze dei ragazzi di riuscire nei diversi ambiti scolastici: i ragazzi si dichiarano più competenti o credono di potere modificare in futuro le proprie prestazioni nello sport e in matematica, le ragazze nelle materie letterarie e in musica (Freedman-Doan et al., 2000; Ingrassia & Benedetto, 2004).
Bandura (2001) raccomanda che le scale per misurare l’autoefficacia percepita siano dominio-specifiche, cioè “progettate e costruite in funzione di particolari ambiti di funzionamento che costituiscono l’oggetto di interesse” (p. 16). Scopo di questo lavoro è indagare il ruolo delle credenze d’autoefficacia nello studio della musica attraverso una scala appositamente concepita per studenti di scuola secondaria di primo grado e per l’insegnamento strumentale a scuola.
Studio 1
La Scala di Autoefficacia nello Studio della Musica si propone di valutare in che misura i ragazzi, anche senza precedenti esperienze in campo musicale, si sentano in grado di imparare a suonare uno strumento e capaci di svolgere le attività tecniche proposte a scuola. Non avendo reperito in letteratura strumenti specifici, gli item che la compongono sono stati generati intervistando cinque musicisti esperti in didattica della musica e impegnati in attività di insegnamento (scuole o conservatori). Sono stati individuati quei comportamenti che favoriscono l’apprendimento delle abilità strumentali o con cui gli allievi descrivono diversi livelli di successo nella pratica musicale. In linea con le indicazioni metodologiche di Bandura (2001), alla fine sono stati selezionati solo quegli item giudicati come non ambigui, altamente specifici rispetto all’apprendimento musicale e sui quali l’accordo tra gli esperti era completo. Scopo dello studio è stato valutare le caratteristiche psicometriche e l’utilità applicativa di questo nuovo strumento con studenti di primo grado che seguivano a scuola corsi di educazione strumentale.
Partecipanti
La scala è stata proposta a 76 studenti, bilanciati rispetto al genere, che frequentavano la scuola secondaria di primo grado (città di Palermo e Messina). La distribuzione per classi era 25 ragazzi di classe prima (32.90%), 23 di seconda (30.26%) e 28 di terza (36.84%). Gli alunni seguivano corsi di pianoforte (n = 38, pari al 50.00%), violino o tromba (entrambi n = 19, pari al 25.00%).
Strumenti
La Scala di Autoefficacia nello Studio della Musica (ASM) è composta di 14 item con risposte Likert a 5 punti (1 = per nulla capace, 2 = poco capace, 3 = mediamente capace, 4 = abbastanza capace, 5 = del tutto capace). Alcune domande sono riferite ad abilità musicali generali (ad esempio, leggere uno spartito a prima vista, classificare un suono dopo averlo ascoltato), altre a specifiche tecniche di studio musicale (come memorizzare un brano). Il punteggio viene attribuito sommando i valori di ogni singolo item.
La Scala di autoefficacia scolastica percepita di Pastorelli e Picconi (2001), che misura le convinzioni dei ragazzi di riuscire nello studio di alcune materie (matematica, italiano, ecc.) e nell’autoregolazione dell’apprendimento (ad esempio, “Quanto sei capace di concentrarti nello studio senza farti distrarre”), è servita come controllo della validità concorrente. La scala è monofattoriale (19 item; 32.6% varianza spiegata) e prevede risposte da 1 = per nulla capace a 5 = molto capace. L’attendibilità ottenuta dagli autori con studenti di scuola secondaria di I grado è risultata adeguata (alfa = .87). La scala presenta un’adeguata validità di costrutto correlando significativamente (p < .001) con il profitto scolastico (r = .47 per i maschi; r = .54 per le femmine) e con l’adattamento (r = .36 per i maschi; r = .32 per le femmine), quest’ultimo rilevato secondo Caprara e Pastorelli (1993).
Procedura
Dopo avere ottenuto il consenso scritto da parte dei genitori, i questionari sono stati somministrati agli studenti in orario scolastico e in ordine controbilanciato.
Analisi dei dati
Poiché il campione non è risultato numeroso, è stata condotta l’analisi dell’attendibilità e della validità delle misure, riservando a uno studio successivo il controllo della dimensionalità (analisi fattoriale esplorativa) e delle altre caratteristiche psicometriche della scala ASM. Attendibilità e consistenza interna sono state stimate calcolando l’alfa di Cronbach e il coefficiente di correlazione item-totale di scala corretto. La validità concorrente è stata valutata correlando i risultati della ASM con le misure di autoefficacia scolastica generale. Mediante ANOVA univariata, infine, sono state controllate le differenze nei punteggi alla scala ASM in funzione del genere degli studenti e dello strumento musicale studiato.
Risultati
La Tabella 1 riporta le medie (con relative DS) per ciascun item della scala ASM (valori più alti indicano una maggiore efficacia percepita). La coerenza interna è risultata buona (alfa pari a .85) e la correlazione item-totale di scala variava tra .32 e .66 (tutte le p < .01). I punteggi di autoefficacia musicale sono risultati correlati con quelli di autoefficacia scolastica (r = .49, p < .001). L’ANOVA, infine, non ha evidenziato differenze significative nei punteggi totali né tra maschi e femmine [F(1, 75) = 2.07, n.s.], né in funzione dello strumento musicale studiato [F(2, 75) = 1.03, n.s.].
Tabella 1 Statistiche descrittive relative ai singoli item, al punteggio totale di autoefficacia musicale e correlazioni item-totale corretta
Nota. ** p < .01, *** p < .001.
Discussione
I dati preliminari dello studio 1 indicano una buona affidabilità della ASM e la convergenza tra le misure di autoefficacia specifica per l’ambito musicale e quelle per l’apprendimento scolastico in generale. Questi risultati hanno incoraggiato a controllare, in maniera più completa, le caratteristiche psicometriche dello strumento e ad approfondire le relazioni tra autoefficacia musicale e altri costrutti motivazionali.
Studio 2
La ricerca è stata condotta allo scopo di analizzare le relazioni tra autoefficacia musicale e altre variabili che influenzano il successo e la perseveranza nell’apprendimento a scuola, dal momento che gli studi disponibili nel panorama internazionale (ad esempio, McPherson & McCormic, 2006) sono stati condotti quasi esclusivamente con gli studenti impegnati in corsi avanzati (assimilabili a quelli dei nostri Conservatori). In dettaglio, gli obiettivi erano:
indagare le relazioni tra autoefficacia nello studio della musica e altre dimensioni associate al successo e all’orientamento scolastico (emotività, adattamento scolastico e sociale, relazioni familiari);
valutare se le precedenti esperienze dei ragazzi e/o gli interessi musicali in famiglia siano in relazione ai livelli d’autoefficacia percepita;
infine, verificare se le misure di autoefficacia siano predittive delle scelte degli studenti e quindi possano essere utili ai fini dell’orientamento. Quest’ultimo aspetto è stato indagato attraverso un’intervista semi-strutturata volta a conoscere le motivazioni degli allievi e il loro orientamento per il futuro, cioè, l’intenzione di abbandonare lo studio o di proseguire in corsi di perfezionamento o preaccademici (ad esempio, nei Conservatori di musica).
Partecipanti
Sono stati coinvolti 273 studenti (56.41% maschi, 43.59% femmine) frequentanti le classi prime (50.18%), seconde (32.97%) e terze (16.85%) in scuole secondarie di primo grado (città di Reggio Calabria e Messina). L’età media variava da 11.34 anni (DS = 0.36) per le classi prime a 13.28 (DS = 0.71) per le classi terze. Il 32.41 % degli studenti studiava musica prima di iniziare i corsi a scuola (in media da 3 anni; minimo 1 anno, massimo 7 anni). Gli studenti a scuola seguivano corsi di: pianoforte (26.74%), chitarra (25.64%), violino (19.41%), percussioni (12.46%), flauto (8.79%), tromba (3.66%) o clarinetto (3.30%).
Strumenti
La Scala di Autoefficacia nello Studio della Musica (ASM), composta di 14 item, descritta nello Studio 1.
Il test ACESS di Vermigli, Traviaglia, Alcini e Galluccio (2002) per l’Analisi degli indicatori Cognitivo-Emozionali del Successo Scolastico. Il questionario comprende 48 item con risposta Likert a 4 punti (1 = assolutamente falso, 4 = assolutamente vero) che compongono 5 scale delle quali gli autori nel manuale non riportano l’analisi fattoriale. Le scale sono: adattamento scolastico (12 item, ad esempio, “Ottengo sempre buoni risultati grazie al mio impegno costante“; alfa = .85), emotività (11 item, “Mi faccio scoraggiare facilmente dalle avversità scolastiche”; alfa = .77), identità corporea (6 item, “So di essere bello/a”; alfa = .77), adattamento sociale (8 item, “I miei compagni mi ignorano”; alfa = .76), relazioni familiari (11 item, “I miei genitori sono orgogliosi di come vado a scuola”; alfa = .79). La consistenza interna di ciascuna scala (correlazioni item-totale di scala) è risultata significativa (p < .01) e variabile da r = .50 per la scala dell’identità corporea a r = .78 per la scala relativa all’adattamento scolastico. La validità concorrente è risultata adeguata (correlazioni tra il punteggio totale della scala e il rendimento scolastico nelle materie letterarie e scientifiche; rispettivamente r = .58 e r = .49, entrambi p <. 01). La validità discriminante tra gruppi di alunni con profitto scolastico al di sotto vs. al di sopra della sufficienza è risultata significativa (p < .01) per le scale dell’adattamento scolastico, dell’emotività e delle relazioni familiari. Per l’interpretazione dei punteggi, valori bassi (secondo le norme del manuale) indicano problemi legati a un’area specifica.
Una valutazione del rendimento dell’allievo/a nello studio musicale (ultimi tre mesi), espressa dall’insegnante di strumento (1 = non sufficiente, 2 = sufficiente, 3 = buono, 4 = distinto, 5 = ottimo). I giudizi erano forniti in coincidenza della prima e della seconda fase di rilevazione (l’ultima solo per i ragazzi coinvolti nel re-test).
Un’intervista semi-strutturata che indagava: (a) se lo studente studiava musica/suonava prima di iniziare lo studio dello strumento a scuola (se sì, da quanti anni); (b) chi avesse scelto lo strumento musicale; (c) gli interessi musicali in famiglia, mediante due domande: “Possedevate in famiglia uno strumento musicale?” e “Qualcuno in famiglia suona uno strumento per passione o per professione?”. Infine, l’ultima domanda saggiava (d) l’orientamento per il futuro e la propensione a proseguire nello studio dello strumento (“Hai intenzione di continuare gli studi musicali?”).
Procedura
La raccolta dei dati − solo per gli studenti autorizzati dalle famiglie, informate delle finalità della ricerca e del trattamento anonimo dei dati con la sola eccezione del genere del figlio, della classe e del corso musicale − è avvenuta in due fasi. La prima, tre mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico, prevedeva la somministrazione delle scale ASM e ACESS (con l’ordine controbilanciato tra gli studenti). La seconda fase, dopo 5 mesi (conclusione dell’anno scolastico), ha coinvolto un campione ristretto di ragazzi (n = 76) ai quali è stata nuovamente proposta la scala ASM.
Analisi dei dati
I dati ottenuti dalla somministrazione della scala ASM sono stati sottoposti ad analisi fattoriale esplorativa (saturazioni degli item di almeno .40) con rotazione Varimax. La stabilità delle misure è stata controllata correlando i dati della prima somministrazione della scala con quelli di una seconda somministrazione (metodo test-retest). Per valutare la validità concorrente, i punteggi di autoefficacia musicale sono stati correlati con i giudizi di rendimento degli insegnanti e con gli indici di successo e motivazione scolastica (ACESS). Mediante ANOVA sono state stimate le differenze nei punteggi di autoefficacia musicale in funzione delle variabili anagrafiche (genere e classe frequentata) e dello strumento studiato. Infine, sui dati dell’intervista si è proceduto analizzando la frequenza delle risposte degli allievi, con l’obiettivo di avere ulteriori dati circa il legame tra misure dell’autoefficacia musicale, motivazioni allo studio e interessi musicali.
Gli allievi che hanno risposto all’intervista (n = 76) sono stati suddivisi in base ai punteggi alla scala ASM in due gruppi (con bassa e alta autoefficacia). Trattandosi, tuttavia, di dati ottenuti su un campione non numeroso, che non può fornire dati normativi, è stato stimato un punteggio basso/alto di autoefficacia considerando i valori estremi, cioè, punteggi al di sotto (bassa autoefficacia) o al di sopra (alta autoefficacia) di una deviazione standard rispetto alla media generale. Quest’ultima è stata considerata separatamente solo per le classi, perché non erano risultate differenze per il genere e in relazione allo strumento musicale. Per ottenere una prima indicazione circa il valore predittivo della scala, per ciascuno dei due sotto-gruppi (autoefficacia alta vs. bassa) il numero di studenti che ha dichiarato di volere proseguire gli studi musicali è stato confrontato con la proporzione di quelli incerti o tendenti all’abbandono. La significatività delle proporzioni è stata stimata mediante il test chi-quadrato.
Risultati
Proprietà psicometriche della Scala di Autoefficacia nello Studio della Musica (ASM)
La struttura della scala, analizzata mediante l’Analisi Fattoriale Esplorativa (rotazione Varimax), è risultata monofattoriale (varianza spiegata 42.74%; Tabella 2). Il coefficiente alfa di Cronbach è risultato .89, quindi al di sopra del .80 raccomandato come livello di affidabilità nella costruzione di una nuova scala (Clark & Watson, 1995). La stabilità delle misure test-retest è stata r = .82 (p < .01). Le correlazioni tra i punteggi di autoefficacia (ASM) e le valutazioni degli insegnanti di strumento sono risultate significative (p < .01) sia per la prima (r = .55) sia per la seconda rilevazione (r = .46) a conferma che la percezione di riuscita dei ragazzi non è discordante dalle valutazioni degli insegnanti.
Tabella 2 Risultati dell’analisi fattoriale e attendibilità (alfa di Cronbach) relativi alla Scala di Autoefficacia nello Studio della Musica
Statistiche descrittive
La Tabella 3 riporta le medie (con relative DS) della scala ASM distinte per genere e classe. L’ANOVA 2 (genere) x 3 (classi) sul totale di scala non ha evidenziato differenze significative per genere [F(1, 267) = 2.79], mentre sono risultate tali quelle tra classi [F(2, 267) = 7.93, p < .001] con una diminuzione significativa dei livelli d’autoefficacia percepita dalla prima alla terza classe [post-hoc classe prima vs. terza, t(181) = 5.66, p = .001] e nel passaggio dalla seconda e alla terza [t(134) = 5.93, p = .001], mentre tra la classe prima vs. seconda non si osservano differenze significative [t(225) = -.27, n.s.].
Tabella 3 Medie e deviazioni standard della Scala di Autoefficacia nello Studio della Musica (totale di scala) separate per genere e classe
Per quanto riguarda lo strumento studiato (Tabella 4), dall’ANOVA univariata non sono emerse differenze statisticamente significative nel punteggio totale di autoefficacia musicale [F(6, 194) = 1.45, p = 0.2]. Sono stati, infine, confrontati i punteggi tra coloro che non studiavano musica prima di iniziare i corsi a scuola (n = 46; M = 45.65, DS = 9.41) e coloro che già suonavano uno strumento (n = 68; M = 50.10, DS = 8.33). Per questi ultimi i livelli di autoefficacia sono risultati significativamente maggiori (t(113) = 2.59, p = .01); inoltre, gli anni di esperienza musicale, rilevati dall’item (a) dell’intervista, correlano significativamente con il punteggio di autoefficacia totale (r = .26, p = .02).
Tabella 4 Punteggi totali di autoefficacia musicale (M e DS) in funzione dello strumento
Correlazioni con le dimensioni dell’adattamento scolastico (ACESS)
L’autoefficacia nel dominio musicale (ASM) correla positivamente (r = .46, p < .01) con l’indice generale di adattamento (totale ACESS). Rispetto alle singole dimensioni, sono risultate in relazione significativa (tutte le p < .01) con l’autoefficacia nello studio della musica l’emotività (r = .53), le relazioni familiari (r = . 39), l’impegno e la perseveranza negli obiettivi scolastici (r = . 38).
Autoefficacia e orientamento motivazionale
Tra gli studenti che hanno ottenuto alti punteggi di autoefficacia (n = 13), il 46.15% studiava già musica, il 69.24% possedeva uno strumento musicale, il 76.92% aveva un familiare con la passione della musica. Coloro che ottengono bassi punteggi (n = 16), di contro, hanno dichiarato quasi tutti (93.75%) di non avere precedenti esperienze o interessi musicali e che lo strumento era stato scelto dalla scuola (50.00% dei casi), piuttosto che dall’alunno stesso (43.75%) o dai familiari (6.25%) (Tabella 5).
Infine, rispetto all’orientamento a continuare in futuro gli studi musicali, chi possedeva un’alta autoefficacia era deciso a continuare nell’84.60 % dei casi, mentre coloro che avevano bassi punteggi hanno affermato nella metà dei casi di volere interrompere (50.00%) o si sono dichiarati indecisi (12.50%), χ²(2) = 7.01, p < .01.
Tabella 5 Esperienze, interessi musicali e orientamento motivazionale in studenti con bassa vs alta autoefficacia
Nota. p < .01.*** p < .001.
Discussione
La scala di Autoefficacia nello Studio della Musica nelle sue caratteristiche psicometriche è risultata sostanzialmente valida a rilevare le credenze degli studenti di riuscire nell’apprendimento delle tecniche strumentali. Le misure di efficacia percepita sono risultate stabili, con adeguati livelli di affidabilità e coerenti con le valutazioni di rendimento degli insegnanti di strumento. L’autoefficacia nel dominio musicale, inoltre, è risultata correlata alle convinzioni di riuscita nell’apprendimento scolastico in generale e sembra essere un buon indicatore dell’orientamento degli allievi per il futuro: confrontando, infatti, il livello di indecisione ovvero l’intenzione a proseguire gli studi, più della metà gli studenti che ottengono bassi punteggi di autoefficacia musicale dichiara di volere abbandonare o di essere incerto, mentre chi possiede livelli alti nella maggioranza dei casi è intenzionato a proseguire lo studio strumentale dopo la scuola (ad esempio, presso i Conservatori di musica).
Tra i fattori che sembrano incidere sulla percezione d’efficacia dei ragazzi, gli interessi musicali in famiglia e la precedente esperienza di pratica con lo strumento sono risultati quelli di maggiore influenza. Questo dato è in linea con le idee di Bandura (1977) che considera l’esposizione a modelli (modeling), la storia personale e, in particolare, i successi sperimentati dalla persona occasioni per alimentare le aspettative positive di riuscita e l’interesse per quell’ambito particolare. Queste fonti contribuiscono in modo determinante allo sviluppo dell’autoefficacia nelle prestazioni (performances) musicali (Zelenak, 2010). I risultati di questo studio sono in linea anche con quelli di Ritchie e Williamon (2011b) che hanno trovato che il più forte predittore dell’autoefficacia nell’apprendimento musicale in bambini di scuola primaria era l’avere partecipato in precedenza ad attività extracurriculari di tipo musicale.
Un fattore che è risultato debolmente in relazione con l’autoefficacia musicale è la qualità delle relazioni familiari (misurata con l’ACESS), a differenza degli interessi musicali presenti in famiglia che invece sembrano differenziare – se pure limitatamente a questo campione – gli studenti con bassa/alta fiducia nell’apprendimento delle tecniche strumentali. Questo dato è coerente con i risultati di altri studi che hanno indagato il ruolo delle caratteristiche familiari nello sviluppo delle aspirazioni e degli interessi dei figli. Hargrove, Creagh e Burgess (2002), fra gli altri, hanno trovato che il funzionamento familiare (coesione, qualità della comunicazione, ecc.) è scarsamente legato all’autoefficacia nelle scelte che, invece, è predetta dall’orientamento intellettuale e culturale della famiglia. Secondo McPherson (2009) le aspirazioni e le caratteristiche socioculturali delle famiglie modellano il loro stile di interazione con i figli, favorendo in questi ultimi attraverso il rinforzo, la persuasione e il sostegno il loro senso di competenza e le aspettative di riuscita nell’educazione musicale.
Conclusioni
Riguardo al potenziale utilizzo di questa scala, si può concludere che è uno strumento breve e di facile compilazione che può risultare utile per il counseling e l’orientamento scolastico. Nel corso dell’attività scolastica, ad esempio, la scala potrebbe essere utilizzata anche dai maestri di strumento, già alla fine del primo anno, per selezionare quegli allievi che richiedono un potenziamento e maggiore aiuto nelle strategie di studio della tecnica strumentale. McPherson e Renwick (2001) hanno messo in evidenza che le strategie di autoregolazione nello studio musicale non sono automatiche, ma differenziano gli allievi per livelli di competenza ed esperienza: ad esempio, i bambini esordienti o con meno di tre anni di studio dello strumento mettono in atto strategie molto semplici (come ripetere il brano 1-2 volte), ignorando gli errori di esecuzione, a differenza degli allievi più esperti che, invece, sono in grado di monitorare i progressi dell’apprendimento e di adoperare strategie efficaci (ad esempio, mi fermo e penso quale parte del brano devo perfezionare, sottolineo la parte su cui esercitarmi ecc.).
Per quanto riguarda i limiti di questo studio, è necessario che i risultati ottenuti con la scala ASM siano replicati su altri campioni in modo da verificarne mediante un’analisi fattoriale confermativa la struttura monofattoriale. L’applicazione della scala su campioni più estesi consentirebbe anche di tenere conto, in maniera più completa, delle differenze che potrebbero esserci in funzione dello strumento musicale scelto dai ragazzi. In questa ricerca, pur essendo presenti in modo eterogeneo diversi corsi di strumento, alcune classi strumentali (come flauto e clarinetto) sono risultate numericamente esigue, mentre altre più rappresentate, come pianoforte e chitarra. Dai dati di questa ricerca non sembra che le caratteristiche tecniche dei vari strumenti influenzino i livelli percepiti di autoefficacia che i ragazzi sviluppano.
Studi futuri potrebbero soffermarsi, in maniera longitudinale, sul ruolo predittivo di queste misure di autoefficacia, prendendo in considerazione gli sviluppi degli studi musicali e la loro prosecuzione in corsi avanzati o per sbocchi professionali in funzione anche delle caratteristiche degli strumenti. Inoltre la numerosità del campione di questa ricerca, per quanto sufficiente per un primo studio di validazione, è geograficamente limitata (scuole di tre città del sud dell’Italia) e pertanto non può essere considerata adeguata a fornire norme per l’interpretazione dei punteggi (percentili) e dei livelli di autoefficacia. Questo strumento, infine, per le sue caratteristiche dominio-specifiche non risulta adatto per tutti i campi dello studio della musica, per esempio i corsi avanzati di studio strumentale dei Conservatori o per le attività dei musicisti esperti. A questi livelli, infatti, entrano in gioco altri domini dell’autoefficacia, quale quella nella performance musicale (Ekinci, 2013; Ritchie & Williamon, 2011a) e abilità quali l’autocontrollo in pubblico, la concentrazione, la gestione dell’ansia ecc. che questa scala non consente di misurare.
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