Vol. 18, n. 2, giugno 2025

STUDI E RICERCHE

Catastrofi naturali e reazioni psicologiche delle vittime. Uno studio qualitativo sull’alluvione della Romagna e il terremoto di Accumoli-Amatrice-Arquata

Luna Celani e Manuela Zambianchi1

Sommario

Lo studio ha indagato le reazioni psicologiche a seguito di due eventi catastrofici naturali: il terremoto di Accumoli-Amatrice-Arquata e l’alluvione della Romagna. Prendendo come principali riferimenti teorici il Modello Sistemico sul trauma psichico, la Teoria delle Assunzioni Infrante sul Mondo, la Prospettiva Temporale, la Crescita Psicologica post-traumatica, attraverso una metodologia qualitativa sono state intervistate 13 persone, 7 per l’alluvione e 6 per il terremoto. Dai risultati è emerso che le persone intervistate hanno mostrato una buona capacità di narrazione coerente dell’evento che le ha colpite; tutti gli intervistati hanno affermato che l’evento ha provocato in loro una partizione temporale tra il prima evento critico e dopo evento critico, sulla quale hanno ridefinito la biografia. Rilevante, ai fini di una elaborazione positiva dell’evento traumatico, è stato il poter disporre di un supporto sociale, che ha prodotto in alcuni una crescita psicologica post-traumatica. Le persone anziane hanno dimostrato una notevole resilienza, mentre la perdita di oggetti domestici, come foto, libri e altro materiale simbolico, ha impresso nel vissuto di tutti una forte sofferenza psichica. Alcune differenze sulle reazioni sono emerse in base alla specificità dei due eventi catastrofici. In conclusione, un approccio psicoterapeutico e di counseling centrato sulle tematiche emerse può contribuire a migliorare la qualità della vita delle vittime e favorire una visione più costruttiva del futuro.

Parole chiave

Trauma, Terremoto, Alluvione, Elaborazione Cognitivo-emozionale, Temporalità, Resilienza, Supporto sociale, Interviste.

INSTRUMENTS AND RESEARCHES

Natural Disasters and Psychological Reactions of Victims. A Qualitative Study on the Romagna Flood and the Accumoli-Amatrice-Arquata Earthquake

Luna Celani and Manuela Zambianchi2

Abstract

The study investigated the psychological reactions following two natural catastrophic events, namely the Accumoli-Amatrice-Arquata earthquake and the Romagna flood. Taking as main theoretical references the Systemic Model of psychological trauma, the Shattered Assumption of World Theory, the Time Perspective, the Post-traumatic Growth, through a qualitative method, 13 subjects have been interviewed, 7 for the flood and 6 for the earthquake. Results. People show a good ability in narrating in a coherent manner the event; all the interviewed affirmed that it has provoked a temporal partition between before the event and after the critical event, on which they have redefined their biography. Relevant, for a positive elaboration of the traumatic event, the possibility to have a good social support, that produced in some of them a psychological post-traumatic growth. Old people show a notable resilience, while the loss of domestic objects such as photos, books and other symbolic materials impressed in their inner world an acute sufferance. Some differences based on specificity of the catastrophic event have been observed. Conclusions. A psychotherapeutic and counseling approach centred on the highlighted thematic can contribute to improve the life quality of the victims and favour a more constructive view of the future.

Keywords

Trauma, Earthquake, Flood, Cognitive emotional elaboration, Temporality, Resilience, Social support, Interviews.

Introduzione

Nel 2016 un violento terremoto ha interessato quattro regioni del territorio appenninico dell’Italia centrale — Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio —, colpendo 6 province e 140 comuni, tra cui in particolare 17 che hanno subito danni strutturali gravi. La scossa si è verificata alle ore 3.36 del mattino ed è stata molto potente, di magnitudo 6.0 (scala Richter), della durata di circa 15-20 secondi; l’epicentro è stato rilevato tra Accumoli e Arquata del Tronto, comuni distanti tra loro pochi km tra il Lazio e le Marche. La situazione era drammatica: paesi completamente rasi al suolo, 299 vittime rimaste sotto le macerie — nello specifico 237 ad Amatrice, 51 ad Arquata e 11 ad Accumoli —, 238 persone estratte vive, 338 feriti, circa 41.000 sfollati e un numero totale di 303 morti.

Nel maggio 2023 due alluvioni, a 15 giorni di distanza l’una dall’altra, hanno colpito l’Emilia-Romagna provocando 17 morti e gravi danni ad abitazioni, attività lavorative e infrastrutture locali. In Romagna sono esondati contemporaneamente 23 corsi d’acqua: centinaia di case sono state allagate, molte aziende hanno perso le risorse indispensabili per portare avanti la propria attività. La vita in tutta la Romagna è stata sconvolta dall’alluvione, che causò la distruzione di ferrovie, ponti, strade e generò frane nella zona collinare. La vita quotidiana di tutti i romagnoli venne improvvisamente stravolta.

Eventi di tale gravità possono essere definiti come autentici traumi collettivi, con profonde ripercussioni sul funzionamento degli individui e delle comunità.

Le reazioni psicologiche all’evento traumatico: modelli e teorie

L’espressione trauma collettivo, a differenza del trauma individuale, che colpisce il singolo individuo, si riferisce all’impatto che ha un evento traumatico su un’intera società o collettività geografica. Il trauma collettivo coinvolge perciò un ampio numero di individui e può innescare reazioni e risposte molto varie, differenti a seconda dell’esperienza personale, delle caratteristiche degli individui, del livello di esposizione e di altri fattori di natura sociale, quali ad esempio il supporto sociale (Calhoun et al., 2022).

Un esito dell’esposizione agli eventi traumatici, individuali o collettivi, è rappresentato dal Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS), il quale, come indica il DSM-5 (APA, 2013), non è il risultato di pregresse condizioni mediche, droghe o alcol, ma deriva direttamente dall’esperienza dell’evento traumatico. Il DSM-5 indica i seguenti criteri diagnostici: memorie spontanee ricorrenti dell’evento; flashback o altri distress psicologici prolungati; evitamento di memorie, pensieri, vissuti o elementi esterni che lo ricordano (triggers); presenza di comportamenti aggressivi, distruttivi, disturbi del sonno, ipervigilanza.

Un autore che ha indagato le caratteristiche e gli outcomes dell’esposizione agli eventi traumatici è Van der Kolk (2002). Egli, adottando una prospettiva sistemica, indaga sulle reazioni sia psicologiche sia fisiche conseguenti a un evento traumatico, partendo da studi condotti su situazioni traumatiche nei mammiferi. L’autore si sofferma, nelle sue ricerche, sui processi di natura biologica e biochimica messi in moto da tali esperienze, sottolineando come questi producano vere e proprie «cascate biochimiche» che contribuiscono alla percezione di acuto malessere e ne sottolinea le conseguenze importanti a lungo termine sulla salute globale, fisica e psichica.

Egli sostiene infatti che, ad esempio, la diminuzione della motivazione e il declino delle prestazioni al lavoro sono correlate, in coloro che sviluppano un DPTS, non solo al disagio psicologico acuto, ma anche a squilibri delle catecolamine e altri ormoni implicati nello stress (Van der Kolk, 2002). L’intensa attivazione emotiva e il doversi confrontare in pochi minuti o poche ore con un cambiamento totale della propria vita presente e futura (ad esempio la perdita della casa nel terremoto o di tutti i mezzi di lavoro perché distrutti dall’alluvione) generano nelle persone una reazione intensissima, richiedendo tempi di accettazione, elaborazione e nuovo adattamento a una vita non prevista e non scelta.

Non necessariamente tutte le persone esposte a eventi traumatici sviluppano un DPTS, il cui esito appare legato a numerosi fattori, di natura protettiva, come l’ottimismo e il supporto sociale (Yuan et al., 2011), o, al contrario, di rischio come le caratteristiche di personalità ed eventi critici in età precoce. In alcuni casi, le vittime di un trauma psicologico possono anche sperimentare paradossalmente un miglioramento, una vera e propria Crescita Post-Traumatica (Post-Traumatic Growth – PTG), modello teorico esposto dagli psicologi Tedeschi e Calhoun (2004). Si sviluppa in alcuni soggetti, infatti, un’inaspettata tendenza a reagire in modo positivo, si genera nell’individuo una nuova consapevolezza, delle nuove convinzioni, e vengono spesso cambiate le proprie priorità: si tratta quindi di una vera e propria occasione di crescita, una spinta verso un cambiamento.

Sul piano socio-cognitivo, Janoff-Bulman (1992) ha elaborato una teoria denominata Teoria delle Assunzioni Infrante sul Mondo, la quale si focalizza sul cambiamento delle convinzioni preesistenti delle vittime di un trauma relative a se stesse e al mondo, alla realtà che hanno da sempre vissuto. Essa sostiene che un evento traumatico può influenzare o addirittura distruggere le «assunzioni» delle vittime, ossia delle rappresentazioni cognitive della società e del mondo che le circonda: si tratta di schemi mentali preesistenti, solitamente positivi, formatasi con l’esperienza di vita, consolidatisi nel tempo e quindi divenuti sostanzialmente, stabili.

Le assunzioni principali sono 3:

  1. la convinzione che il mondo che ci circonda sia benevolo, sicuro, giusto, non maligno e scorretto;
  2. la convinzione che la vita sia controllabile, prevedibile, e l’esito della realtà dipenda dal comportamento della singola persona;
  3. la giustizia del mondo, ovvero la convinzione della persona che, conducendo un comportamento corretto, sia meritevole di risultati positivi e quindi non possa accaderle niente di male (Janoff-Bulman, 1992).

Tali convinzioni nel caso dell’impatto di un evento traumatico possono essere violate, infrante, destrutturate, portando a cambiamenti radicali nelle rappresentazioni delle vittime, le quali si troveranno a ricostruire questi schemi mentali sulla base di una nuova prospettiva delle persone, della società e del mondo decisamente più negativa, con conseguenze importanti sul loro funzionamento psicologico e sociale (Lijuan et al., 2017).

Un’area di studio relativamente recente sugli effetti degli eventi traumatici sulle persone esposte è rappresentata dalla psicologia dell’esperienza temporale. Partendo dal modello elaborato da Zimbardo e Boyd (1999) sulla prospettiva temporale, diversi studi promossi recentemente mostrano come la prospettiva temporale venga modificata profondamente a seguito di un trauma.

L’evento traumatico cambia la percezione e la significazione del passato, del presente e soprattutto del futuro, inserendo inoltre una nuova partizione biografica, dove l’evento critico diviene una sorta di «spartiacque biografico» che segna un prima e un poi (Saltzman & Terzis, 2024; Sword et al., 2014; Zambianchi, 2022; Zimbardo et al., 2019). Inoltre, come gli autori mostrano negli studi, la percezione di un presente sottratto a qualsiasi forma di intervento personale può favorire vissuti depressivi e mancanza di autoefficacia (Bandura, 2000), con forti ripercussioni sulla salute psicofisica e sulle azioni concrete che la persona intende attivare.

Comprendere l’impatto che eventi traumatici collettivi quali un violento terremoto e un’alluvione possono avere sulle persone esposte può sia favorire una migliore conoscenza dei fattori che intervengono e influenzano le risposte ad essi, sia aiutare a predisporre modelli di intervento psicologico e di counseling volti a migliorare il loro benessere psicologico e sociale.

Obiettivi e domande di ricerca

Lo studio, sulla base della letteratura scientifica sopra esaminata, ha formulato le seguenti domande di ricerca:

  1. Analizzare la capacità di elaborazione e narrazione coerente delle memorie sull’evento traumatico vissuto (Domanda n. 1).
  2. Analizzare i vissuti emotivi connessi a questa esperienza (Domanda n. 2).
  3. Valutare la presenza e la rilevanza nella vita quotidiana di ricordi di natura sensoriale (suoni, odori, sapori, immagini) legati all’esperienza vissuta che possono essere elicitati da eventi della quotidianità presente e quanto possono incidere sulla qualità di vita. Si ipotizza che la loro presenza possa costituire un elemento di malessere e destabilizzazione psichica che riduce la qualità di vita (van Der Kolk, 2002, 2015) (Domanda n. 3).
  4. Valutare la presenza di ripercussioni fisiche o psicosomatiche dell’evento vissuto. La domanda di ricerca ipotizza la presenza di conseguenze fisiche o di natura psicosomatica per entrambi i traumi (Domanda n. 4).
  5. Esaminare il ruolo dell’esperienza traumatica sulla prospettiva temporale. Attraverso la domanda di ricerca viene valutato un possibile impatto rilevante dell’evento traumatico sulla temporalità, con modificazione della biografia individuale (Sword et al., 2014) (Domanda n. 5).
  6. Indicare la difficoltà maggiore incontrata nei mesi successivi all’evento e il supporto sociale ricevuto. La domanda di ricerca riguarda il fatto che la presenza di un supporto sociale attivo abbia facilitato l’elaborazione dell’evento traumatico e favorito l’evoluzione verso una crescita psicologica post-traumatica (Calhoun et al., 2022) (Domanda n. 6).
  7. Valutare la capacità di simbolizzazione del trauma e di espressione del mondo emotivo attraverso la libera espressione artistica. La domanda di ricerca riguarda il possibile ruolo positivo della capacità di espressione del trauma attraverso la dimensione artistico-espressiva per il suo superamento (Domanda n. 7).
  8. Valutare eventuali differenze di età, genere e tipologia di evento traumatico vissuto sui fattori sopra elencati (Domanda n. 8).

Metodo

Partecipanti

Per quanto riguarda il campionamento delle persone sono stati scelti 13 soggetti, 6 per l’intervista relativa all’esperienza del terremoto e 7 per l’esperienza relativa all’alluvione.

Sono state scelte persone comprese in 3 diverse fasce di età: dai 18 ai 35 anni (Veronica e Tommaso per l’alluvione; Rebecca e Fabrizio per il terremoto), dai 35 ai 60 anni (Monica e Roberto per l’alluvione; Stefania e Pietro per il terremoto) e infine le persone con più di 60 anni (Rita, Elvira e Franco per l’alluvione; Rosa e Gaetano per il terremoto).

Sono stati scelti un soggetto di sesso maschile e uno di sesso femminile per ogni fascia di età, sia per quanto riguarda il terremoto che l’alluvione.

Strumenti

Nell’ambito psicologico e sanitario, un metodo di indagine utilizzato in alcuni casi è rappresentato dalla ricerca qualitativa: si tratta di uno stile di indagine che predilige l’approfondimento di alcune tematiche attraverso l’analisi dei vissuti, delle opinioni, delle rappresentazioni degli individui anziché utilizzare il metodo statistico correlazionale per ampi campioni di popolazione (Corbetta, 2015; Di Nuovo, 2005). Questo tipo di metodo di ricerca si focalizza sulla soggettività dei singoli individui, permettendo quindi anche di rispondere a interrogativi ai quali cui non si riuscirebbe a rispondere attraverso i tradizionali metodi di ricerca quantitativa, come il vissuto e i significati simbolici annessi alle esperienze. La ricerca qualitativa, o metodo idiografico, si differenzia infatti dalla ricerca quantitativa, o metodo nomotetico, che risulta finalizzata, invece, alla produzione di dati quantitativi, statistici, oggettivi, confrontabili con altri campioni di popolazioni.

In una prima fase sono state sviluppate le domande dopo la precedente fase di documentazione e analisi riguardo le tematiche del trauma psicologico e in particolare quello derivato dalle calamità naturali. Sono state quindi definite 11 domande: 7 di queste implicano la sola esposizione orale, mentre le altre 4 prevedono anche una parte più pratica, una partecipazione fisica, manuale, legata all’espressione artistica dell’evento traumatico. Infatti, le persone hanno dovuto scrivere, disegnare, cercare di interpretare attraverso diversi materiali il loro stato d’animo, le loro emozioni più profonde. Ogni intervista è stata registrata in modo tale da permettere una successiva corretta e integrale trascrizione delle esposizioni. È stata quindi effettuata un’analisi comparativa dei dati al fine di osservare in che modo queste persone avessero vissuto e stiano continuando a vivere tali esperienze traumatiche, e anche osservare se e come cambino la percezione e la reazione dell’esperienza in base al sesso e all’età. Sono state quindi poste in questo rispettivo ordine queste 11 domande, ognuna volta a indagare un diverso e specifico aspetto relativo agli effetti dell’esperienza traumatica vissuta:

  1. Riuscirebbe a ricostruire nella maniera più dettagliata possibile l’esperienza da lei vissuta nel momento della tragedia?

Questa domanda indaga sulla capacità di elaborazione e mentalizzazione dell’intera esperienza vissuta.

  1. Dal punto di vista sensoriale, quali sono i ricordi più vividi che ancora riesce a ricordare? Odori, suoni, visioni, ecc.

Questa domanda indaga su come l’esperienza traumatica avesse coinvolto anche la sfera sensoriale delle vittime e se avesse eventualmente causato lo sviluppo di trigger.

  1. Come sente di avere reagito all’esperienza traumatica? Si è lasciato andare cercando isolamento, ha cercato distrazioni, ha cercato di evitare ogni possibile contatto con il trauma o altro?

Questa domanda è stata posta per comprendere in che modo ognuno di questi soggetti avesse risposto all’accaduto, osservare quali eventuali meccanismi di difesa e strategie di coping fossero stati messi in atto, esaminando anche come in base all’età e al sesso potessero essere state manifestate delle reazioni differenti.

  1. Ha l’impressione che l’evento in un primo momento, o a distanza di tempo, abbia sviluppato in lei disagi psicologici o ripercussioni fisiche? Ad esempio, insonnia, incubi, difficoltà nella concentrazione, irritabilità, apatia, ecc.

Con questa domanda è stato esplicitamente chiesto agli intervistati di descrivere quali fossero state le ripercussioni sia fisiche che psicologiche relative all’esperienza traumatica che nel corso del tempo hanno percepito, incontrato, proprio per osservare anche in che modo mente e corpo possano influenzarsi tra loro.

  1. Sente che, a distanza di tempo, l’evento ha segnato un prima e un dopo nella sua vita? La sua percezione del futuro e della vita è cambiata a seguito dell’accaduto?

Questa domanda va a indagare l’impatto che l’esperienza traumatica ha avuto sulla prospettiva temporale dell’individuo.

  1. Quale è stato l’aspetto più difficile da superare relativo all’evento? A distanza di tempo, sente che l’esperienza ha portato anche qualcosa di positivo?

La domanda è stata posta con l’obiettivo di conoscere quali fossero state le difficoltà maggiori affrontate a seguito dell’esperienza, ma anche possibilità di crescita e trasformazione positiva.

  1. Se dovesse raccontare l’evento e il suo stato d’animo solo attraverso delle parole chiave quali sceglierebbe? Riuscirebbe a scriverne 5?

Attraverso questa domanda si è cercato di riassumere l’intera esperienza attraverso dei concetti, delle parole d’impatto, scritte di getto, le prime parole che le persone trovassero più adatte a descrivere quello che avevano passato. Sono stati forniti all’intervistato una penna e 5 foglietti su cui poter trascrivere le loro parole chiave.

  1. C’è un’immagine, una visione particolarmente forte e ancora vivida che le viene in mente pensando al trauma vissuto? Riuscirebbe a descriverla in questo foglio?

Questa domanda è stata posta per capire se ci fosse e quale fosse una scena una visione, un’immagine che, pur non volendo, non riusciranno mai a cancellare dalla loro memoria, dalla loro mente, e capire come attraverso le parole tali persone riuscissero a trascrivere quello che avevano visto.

  1. Come rappresenterebbe visivamente il suo stato d’animo relativo all’esperienza vissuta? Riuscirebbe a rappresentare visivamente le sue emozioni con questi materiali?

L’obiettivo di questa richiesta era quello di dare una forma al proprio trauma, di rappresentare visivamente quello che avevano accumulato nel tempo dentro. Sono stati forniti un foglio, dell’acrilico di colore nero, che avevano la possibilità di spalmare, distribuire sul foglio attraverso una spugna (per ottenere un effetto più morbido e delicato), una spugna abrasiva (per conferire invece un tratto più graffiato, più duro e inciso, e infine un pennello (per realizzare una pennellata più spontanea, più d’impatto).

  1. Riuscirebbe a rappresentare attraverso un simbolo il ricordo dell’esperienza vissuta?

Attraverso questa domanda è stato richiesto uno sforzo da parte delle persone per concentrarsi su un simbolo, sia concreto che astratto, che potessero attribuire a un significato relativo sempre al trauma vissuto.

  1. Che colore sceglierebbe per rappresentare le sue emozioni, il suo stato d’animo nei confronti dell’evento traumatico?

Infine, è stata posta questa domanda per capire che tipo di colore le persone attribuissero a una determinata emozione, alla loro condizione psicologica. In questo caso non è stato fornito materiale, risultava sufficiente la risposta orale alla domanda posta.

Procedura

La prima fase della ricerca è consistita nell’individuazione dei soggetti che presentassero i requisiti richiesti, in modo da riuscire a intervistare, per quanto riguarda il trauma relativo sia al terremoto che alla più recente alluvione, persone di sesso opposto e di 3 differenti fasce di età. Attraverso delle conoscenze personali di entrambe le autrici è stato possibile ottenere dei contatti telefonici di queste 12 persone con le caratteristiche desiderate, alle quali era già stato accennato il progetto dai fornitori dei contatti stessi. A questo punto sono state effettuate delle chiamate per spiegare nel dettaglio tutti gli aspetti e gli obiettivi del progetto e la dinamica delle interviste a cui i soggetti hanno scelto di sottoporsi. Attraverso queste chiamate è stato possibile anche accordarsi con gli intervistati per definire una data, un orario e un luogo d’incontro in cui appunto effettuare l’intervista.

La fase successiva è consistita nella realizzazione delle interviste. Queste sono avvenute tutte nelle relative abitazioni degli intervistati che hanno preferito appunto essere raggiunti ed essere sottoposti alle domande nelle loro case, fatta eccezione per un soggetto che ha vissuto il terremoto, di sesso maschile e corrispondente alla fascia di età 18-35 anni, che ha invece preferito essere intervistato nel parchetto del suo paese. L’intenzione era quella di far sì che ognuna di queste persone si potesse trovare completamente a suo agio, in una condizione di tranquillità e di comfort che le avrebbe permesso di esprimersi nel miglior modo possibile. Ogni intervistato ha firmato un modulo di consenso del trattamento delle loro testimonianze risultanti dall’intervista, modulo in cui si è garantito anche l’anonimato attraverso l’uso di un nome differente da quello proprio ed eventualmente altri piccoli dati per conservare l’anonimato. Ogni intervista è stata registrata in modo da riportare nella maniera più fedele possibile le esatte parole dei soggetti intervistati; infatti successivamente ognuna di esse è stata trascritta e in seguito analizzata. Le interviste sull’alluvione sono state effettuate nei territori dell’Unione Romagna Faentina e Unione Bassa Romagna. Le interviste sul terremoto sono state effettuate nei territori del Piceno e nella provincia di Rieti.

Analisi dei dati

Per le interviste è stata adottata l’Analisi dei Contenuti come metodo di natura qualitativa (Strauss & Corbin, 1998). Essa indica l’insieme delle procedure di scomposizione analitica e classificazione di testi e altri sistemi simbolici (Losito, 2007). È stato perciò seguito, per ognuna delle interviste, il seguente procedimento:

  1. Lettura dell’intervista nella sua interezza e separatamente, da parte di entrambe le autrici, in modo da poter poi confrontare le valutazioni (accordo inter-giudice) sulle domande di ricerca e le relative risposte.
  2. Rilettura approfondita del testo, con selezione dei passaggi che sono stati ritenuti rilevanti ai fini delle domande di ricerca.
  3. Attribuzione di un codice per ogni parte selezionata del testo. Sono stati selezionati e codificati brani di intervista, parole-chiave (come, ad esempio, nel caso della domanda di ricerca n. 7 relativa ai vissuti emozionali legati all’esperienza traumatica), un’espressione sintetica che potesse riassumere il pensiero, il vissuto fondamentale per la persona intervistata.
  4. Una volta identificati questi segmenti, o contenuti centrali dell’intervista, ci si è soffermati sui messaggi profondi, sulle eventuali simbologie, come nel caso della domanda di ricerca n. 10 (rappresentazione attraverso un simbolo dell’esperienza vissuta).
  5. Comparazione dei contenuti codificati tra i soggetti intervistati, per valutare somiglianze e differenze per le seguenti categorie sociodemografiche: fascia di età; genere; tipo di evento traumatico cui sono stati esposti (alluvione o terremoto) e riconoscimento di schemi, rappresentazioni, vissuti che possono confermare o meno quanto emerso dalla letteratura internazionale in questa area di studio. L’insieme di queste procedure è stato condotto senza l’ausilio di sistemi informatici di codifica per la ricerca qualitativa.

Risultati

Partendo dalla prima domanda posta agli intervistati, in cui si richiedeva loro di ricostruire in modo dettagliato l’esperienza vissuta, è emerso che per quanto riguarda l’esperienza del terremoto, nonostante siano trascorsi più di 8 anni, gli intervistati di tutte e 3 le diverse fasce di età presentano una buona capacità di mentalizzazione, essendo riuscite infatti a raccontare dei momenti critici in modo coerente e particolareggiato. Per quanto riguarda l’esperienza dell’alluvione, avvenuta invece molto più recentemente, anche in questo caso gli intervistati infatti hanno ricostruito nella maniera più dettagliata possibile i vari momenti che hanno trascorso durante l’evento e anche in seguito.

Una differenza importante tra le due diverse tipologie di esperienze sta nel fatto che il terremoto, per le sue caratteristiche intrinseche, sia giunto completamente inaspettato, cogliendo la popolazione all’improvviso nel cuore della notte, senza alcun preavviso, ed è risultato quindi impossibile per le comunità mobilitarsi per evitare il peggio.

Nel caso dell’alluvione, invece, il disastro è stato comunque inaspettato ma è avvenuto in maniera decisamente più graduale. Era stato possibile avvertire, dare l’allarme e le persone hanno avuto un minimo di tempo per riuscire a prepararsi a quello che stava per succedere; sono riuscite infatti a mettere in salvo alcuni dei propri averi e soprattutto a mettere in salvo loro stesse.

Per quanto riguarda invece il coinvolgimento dei cinque sensi, quindi la memoria sensoriale delle vittime, risultano particolarmente ricorrenti nelle interviste relative al terremoto la visione e il frastuono degli oggetti che cadono e si rompono, il rumore dei calcinacci, dei coppi dei tetti che si spaccano, dei palazzi che crollano e si riducono in macerie, l’odore di cemento, di polvere e di gas. Risultano ricorrenti anche il forte boato prima della scossa e il contrasto tra un silenzio inquietante interrotto dalle urla disperate delle persone.

Dentro casa ricordo bene il rumore delle cose che cadevano, mentre quando sono uscita ricordo che c’era silenzio, ed è strano perché comunque lì vicino erano crollate case, erano crollati massi per le strade (Rebecca).

Sicuramente le urla e il rumore dei palazzi che si sgretolavano, poi anche il silenzio che c’era quando non si sentivano le urla che era abbastanza inquietante perché era tutto buio (Fabrizio).

Poi ricordo vagamente che c’era un odore di cemento, di polvere, quello di un paese che si sgretola insomma (Fabrizio).

Ricordo il silenzio prima della scossa e poi un fortissimo boato, un terrore immenso, sembrava come se fosse stata sganciata una bomba (Stefania).

Ricordo bene il boato, un rumore impressionante, il rumore metallico dei coppi dei tetti che cadevano e che si rompevano, il rumore degli elicotteri e le grida delle persone (Pietro).

Ricordo tanta polvere e un forte odore simile a quello del metano, una puzza più intensa e più concentrata, una specie di gas che si chiama radon (Pietro).

Dall’analisi delle interviste relative all’alluvione, invece, emergono l’odore pungente di umidità, muffa, di cantina, il buio e l’atmosfera post-apocalittica.

Per quanto riguarda i suoni ricorrono invece il rumore delle autopompe, degli autospurghi, il suono delle sirene per dare l’ordine di evacuazione, il rumore degli elicotteri e anche in questo caso il contrasto tra il silenzio e le urla delle persone.

Ricordo un silenzio assordante, interrotto da queste urla delle persone che dicevano: «Ci sono dei bambini, venite, salvateci, salvateci!» (Franco).

Ricordo il suono della polizia locale che girava per dare l’ordine di evacuazione, il rumore degli elicotteri che mi ha traumatizzato, i suoni che mi ricordano quel rumore mi turbano particolarmente (Tommaso).

L’odore del fango qualche mese resta e ancora adesso, ad esempio, l’odore di umidità mi dà fastidio, l’altra sera sono andato con un mio amico in un ristorante che è un po’ sottoterra e c’era molto odore di umidità e siamo dovuti uscire, non ce la facevo a mangiare (Tommaso).

Proprio a partire da queste ultime testimonianze si può osservare anche come dall’analisi sia emerso che tutti gli intervistati, chi più chi meno, sia per quanto riguarda il terremoto che l’alluvione, abbiano sviluppato delle ripercussioni psicologiche e in alcuni casi addirittura anche dei disagi fisici.

Lo stress è stato talmente forte che ci siamo riempiti di bolle sul corpo, io da dopo il terremoto del 30 ottobre fino a dicembre ero pieno di bolle; il dottore mi disse che era lo stress la causa e che dovevo restare più calmo, ma come potevo restare calmo. Tutti sono stati male, chi più chi meno (Pietro).

Molti degli intervistati hanno avuto e tuttora convivono con disagi psicologici, hanno sviluppato delle paure, dei limiti, legati al trauma vissuto e presentano difficoltà ad affrontare delle situazioni che per loro prima risultavano normali. C’è il timore che il disastro possa coglierli di nuovo all’improvviso e hanno sviluppato in loro dei trigger che riconducono all’evento traumatico già sperimentato, come la paura della pioggia, del tremore, il fastidio per l’odore di chiuso, ecc.

Un’abitudine che a seguito del terremoto abbiamo sviluppato tutti in famiglia è quella di dormire con l’abat-jour della camera; ora che mi sono trasferita non lo faccio più perché comunque è un’altra circostanza e so che qui non può succedere quello che è successo lì. Quando però sono lì dai miei noto che loro ancora dormono con la lampada accesa da dopo il terremoto, perché quella sera era tutto buio e quindi ora tenere la luce accesa è qualcosa che ci dà sicurezza in caso dovesse accadere di nuovo (Rebecca).

Ho ansia di guidare se piove, o appena vedo pozzanghere in giro o inizia a piovere, c’è la paura, il pensiero che potremmo allagarci di nuovo (Tommaso).

Quando sento qualcosa che trema, anche se non c’entra con il terremoto, mi spavento un po’ (Fabrizio).

Sono convinto che comunque una sindrome da stress post-traumatico inevitabilmente verrà fuori: per darti un’idea: il primo mese che abbiamo trascorso a casa di amici, io e mia moglie, comunque, alle 4 della mattina eravamo sempre svegli, in coincidenza con l’orario dell’evento traumatico (Franco).

Ho cercato e cerco tuttora di allontanarmi il più possibile dall’accaduto, tuttora non riesco a tornare in casa, non riesco neanche a passare in quella via (Tommaso).

Si tratta in alcuni casi anche di veri e propri sintomi clinici, forme di depressione e varie difficoltà psicologiche serie sviluppate a seguito dell’evento:

Certo, ripercussioni sia fisiche che psicologiche. La moglie di un mio amico ha avuto un’ischemia con disorientamento, non capiva dove si trovasse, io sono stato due anni nella roulotte e non volevo più uscire (Gaetano).

A livello sociale mi ha portato delle difficoltà: ad esempio, c’è stato un periodo in cui avevo attacchi di panico, non riuscivo a stare troppo tempo in mezzo alla gente… ad esempio, al ristorante mi agitavo (Rebecca.)

La domanda successiva fa invece riferimento alle diverse tipologie di reazione al disastro e dall’analisi è emerso che, in entrambe le situazioni relative ai due diversi eventi traumatici, le persone non hanno avuto il tempo di piangersi addosso, di distrarsi e metabolizzare appieno quello che avevano appena vissuto, perché fin da subito hanno dovuto reagire con prontezza ed efficienza per riuscire a rimediare il più possibile ai danni arrecati loro.

Nel caso del terremoto risulta che i giovani avevano inizialmente tanta voglia di mantenere un senso di unione, di comunità: si sono infatti mobilitati organizzando delle associazioni per mantenere viva la memoria e tendere verso la ricostruzione. Successivamente a distanza di anni ognuno ha preso la propria strada, alcuni giovani si sono allontanati per motivi di lavoro o studio, mantenendo però un forte affetto e un senso di nostalgia nei confronti dei loro paesi d’origine:

Quindi sì, c’è sempre stata questa voglia di ripartire, poi a distanza di tempo ognuno prende un po’ la sua strada, lì per lì ci sono i propositi per ripartire, ricostruire, poi a distanza di tempo inizi anche a porti delle domande, pensi «Cavolo sono passati sette anni, io che sono giovane qui ho futuro?» (Rebecca).

Anche gli intervistati della fascia di età media non hanno avuto il tempo di metabolizzare il trauma, hanno dovuto rimboccarsi le maniche e ripartire, ma oggi presentano un forte desiderio di dimenticare quello che hanno vissuto.

Non è stato possibile isolarsi, distrarsi o evitare ogni possibile contatto con il trauma, in quanto dovevo provvedere subito a sistemare la mia famiglia, avendo all’epoca una bimba di tre anni e una suocera invalida (Stefania).

In quel momento non ti rendi conto, non riesci a realizzare quello che è successo in una situazione di tale ampiezza, di tale gravità… Dopo gradualmente inizi a realizzare ma cerchi di fare il vago, fai finta di non avere vissuto davvero quelle cose. Cerchi di dimenticare ma non puoi (Pietro).

Era come se non stessi realizzando davvero quello che stava succedendo, nella mente in quel momento sembra qualcosa di reversibile ma poi ci si rende conto che in realtà non lo è (Fabrizio).

Gli intervistati più anziani invece hanno reagito in modo diverso: la signora inizialmente è stata pronta a ripartire e a prendersi cura del marito invalido, per poi però sviluppare in seguito una crisi d’identità e un senso di abbandono causati dal cambiamento di dimora. Il signore, invece, ha sviluppato una forma di depressione a seguito dell’accaduto, ha cercato di isolarsi per non avere a che fare con il disastro che quella tragedia aveva causato.

Io stavo nella roulotte e a un certo punto non volevo più uscire, alzarmi; poi è venuta una dottoressa che mi ha dato qualcosa per riprendermi, ma appena uscito ho rivisto quella situazione, le persone perse… come puoi riprenderti? (Gaetano).

Anche dalle interviste relative all’alluvione risulta come la maggior parte degli intervistati si sia subito mobilitata per intervenire, pulire, ricostruire, aiutare, ripartire.

Ho cercato di ripartire fin da subito, come dico io: «Siamo romagnoli, chi ci ammazza a noi!». Il mio obiettivo era pulire, riordinare, ricostruire, era quella la priorità (Monica).

Anche in questo caso emerge come la gente non abbia avuto tempo e modo di disperarsi e abbia dovuto rimboccarsi subito le maniche per rimediare ai numerosi e gravi danni.

Abbiamo reagito perché non potevamo permetterci di abbandonarci ai lamenti, perché c’era una situazione in cui bisognava intervenire, per cui i giorni successivi sono intervenuto insieme ad amici, parenti e si è lavorato, non c’era tempo di piangere (Roberto).

C’è stato chi, comunque, nonostante si stesse impegnando nella ripartenza, si è trovato ad affrontare dei crolli, dei momenti di grande sconforto e di abbandono.

Ho fatto tanto per le mie possibilità, poi sono arrivata a un certo punto in cui ero davvero esausta e c’è stato un giorno in cui io ho mollato e sono andata proprio via (Veronica).

Risulta però particolarmente interessante sottolineare un aspetto ricorrente sia nelle interviste del terremoto che dell’alluvione, ovvero quello della resilienza degli anziani, che si sono fin da subito focalizzati sull’obiettivo di resistere, di rafforzarsi, di ricostruire.

Mi sono reso conto che ancora oggi io ho la testa qui, focalizzata sulla ricostruzione (Franco). Certamente poi ci sono dei momenti alti e dei momenti bassi, però devo dire che nel complesso sia io che mia moglie ci siamo stupiti della nostra resilienza (Franco).

In particolare, una delle intervistate racconta come sia lei che suo marito con difficoltà, nonostante l’età avanzata, stiano cercando di recuperare anche le loro abitudini e passioni, compromesse dal disastro dell’alluvione:

Io non ho più le mie macchine da magliaia, ne ho recuperata qualcuna da donne che non ne avevano più bisogno e le ho prese solo per la mia testa; anche solo vederle mi fa stare bene, è stata la mia vita, è una passione (Rita).

Anche il marito, che prima aveva un rigoglioso vigneto poi andato distrutto, ora a fatica sta cercando di superare [il trauma] ripiantando altre piante e curando il suo giardino (Rita).

Un aspetto particolarmente importante, ritrovato in ogni singola intervista analizzata, è che per ogni intervistato l’evento traumatico ha segnato un distacco netto tra un prima e un dopo nella loro vita:

C’è stata però una cosa strana che è scattata proprio in tutti, ovvero il fatto di collocare gli eventi prima e dopo il terremoto; è come se collegassimo quell’esperienza a un punto di fine e uno di inizio, ci chiediamo: «Ma questo è successo prima o dopo il terremoto?», ci orientiamo nel tempo prendendo come punto di riferimento quell’episodio (Rebecca).

Il terremoto ha segnato un taglio netto nella mia vita, forse andando avanti con l’età si acquisisce anche più consapevolezza, ma ci sono cose a cui prima non pensavo e che poi ho dovuto affrontare per forza (Pietro).

L’evento ha imposto un cambiamento radicale nella vita delle vittime,e ha generato un taglio, una ferita nella loro storia, qualcosa che sarà impossibile cancellare:

La nostra vita è cambiata completamente e quello che avevamo costruito, il luogo in cui siamo nati, cresciuti e in cui abbiamo vissuto per una vita intera di colpo è distrutto… tutto perso, persone, amici, conoscenti (Gaetano).

Anche la percezione del futuro di queste persone è cambiata: emerge, infatti, come la maggior parte degli intervistati, soprattutto per quanto riguarda l’alluvione, a seguito del trauma vissuto, abbia sviluppato una riflessione riguardo il concetto di beni materiali che le persone tendono ad accumulare nelle loro case e a cui continuano a dare valore, per poi realizzare, in situazioni di emergenza come queste in cui si può perdere tutto da un momento all’altro, che in realtà sono cose volubili, superflue, inutili:

Noi accumuliamo nelle case tutte le cose materiali, e ci sembra di poterle portare dentro sempre, quando in realtà poi non è vero perché da un giorno all’altro si può perdere tutto… per cui cominci a capire che tante cose sono superflue; quindi, è meglio rimanere solamente sul necessario e basta e non accumulare cose inutili (Roberto).

Anche il fatto di realizzare che nella vita, comunque vada, ti puoi adattare a tutto dopo avere superato certe cose; poi io sono convinta che se ci sono momenti proprio brutti, tristi, bui, sicuramente ci sarà in futuro qualcosa di migliore (Rebecca).

Per quanto riguarda gli aspetti più difficili che queste persone si sono trovate ad affrontare, è emerso che, nel caso del terremoto, metà degli intervistati ha trovato la maggiore difficoltà nel cambiare la propria dimora e le proprie abitudini, sviluppando una forma di crisi di identità quando sono stati costretti ad allontanarsi dal loro paese:

Ho sofferto una vera e propria crisi di identità e mi ricordo che dovevo andare ogni tanto nel mio paese a rivedere le persone e i luoghi perché avevo bisogno di equilibrio interiore (Rosa).

Anche il dovere temporaneamente alloggiare in albergo, condividendo piccoli spazi con tutta la famiglia, ha creato disagi ed esasperazione:

A livello psicologico io ne ho risentito molto: è un evento abbastanza traumatico e ti ritrovi a cambiare la tua vita da un momento all’altro non volendo; comunque, anche in albergo io ero in camera con mia madre, mio padre e mio fratello, una camera di albergo da dividere in quattro, io studiavo in bagno (Rebecca).

L’altra metà degli intervistati ha invece affermato che l’aspetto più difficile è stato realizzare che tante persone, conoscenti, amici, famiglie intere sono morte, e dimenticare proprio l’orrore alla vista dei corpi senza vita delle persone:

L’aspetto più difficile è stato vedere i morti, famiglie intere morte e realizzare che molti parenti e amici non ci sono più (Gaetano).

Io ricordo che telefonai a un mio caro amico con cui stavo sempre insieme; sentivo che il telefono squillava e pensai: «Per fortuna si è salvato», ma nessuno rispondeva, poi la mattina è stato trovato morto, non ha fatto in tempo per poco a uscire dalla casa prima che crollasse. Il telefono si era salvato, ma lui no» (Gaetano).

Ricordo poi fuori un gran casino, il polverone, gli elicotteri, i soccorritori che stavano tirando fuori i morti e i feriti dalle macerie, ricordo i corpi dei morti ammassati nel parchetto (Pietro).

Il terremoto ha portato solo morte, distruzione, sofferenza, solitudine, diffidenza, apatia, depressione e delusione, e ha diviso una popolazione intera, con un’amministrazione comunale inesistente e incapace (Stefania).

Associo l’alluvione anche un po’ alla morte perché l’unica persona che è morta a Faenza era il mio vicino di casa. Abitava poco dietro di noi, aveva 84 anni ed è stato trovato morto nel fango nel cortile della sua casa (Tommaso).

Infine, un altro aspetto particolarmente difficile da affrontare risulta anche il dover riuscire a fronteggiare la ricostruzione a livello economico. Due degli intervistati hanno detto di avere provato una gran rabbia di fronte a determinate situazioni, denunciando anche proprio il mancato aiuto economico, chiamando in causa istituzioni, politici, che avevano promesso aiuto solo per fare bella figura, per poi non operare mai davvero in modo concreto.

Qui da noi non hanno mosso un dito, stanno ripartendo le frazioni che hanno avuto danni lievi, mentre qui dove ci sono stati i danni più gravi, qui dove noi stiamo ancora in quelle maledettissime casette non cambia mai la situazione (Pietro).

Ci siamo trovati spesso a contatto con persone che erano politici, cose del genere che palesemente volevano sfruttare la situazione e ci contattavano per fare delle cose perché gli faceva comodo farsi portavoce dei ragazzi terremotati di Arquata del Tronto (Fabrizio).

Ci continuano a dare contentini a parole, ma non vediamo mai niente di concreto, noi ci lamentiamo, e loro sanno dei nostri problemi ma fanno finta di non sapere.

Per quanto riguarda invece l’esperienza dell’alluvione, gli aspetti più difficili sono stati quello di prendere consapevolezza dell’accaduto, realizzare che la natura può essere davvero «crudele» e accettare di avere perso tutto.

L’aspetto più difficile è stato ripartire, anche a livello economico, e accettare che in una notte ti partono i sacrifici di una vita, una vita… (Monica).

Un altro aspetto particolarmente rilevante è quello del dolore causato dalla perdita delle memorie di una vita: i propri libri, le proprie fotografie, le proprie collezioni…

Queste cose non si possono recuperare, ricomprare, c’erano tutte le foto della nostra vita, delle mie figlie, delle lauree delle mie figlie, di mio marito; ecco, questo mi ha dato tanta angoscia, poi i ricordi sono quelli del cuore, quindi si va avanti (Elvira).

Per quanto riguarda, invece, le parole chiave scelte dalle persone per descrivere la loro esperienza, il loro stato d’animo nei confronti del trauma vissuto, risultano ricorrenti e rilevanti per entrambi gli eventi questi termini:

  • la perdita, che può essere intesa come perdita sia dei beni materiali, di persone care, sia di una parte di sé, della propria identità o dell’identità di un paese, di una comunità;
  • la rabbia, generata dal mancato aiuto economico, e dal comportamento sbagliato, non curante e opportunista da parte di politici e istituzioni.

Altri sentimenti ricorrenti sono quelli dell’insicurezza, della paura di fronte a un futuro e a una vita imprevedibili, con la consapevolezza che il disastro potrebbe anche accadere di nuovo:

Si è sviluppata questa incertezza perenne sul futuro perché può ancora succedere. Da un momento all’altro non ci si aspetta di perdere tutto, e questo è un trauma che rimane, non si può dimenticare (Roberto).

Si è strutturata in loro una nuova percezione del futuro, una sensazione costante di precarietà, di instabilità; aver vissuto un’esperienza di questo tipo, così inaspettata e dannosa, li ha portati a sviluppare un’idea di vita in cui possono avvenire eventi imprevedibili, irrimediabili, che possono distruggere l’esistenza delle vittime da un momento all’altro in tempi brevissimi.

Infine, risulta evidente e enfatizzato il tema dell’aiuto, di unione, di collettività, di amicizia, in senso ampio di supporto sociale. Questo è un aspetto particolarmente rilevante e ricorrente in tutte le interviste analizzate; tutti hanno riconosciuto come un aspetto positivo proprio questo spirito di solidarietà, questa prontezza ed efficienza nell’aiuto sia da parte dei soccorritori che da parte delle singole persone, che da tutta l’Italia sono andate in loro soccorso senza chiedere nulla in cambio:

L’Italia intera era lì, la solidarietà delle persone, il fatto che non siamo stati soli, c’erano veramente tantissime persone… bellissimo, tanti giovani, tanto animo. Non eravamo soli, c’era una bella atmosfera (Veronica).

Ero davvero esausta, piena; ho cercato di fuggire e quando sono tornata ho trovato una quarantina di persone sconosciute nelle nostre cantine che ci stavano aiutando, avevano creato una sorta di catena umana e stavano portando fuori tutto lo schifo a secchi. Quando ho visto questa scena mi sono ricaricata, mi ha dato grinta (Veronica).

Ricordo tanti ragazzi giovani che ci hanno aiutati; io i giovani li ho sempre amati e quando si dice che i giovani non hanno voglia di fare niente penso che non sia assolutamente vero… ci sono ragazzi bravi, molto bravi, tanta volontà in quei ragazzi infangati che per dare una mano hanno fatto di tutto e di più (Monica).

Un aspetto particolarmente interessante emerso da alcune delle interviste è anche quello del rapporto tra uomo e animale. Emerge infatti come anche gli animali abbiano avvertito e abbiano risentito dell’esperienza vissuta e addirittura come abbiano anche potuto sviluppare delle reazioni e una forma di trauma anch’essi.

Adesso poi stando vicino al cane, se è steso e ti avvicini a lui semplicemente sfiorandolo, questo scatta e inizia a mordere e non lo aveva mai fatto prima, probabilmente anche questo deriva dalla paura di quella notte (Tommaso).

Qui c’è un signore che tiene dei cavalli, e noi abbiamo visto due persone che trainavano a mano dei cavalli nell’acqua che gli arrivava quasi alla pancia; poi un altro signore aveva un cavallo vecchio e un puledrino ed è andato sulla ferrovia con il puledrino, ma il cavallo vecchio non ce l’ha fatta ad andare su ed è morto lì (Rita).

Qui ad Amatrice erano rimasti tanti gattucci… a casa mia sono venuti una ventina di gatti, gli ho dato a mangiare per più di un anno e gli avevo costruito delle tane per farli dormire, perché non c’era più nessuno ad Amatrice, avevano portato le persone negli hotel verso il mare, eravamo rimasti soli io e mia moglie (Gaetano).

Per quanto riguarda i colori scelti dagli intervistati per esprimere il loro stato d’animo nei confronti del trauma, nel caso del terremoto è sicuramente il colore nero a prevalere:

Direi il nero, il colore più scuro, che rappresenta il buio che il terremoto ha portato nelle nostre vite (Stefania).

Nero, anzi più nero del nero possibile che ci sia (Pietro).

Due degli intervistati hanno anche aggiunto un ulteriore colore al nero, un colore opposto che possa simboleggiare una volontà di ripartire:

Allora, da una parte ci vedrei il nero perché comunque richiama senso di angoscia, di tristezza, mentre dall’altra parte ci vedrei anche il giallo, che può simboleggiare la rinascita, la voglia di ripartire, la luce (Rebecca).

Allora io sceglierei i due colori opposti, cioè il nero e il bianco: il nero per le emozioni negative, però anche il bianco che è il colore della luce, perché io anche in questo scuro, in questo buio, in questo nero, ho sempre cercato la luce (Rosa).

Nel caso dell’alluvione, invece, il colore più ricorrente è decisamente il grigio: 5 intervistati su 7, infatti, hanno dato questa risposta, attribuendo a tale colore un senso di tristezza, associandolo anche al colore del fango e all’atmosfera di quella notte.

Il grigio, perché soprattutto quando siamo usciti la sera prima dell’alluvione c’era una luce grigia, una luce così non l’avevo mai vista (Roberto).

Due tra tutti gli intervistati, uno per quanto riguarda il terremoto, e uno per l’alluvione, hanno scelto come colori rispettivamente il rosso e il bianco, associandoli al tema della morte.

Per quanto riguarda invece la rappresentazione del proprio stato d’animo relativo all’esperienza vissuta, attraverso i materiali forniti, risulta che la maggior parte di queste persone ha collegato questi segni astratti a elementi più concreti attribuendogli delle emozioni:

Ho provato a ricostruire un po’ la mia casa: questo era l’ingresso con tutti i muri danneggiati, le piastrelle rotte dall’acqua, le parti in legno tutte rigonfiate. Ho cercato di rappresentare con il nero il fango, la muffa, la distruzione e tutto questo secondo me può rappresentare un po’ anche il mio stato d’animo nei confronti di quello che ci è successo (Tommaso).

Ho voluto rappresentare la campagna che rinasce, come ci deve essere una rinascita in noi, anche la natura rinasce. C’è una parte più scura che va schiarendosi (Elvira).

Questa è la riproduzione di una delle prime foto che ho cercato di salvare, non lo sapevo e sfilandola dalla busta si è trasformata. Quindi per me questo è un po’ un simbolo, l’idea che nulla sarà più come prima, c’è un pezzo di te che viene cancellato (Franco),

In particolare, molti degli intervistati per simboleggiare il loro stato d’animo hanno scelto il segno di una ferita, un taglio, una macchia che non può essere cancellata:

Da una parte ho rappresentato dei tagli, come una ferita, qualcosa che provoca dolore, mentre dall’altra parte c’è un aspetto più positivo, una tranquillità di sapere di non essere sola (Rebecca).

Una macchia non è una cosa che va via facilmente… puoi provare quanto vuoi a cancellarla ma non andrà via (Veronica).

Ho rappresentato dei graffi per rappresentare il trauma, quindi non c’è una bella superficie liscia, ma è graffiata, è rovinata per sempre (Roberto).

Discussione

A seguito della ricerca condotta e dell’analisi comparativa delle risposte all’intervista semi-strutturata, si può affermare che un disastro naturale impatti ogni individuo ad esso esposto. Uno stesso evento, però, può avere effetti psicologici e anche fisici molto diversi tra i soggetti in base a diversi fattori quali la personalità del singolo, la capacità di resilienza, le esperienze passate, il contesto sociale, il supporto sociale ricevuto.

È emerso anzitutto dalle interviste come tra i due generi maschile e femminile non vi siano particolari differenze: i soggetti, a prescindere dal genere, hanno vissuto le esperienze traumatiche in questione con una sensibilità molto simile, hanno dimostrato una stessa apertura al dialogo e propensione a esprimere le proprie emozioni.

Tutti i soggetti intervistati hanno manifestato una buona capacità di mentalizzazione dell’evento traumatico vissuto. La prima domanda di ricerca, infatti, aveva come obiettivo la valutazione della capacità di narrare in modo coerente l’esperienza vissuta, indice di buona capacità di mentalizzazione ed elaborazione dell’evento (Fonagy & Luyten, 2018). La capacità di narrare coerentemente un evento potenzialmente traumatico è riconosciuta come risorsa per poterlo poi superare (Pennebaker & Stone, 2004).

Come sostenuto da Van der Kolk (2002, 2015), un evento traumatico come quelli analizzati ha lasciato nelle persone delle forti impressioni di tipo sensoriale: i soggetti intervistati, infatti, ricordano in modo chiaro delle sensazioni, dei suoni, degli odori vissuti in quel momento di panico e addirittura molti hanno anche sviluppato dei veri e propri trigger legati proprio a tali stimoli sensoriali, dei limiti, delle difficoltà di fronte a situazioni un tempo normali per loro.

Questo risultato conferma la domanda di ricerca n. 2. Lo studio non ha preso in esame in modo specifico il Disturbo Post-traumatico da Stress, ma queste risposte lasciano intravvedere, perlomeno in alcuni di loro, elementi che possono far pensare alla sua presenza, o comunque indicatori prognostici di una sua comparsa nel tempo. Per quanto riguarda invece le ripercussioni sia psicofisiche, risulta che tutti, chi più, chi meno, abbiano avuto delle risposte da stress acuto anche sul piano somatico.

Un aspetto rilevante è la resilienza dimostrata dalle persone anziane, che sono i soggetti che hanno inevitabilmente risentito di più di queste situazioni, perché sia nel caso del terremoto che dell’alluvione hanno dovuto affrontare il fatto che il loro territorio, il luogo dove sono cresciuti e in cui hanno trascorso la loro vita, di colpo è andato distrutto, i sacrifici, le memorie di una vita intera sono andati persi, distrutti e, soprattutto nel caso del terremoto, hanno perso molte persone care. Quasi tutti gli intervistati appartenenti alla fascia delle persone più anziane hanno dimostrato un forte spirito di ripresa, di ricostruzione della propria vita (si veda, ad esempio, la testimonianza di Rita).

È emerso anche quanto abbia creato disagio e serie ripercussioni psicologiche a tutte le diverse fasce di età il fatto di aver dovuto cambiare la propria casa, il proprio paese, le proprie abitudini e la propria quotidianità; questo ha destabilizzato molti degli intervistati che si sono dovuti adattare, e continuano a doversi adattare ancora oggi, ad alternative a quelle che un tempo erano le loro realtà.

Risulta rilevante e ricorrente il tema della morte, che inevitabilmente ha profondamente scosso alcuni degli intervistati, in particolare chi ha vissuto l’esperienza del terremoto, dove in pochi minuti le persone si sono trovate a rischio per la vita propria e degli altri amici e/o familiari e sono state esposte alla vista delle persone care morte, come evidenziano le risposte degli intervistati, con importanti lutti da elaborare e risvolti chiaramente depressivi (come nel caso di Gaetano).

Anche la perdita di ricordi materiali, come fotografie, libri, oggetti cari, memorie di famiglia, ha causato dolore nelle persone, mentre allo stesso tempo si è sviluppata in molti di loro una nuova concezione di cosa abbia davvero valore e cosa in confronto non abbia importanza. In questo caso, tutto ciò che è «immateriale» (e perciò non soggetto a distruzione fisica da parte di eventi critici?) è stato rivalutato, mentre oggetti materiali sembrano avere perso quella centralità che possedevano per le persone prima di queste esperienze (come nel caso di Roberto).

In alcuni degli intervistati si è anche sviluppata la consapevolezza di avere riportato una crescita personale a seguito dell’evento, di avere sperimentato dei cambiamenti significativi, un miglioramento, una vera e propria «Crescita Post-Traumatica», confermando quanto supposto nella domanda di ricerca n. 6 (Tedeschi & Calhoun, 2004). È il caso, ad esempio, della testimonianza di Veronica.

La concezione della temporalità a seguito di tali avvenimenti è cambiata radicalmente in tutti gli intervistati; è emersa la conferma, anche in questo studio, che un evento traumatico crea una vera e propria «rottura biografica», determinando così un prima e un dopo evento critico, un taglio netto talmente rilevante che ormai queste persone tendono a orientarsi nel tempo collocando gli eventi della propria vita prima o dopo la catastrofe (ad esempio le testimonianze di Rebecca e Pietro). Questo dato si colloca in linea con molte ricerche internazionali sugli effetti di un evento traumatico sulla temporalità dell’individuo che lo subisce: Sword et al. (2014) propongono una vera e propria forma di intervento psicoterapeutico basato sulla temporalità, affinché la persona possa ritrovare una temporalità più positiva e bilanciata. Boniwell et al. (2015) evidenziano la rilevanza anche di una forma di counseling temporale, volto proprio ad aiutare la persona a recuperare una temporalità più bilanciata e non gravata dal passato negativo come tempo che condiziona tutta la progettualità futura.

Un altro aspetto che in queste situazioni di emergenza risulta particolarmente rilevante, aspetto emerso anche nelle interviste, è quello dell’importanza del supporto sociale. Questo è un aspetto ricorrente in tutte le interviste analizzate: tutti, infatti, hanno riconosciuto come un aspetto positivo proprio questo spirito di solidarietà, questa prontezza ed efficienza nell’aiuto sia da parte dei soccorritori (volontari, protezione civile, vigili del fuoco, ecc.) che da parte delle singole persone, che da tutta l’Italia sono giunte in loro soccorso.

Secondo Hirschberger (2018), paradossalmente il trauma non è semplicemente un evento distruttivo, ma può diventare anche un ingrediente rilevante nella costruzione del significato collettivo, può essere considerato come un’esperienza condivisa che può risultare preziosa per la comunità nella costruzione del significato collettivo, un significato che valorizzi la resilienza della comunità e la sua capacità di ricostruire gradualmente il suo futuro sulle macerie del passato.

Dall’analisi è emerso anche che diversi tra i soggetti intervistati si sono invece sentiti abbandonati, dimenticati dalle istituzioni politiche, manifestando un profondo vissuto abbandonico e al tempo stesso chiedendo aiuto attraverso una maggiore cura e ricostruzione del contesto di vita. Questo aspetto richiama da vicino il modello di Janoff-Bulman (1992) sulle Assunzioni infrante sul Mondo, in particolare la credenza in un mondo giusto, dove a comportamenti personali improntati all’onestà si sarà premiati attraverso la giustizia sociale, credenza che se infranta può irrigidire la persona in un atteggiamento cinico e difensivo verso la società. È il caso della testimonianza di Stefania.

Le emozioni prevalenti emerse dalle testimonianze sono il dolore per la perdita sia di persone care e conoscenti, che di beni e ricordi materiali, la rabbia, lo sconforto, l’insicurezza e l’incertezza nei confronti di un futuro precario e imprevedibile. Queste emozioni sono in linea con altri studi sui traumi collettivi, in particolare sugli eventi critici non più classificabili unicamente come «naturali», ma, considerata anche la capacità tecnica contemporanea, anche in parte causati dall’uomo: la rabbia, infatti, emerge quando le vittime ritengono il danno causato non solo o non tanto da eventi naturali, quanto dalla causazione umana (Bromet, 1989; Weisaeth, 1992).

Le interviste dimostrano anche quanto delle emozioni così forti possano essere rappresentate attraverso dei simboli, delle parole chiave, delle rappresentazioni artistiche. Gli intervistati infatti hanno attribuito a dei simboli — astratti o nella maggior parte dei casi concreti, legati alla loro vita, ai loro ricordi — dei significati, delle emozioni.

In alcuni disegni emerge non solo la disperazione, ma anche la volontà e il desiderio di superare il trauma: lo si intravvede dalla scelta dei colori quali il giallo e il bianco, accanto al nero, come in Rebecca e Rosa, confermando la domanda di ricerca n. 5.

Anche e soprattutto attraverso i disegni da loro realizzati, in cui era stato chiesto di rappresentare il proprio stato emotivo, gli intervistati sono riusciti a far emergere attraverso tratti semplici, pennellate istintive e materiche, proprio quel loro lato interiore, attribuendo a graffi, tagli, ferite, cicatrici, macchie impossibili da cancellare, vortici scuri, segni confusi, eccetera, dei significati estremamente forti (si veda l’Appendice).

Conclusioni

Lo studio ha messo in evidenza come un evento traumatico collettivo quale un terremoto e un’alluvione comporti molteplici effetti di natura psicologica e psicosomatica sulle persone esposte, con effetti non solo a breve ma anche a lungo termine.

Interventi a livello di counseling, psicoterapia e arteterapia possono aiutare le persone colpite nell’elaborazione dell’evento critico. In particolare, il counseling sulla temporalità (Boniwell & Zimbardo, 2004; Sword et al., 2014) può favorire una prospettiva temporale più bilanciata, in grado di recuperare anche le dimensioni positive del proprio passato e il ritorno di una visione costruttiva del futuro. La narrazione del trauma, così come la sua sublimazione o simbolizzazione entro espressioni artistiche, rappresentano modalità di intervento specialistico utili per ridurre la sofferenza, aiutare a esprimere in modo più positivo le emozioni e porsi come tecniche efficaci per favorire l’elaborazione cognitiva ed emozionale dell’evento, insieme alla capacità di comunicarlo agli altri, anch’esso importante per il benessere psicologico (Rimé, 2009, 2020; Talwar, 2007). La terapia centrata sull’espressione artistica (Appleton, 2001; Talwar, 2007) può porsi, infatti, come valido aiuto all’espressione dei vissuti e integrarsi con il counseling e la narrazione verbale di quanto accaduto.

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Appendice

Come rappresenterebbe visivamente il suo stato d’animo relativo all’esperienza vissuta?

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Figura 1 (Rosa: Rappresenterei lo scuro, come se non vedessi un futuro, come se il mio essere si fermasse, si bloccasse. Farei delle chiazze perché le emozioni sono a sprazzi, non farei qualcosa di logico e lineare, ma qualcosa di senza senso, anzi vorrei dare l’idea di qualcosa di chiuso, pieno di scuro in cui non ci sono spiragli di luce. Un senso di soffocamento, di paralisi, di incapacità di muoversi, di solito la paura tende a paralizzarmi).

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Figura 2 (Stefania: Ho rappresentato un vortice, un vortice buio di emozioni e di pensieri).

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Figura 3 (Veronica: Una macchia, non è una cosa che va via facilmente, puoi provare quanto vuoi a cancellarla ma non andrà via).

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Figura 4 (Roberto: Ho rappresentato dei graffi per rappresentare il trauma, quindi non c’è una bella superficie liscia, ma è graffiata, è rovinata per sempre).


  1. 1 Istituto Universitario ISIA, Faenza.

  2. 2 University Institute ISIA, Faenza.

Vol. 18, Issue 2, June 2025

 

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