Vol. 16, n. 3, novembre 2023
STUDI E RICERCHE
Dalle risorse personali all’occupabilità
Il ruolo mediatore della career adaptability nella relazione tra accettazione del cambiamento ed employability in giovani neolaureati
Maria Luisa Giancaspro,1Cataldo Giuliano Gemmano,1Lucia di Modugno1 e Amelia Manuti1
Sommario
Le trasformazioni del mondo del lavoro hanno profondamente influenzato i processi di transizione scuola-università-lavoro, richiedendo ai giovani neolaureati di sviluppare la propria employability per raggiungere i propri obiettivi di carriera. In questo contesto di cambiamenti, modelli teorici ed evidenze empiriche hanno mostrato l’importanza di risorse personali, come l’accettazione del cambiamento e la career adaptability, nei processi di employability. L’obiettivo dello studio è indagare in che modo l’accettazione del cambiamento nella propria vita sia legata all’employability, ipotizzando il ruolo mediatore della career adaptability. I partecipanti allo studio sono 130 giovani neolaureati che hanno compilato l’Acceptance of Change Scale, la Career Adapt-Abilities Scale e la Multidimensional Employability Scale. I risultati di modelli di equazioni strutturali hanno mostrato relazioni positive e significative tra le variabili di interesse e un effetto indiretto significativo dell’accettazione del cambiamento sull’employability attraverso la mediazione della career adaptability. Dal punto di vista teorico, i risultati contribuiscono a spiegare che l’accettazione del cambiamento sostiene indirettamente l’employability perché incide sullo sviluppo delle career adapt-abilities che risultano fondamentali per l’occupabilità. Dal punto di vista pratico, lo studio sostiene l’implementazione di interventi volti allo sviluppo delle risorse personali per sostenere i processi di carriera di giovani neolaureati.
Parole chiave
Employability, Acceptance of change, Career adaptability, Neolaureati, Risorse personali.
STUDIES AND RESEARCH
From Personal Resources to Employability
The Mediating Role of Career Adaptability in the Relationship Between Acceptance of Change and Employability in Young Graduates
Maria Luisa Giancaspro,2Cataldo Giuliano Gemmano,1Lucia di Modugno,1 and Amelia Manuti1
Abstract
The transformations in the world of work have influenced school-university-work transition processes, requiring young graduates to develop their employability in order to achieve their career goals. In this context of changes, theoretical models and empirical evidence have shown the importance of personal resources, such as acceptance of change and career adaptability, in processes of employability. The objective of the study is to investigate why and how acceptance of change is linked to employability, hypothesizing the mediating role of career adaptability. Participants were 130 young graduates who filled out the Acceptance of Change Scale, the Career Adapt-Abilities Scale and the Multidimensional Employability Scale. Results of structural equation models showed positive and significant relationships between the variables of interest and a significant indirect effect of acceptance of change on employability through the mediation of career adaptability. Theoretically, these results contribute to explaining that acceptance of change indirectly supports employability because it affects the development of career adapt-abilities, which, in turn, are fundamental for employability. Practically, the study sustains the implementation of interventions aimed at developing personal resources to support the career processes of young graduates.
Keywords
Employability, Acceptance of change, Career adaptability, Young graduates, Personal resources.
Introduzione
Il mercato del lavoro contemporaneo si presenta indubbiamente come uno scenario «turbolento», in costante trasformazione e difficilmente prevedibile (Lo Presti et al., 2018). Negli ultimi anni alcuni importanti fenomeni, tra cui la globalizzazione e la digitalizzazione, hanno ridisegnato le sue logiche, ridefinendo di conseguenza i pattern di carriera degli individui che risultano altrettanto fluttuanti. Per scelta o per necessità, i lavoratori sono attualmente chiamati a muoversi lungo sentieri sempre meno lineari, spesso cambiando posizione all’interno della stessa impresa o spostandosi rapidamente da un contesto organizzativo all’altro (Hirschi & Koen, 2021).
In questo quadro, dunque, la capacità di accettare i cambiamenti, adattarsi e rendersi flessibili rispetto a scelte/esigenze personali e richieste del contesto professionale diventa una risorsa di coping fondamentale per affrontare le sfide del tempo dal punto di vista sia dei lavoratori che delle organizzazioni (Vanhercke et al., 2016). A fronte di queste evidenze negli ultimi anni la letteratura scientifica e la pratica professionale si sono concentrate sulla valorizzazione del concetto di employability (occupabilità), evidenziando la necessità di rileggere le credenze, le rappresentazioni e i piani d’azione orientati alla gestione della carriera alla luce delle nuove esigenze del contesto lavorativo ma anche delle nuove generazioni che in esso si muovono (Lodi et al., 2020).
L’Unione Europea definisce il concetto di occupabilità come il percorso verso la piena occupazione, che si rivela strategico per ridurre la disoccupazione e la povertà (European Commission, 2010; ILO, 2017). Sebbene di recente sempre più attenzione sia stata rivolta all’employability, questo concetto non è nuovo. Le origini sono riconducibili al dopoguerra con riferimento all’inserimento di persone disabili o soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro. Da allora, l’employability ha ricevuto una grande attenzione da parte di politici, ricercatori e professionisti ed è diventata oggetto di studio di diverse discipline, come la ricerca professionale, l’istruzione, il management e la psicologia (Forrier & Sels, 2003).
A seguito di questi studi, sono state proposte diverse definizioni del costrutto (Fugate et al., 2004; Lo Presti & Pluviano, 2016; van Dam, 2004; Van der Heijde & Van der Heijden, 2005). Tra i contributi più autorevoli in questa direzione, c’è sicuramente la prospettiva di Fugate e colleghi (2004), che concepiscono l’occupabilità come una forma di adattabilità specifica al lavoro che consente ai lavoratori di identificare e realizzare opportunità di carriera, facilitando la transizione tra posti di lavoro, sia all’interno (internal employability) che tra organizzazioni (external employability).
Adottando una prospettiva diversa, van Dam (2004) ha contribuito al dibattito fornendo una visione dell’occupabilità più incentrata sull’organizzazione e ha introdotto i concetti di employability orientation e employability activities. L’employability orientation è definito come «l’atteggiamento dei dipendenti verso interventi volti ad aumentare la flessibilità dell’organizzazione attraverso lo sviluppo e il mantenimento dell’employability dei dipendenti per l’organizzazione» (p. 30). Le employability activities sono «le attività che i dipendenti intraprendono per migliorare e mantenere la propria occupabilità, come impegnarsi in attività di sviluppo e potenziamento delle proprie conoscenze ed esperienze lavorative» (p. 35). Tale contributo, pur essendo particolarmente centrato sull’organizzazione, ha avuto il merito di aver distinto tra l’orientamento personale (gli atteggiamenti) e le conseguenti attività (i comportamenti) messi in atto per aumentare la propria occupabilità.
Successivamente, Van der Heijde e Van der Heijden (2005) hanno teorizzato che l’employability fosse «il continuo soddisfacimento, acquisizione o creazione di lavoro attraverso l’uso ottimale delle proprie competenze» (p. 143). Gli autori hanno sviluppato un modello di occupabilità basato su cinque dimensioni di competenza (competenza professionale, anticipazione di futuri cambiamenti lavorativi e ottimizzazione delle proprie risorse, flessibilità personale, senso ed equilibrio aziendale). Tuttavia, poiché fortemente incentrato sulle competenze di occupabilità, il modello non ha considerato il ruolo svolto dal capitale sociale e dalle più ampie dinamiche del mercato del lavoro nello sviluppo dell’occupabilità.
Al fine di superare i limiti degli approcci precedenti, Lo Presti e Pluviano (2016) hanno elaborato un modello euristico multidimensionale, definendo l’employability come: «una risorsa personale che gli individui sviluppano durante la vita lavorativa con l’obiettivo di aumentare il proprio successo professionale, attribuendo importanza e impegnandosi a dare un senso alle esperienze lavorative passate e immaginando il proprio futuro professionale, acquisendo competenze e abilità preziose, migliorando le proprie reti formali e informali legate alla carriera, esplorando il proprio ambiente sociale alla ricerca di opportunità e vincoli al proprio percorso di carriera» (p. 5). Considerando l’occupabilità come una risorsa strumentale, gli autori hanno sottolineato che può consentire agli individui di gestire le sfide e sfruttare le opportunità incontrate durante la navigazione nelle acque turbolente del mercato del lavoro.
Al fine di esplicitare al meglio il concetto, secondo tale prospettiva teorica, l’employability è composta da quattro dimensioni fondamentali (Lo Presti & Pluviano, 2016): (1) career identity and self-management, che si riferisce alla consapevolezza che gli individui potrebbero avere riguardo alla propria esperienza professionale e la capacità di darle un senso in linea con le specificità presenti e futuri obiettivi di carriera; (2) human capital and professional development, che si riferisce alle competenze acquisite e agli sforzi compiuti dai singoli individui per sviluppare nuove conoscenze e abilità utili a migliorare le possibilità di carriera presenti e future; (3) social capital e networking, che si riferisce all’insieme di atteggiamenti e comportamenti concreti volti a migliorare il proprio capitale sociale; e (4) environmental monitoring, che è legato alla consapevolezza del contesto esterno e alla ricerca di informazioni su atteggiamenti e comportamenti utili per sviluppare un percorso professionale di successo.
Partendo da questa definizione teorica, gli autori hanno sostenuto che l’occupabilità è correlata a tre specifici gruppi di antecedenti e incide su esiti sia di natura prossimale che distale. Per quanto riguarda gli antecedenti, Lo Presti e Pluviano (2016) distinguono tra: esperienze formative e lavorative, come ad esempio il livello di istruzione, le capacità cognitive, o specifiche competenze che migliorano le performance; caratteristiche disposizionali, come la proattività, l’apertura all’esperienza e l’ottimismo che la favoriscono, o come il nevroticismo e i sentimenti negativi che la ostacolano; e, infine, eventi e circostanze di vita che si riferiscono a condizioni esterne che, anche se per lo più incontrollate e imprevedibili, influenzano in modo significativo l’occupabilità e includono fattori personali (ad esempio malattie croniche), familiari (ad esempio genitorialità, divorzio, assistenza agli anziani), organizzativi (ad esempio progressione di carriera, sottoccupazione, fusioni/acquisizioni) e sociali (ad esempio cambiamenti nel mercato del lavoro, depressione economica, politiche di welfare).
Per quanto riguarda gli esiti del modello euristico, gli autori hanno descritto i risultati prossimali e distali dell’employability. Il principale risultato prossimale considerato è il successo professionale interno ed esterno, mentre tra quelli distali gli autori hanno evidenziato l’impegno lavorativo, la soddisfazione lavorativa e i comportamenti di ricerca di lavoro.
Focalizzando l’attenzione sulla prospettiva individuale e sulla componente disposizionale, risulta evidente che gli individui nel corso delle proprie esperienze sviluppano una percezione di occupabilità (perceived employability) intesa come credenza relativa alla propria capacità di rendersi attraente per il mercato del lavoro, di riuscire a raggiungere i propri obiettivi e a mantenere stabilmente la propria posizione che rappresenta un’importante risorsa per affrontare le diverse tappe e le eventuali difficoltà del percorso professionale (Vanhercke et al., 2014). Ad esempio, la percezione di occupabilità risulta estremamente preziosa per i giovani neolaureati immersi in una fase «esplorativa» della propria carriera, nel corso della quale sono impegnati a identificare la professione che vorrebbero svolgere e le skills di cui hanno bisogno per raggiungere i propri obiettivi (Vanhercke et al., 2016).
Ricerche nell’ambito delle transizioni scuola-università-mondo del lavoro mostrano infatti che uno studente che si percepisce employable tende ad affrontare le opportunità che incontra con maggiore flessibilità e capacità di adattamento, superando eventuali ostacoli o difficoltà efficacemente e sviluppando un senso di sicurezza e di autoefficacia che potranno risultare risorse preziose per il suo futuro (Baluku et al., 2021; Ryan, 2001; Vuolo et al., 2014). Una percezione positiva della propria occupabilità consente infatti di identificare chiari obiettivi di carriera, di attivare le risorse personali utili a raggiungerli e di perseguire efficacemente in azioni congruenti, controllando l’andamento e l’evoluzione del proprio percorso professionale (Lo Presti & Pluviano, 2016).
Dunque, la percezione di occupabilità è ampiamente influenzata dalle risorse personali di cui gli individui dispongono, ovvero tutte quegli aspetti della personalità, credenze, motivazioni, atteggiamenti sviluppati e modellati nel corso dell’esperienza, che contribuiscono a definire gli stili di azione adottati per far fronte e gestire le richieste poste dai diversi contesti di vita per raggiungere i propri obiettivi (Van den Heuvel et al., 2010). Tra queste risorse, un ruolo fondamentale, soprattutto nel contesto del lavoro contemporaneo descritto in precedenza, è attribuito alla capacità di accettazione del cambiamento. L’accettazione del cambiamento identifica la disponibilità ad accogliere il cambiamento piuttosto che a resistervi sulla base della convinzione che il cambiamento possa avere un impatto positivo sulla propria vita (Di Fabio & Gori, 2016).
Si tratta di un costrutto complesso che comprende diverse dimensioni: la predisposizione al cambiamento (predisposition to change), intesa come percezione relativa alla propria capacità di imparare dal cambiamento migliorando di conseguenza la propria vita; il supporto al cambiamento (support for change), ovvero la percezione di sostegno che gli altri possono offrire nella gestione del cambiamento; la ricerca del cambiamento (change seeking), intesa come tensione alla ricerca attiva di occasioni di cambiamento; la reazione positiva al cambiamento (positive reaction to change), ovvero la sperimentazione di emozioni positive in risposta al cambiamento; e la flessibilità cognitiva (cognite flexibility), che si riferisce alla capacità di adattare le proprie credenze e strategie di elaborazione cognitiva al cambiamento richiesto.
In quest’ottica l’accettazione del cambiamento si pone come una risorsa preziosa per l’occupabilità. Studi recenti nell’ambito della transizione università-mondo del lavoro hanno infatti dimostrato un’associazione positiva tra employability percepita e disponibilità ad accettare il cambiamento (Di Fabio & Bucci, 2015; Gori et al., 2020). Tuttavia, nonostante queste evidenze, poco è ancora noto circa il ruolo delle variabili intervenienti nella relazione tra accettazione del cambiamento e percezione di occupabilità.
L’approfondimento di variabili che intervengono in tale relazione può contribuire a chiarire e spiegare attraverso quali meccanismi l’accettazione del cambiamento possa portare a una maggiore employability. Partendo da questa premessa, il presente studio intende offrire un contributo in questa direzione testando il ruolo mediatore della career adaptability nella relazione tra accettazione del cambiamento ed employability.
Con l’etichetta career adaptability ci si riferisce alla «prontezza a far fronte a tasks prevedibili di preparazione e di partecipazione al ruolo lavorativo e a adattamenti imprevedibili indotti dai cambiamenti nel lavoro e nelle condizioni di lavoro» (Savickas, 1997, p. 254). In quest’ottica, considerando la natura prevedibile e imprevedibile degli adattamenti richiesti dal contesto, l’accettazione del cambiamento si configura come uno dei più importanti antecedenti in grado di promuovere l’adattamento di carriera. L’associazione tra accettazione del cambiamento e career adaptability si basa sull’idea che individui in grado di accogliere ed esaltare i risvolti positivi del cambiamento saranno più probabilmente pronti ad affrontare con flessibilità e adattarsi alle sfide della propria carriera.
Evidenze empiriche supportano la relazione tra accettazione del cambiamento e career adaptability: ad esempio lo studio di Zacher (2014) mostra che l’accettazione del cambiamento in termini di apertura a nuove esperienze prediceva la variazione nel tempo della career adaptability. Recentemente, un articolo di Di Fabio e Svicher (2022) ha suggerito che l’accettazione del cambiamento sia una delle risorse da sviluppare in interventi legati alla consulenza di carriera per potenziare l’adattamento degli individui in contesti di precariato, supportando l’idea che la capacità di accettazione del cambiamento sostenga la career adaptability.
Inoltre, le career adaptabilities rappresentano un’importante risorsa per l’employability poiché promuovono la capacità degli individui di controllare in modo efficace l’evoluzione del proprio percorso professionale, rispondendo adeguatamente alle richieste legate al proprio impiego e alle difficoltà che si presenteranno nel corso della propria carriera (Savickas & Porfeli, 2012; Zacher, 2014). Evidenze empiriche supportano tale relazione: ad esempio la meta-analisi di Rudolph e colleghi (2017), basata su 90 studi precedenti, ha evidenziato una relazione positiva e significativa tra la career adaptability e l’employability. Tale studio categorizza l’employability tra i risultati dell’adattamento e sostiene che gli individui che riescono a adattare maggiormente la propria carriera avranno di conseguenza una maggiore occupabilità e possibilità di successo professionale.
Recentemente, lo studio di Atitsogbe e colleghi (2019) ha indagato l’associazione tra career adaptability ed employability in un gruppo di studenti e in un gruppo di persone in cerca di lavoro. I risultati hanno mostrato una relazione positiva e significativa in entrambi i gruppi ma hanno evidenziato che il contributo della career adaptability era più forte per l’employability di persone in cerca di lavoro.
Considerando le teorie di riferimento e le evidenze empiriche presentate a sostegno delle relazioni tra accettazione del cambiamento, career adaptability e employability, il presente studio si propone di indagare le seguenti ipotesi per verificare il ruolo mediatore della career adaptability (Figura 1):
H1: L’accettazione del cambiamento ha una relazione positiva e significativa con la career adaptability.
H2: La career adaptability ha una relazione positiva e significativa con l’employability.
H3: L’accettazione del cambiamento ha una relazione positiva e significativa con l’employability.
H4: La relazione tra accettazione del cambiamento e employability è mediata dalla career adaptability.
Figura 1
Il modello di ricerca ipotizzato che indaga il ruolo mediatore della career adaptability nella relazione tra accettazione del cambiamento ed employability.
Metodo
Partecipanti
Per il presente studio è stato reclutato un gruppo di 165 giovani neolaureati che hanno conseguito il titolo di laurea da massimo un anno. Tuttavia, poiché l’obiettivo dello studio è stato quello di indagare le dinamiche legate all’employability percepita in relazione all’inserimento lavorativo, sono stati esclusi dal gruppo di partecipanti i neolaureati che avevano conseguito una laurea triennale e avevano intenzione di iscriversi ad un corso di laurea magistrale. Dunque, la numerosità finale dei partecipanti è pari a 130 giovani neolaureati.
L’analisi descrittiva condotta sul gruppo di partecipanti rivela che il 75% è composto da donne e il 25% da uomini. L’età media è pari a 25.51 anni (SD = 1.61). Per quanto riguarda il titolo di studio dei partecipanti, l’88% è in possesso di una laurea magistrale, mentre il 12% di una laurea triennale. Nello specifico, il 57% dei neolaureati ha conseguito la laurea nel settore Umanistico-Sociale, mentre il 43% nel settore Scientifico-Tecnologico.
Strumenti
Accettazione del cambiamento. Questa variabile è stata misurata attraverso l’Acceptance of Change Scale (ACS) sviluppata da Di Fabio e Gori (2016). Questo strumento mira a indagare in che misura gli individui sono inclini ad accogliere e a cercare i cambiamenti nella propria vita. La scala è composta da 20 item suddivisi in cinque dimensioni: Change seeking, composta da quattro item (α = .85, ad esempio «Normalmente cerco modi diversi per fare le stesse cose della mia routine giornaliera»); Cognitive flexibility, composta da quattro item (α = .70, ad esempio «Se necessario, non è difficile per me cambiare idea»); Predisposition to change, composta da quattro item (α = .71, ad esempio «Individuo percorsi alternativi con facilità»); Positive reaction to change, composta da quattro item (α = .72, ad esempio «Riesco a trovare lati positivi nei cambiamenti che sono apparentemente negativi»); Support for change, composta da quattro item (α = .74, ad esempio «Posso confrontarmi con altre persone per me importanti di fronte ai cambiamenti»). Ai partecipanti è stato richiesto di indicare una risposta utilizzando una scala Likert a cinque punti (da 1 = «per niente» a 5 = «moltissimo»). Nel presente studio, l’alpha di Cronbach totale dello strumento era .82.
Career adaptability. Questa variabile è stata misurata attraverso la versione italiana della Career Adapt-Abilities Scale, validata in Italia da Soresi e colleghi (2012). Questa scala intende misurare la capacità di affrontare tasks per la propria crescita professionale, di gestire fasi di transizione legate alla carriera e di adattarsi ai cambiamenti del lavoro. Essa è composta da 24 item suddivisi in quattro dimensioni: Concern, costituita da sei item (α = .88, ad esempio «Interessarmi alla mia futura carriera»); Control, costituita da sei item (α = .79, es. «Assumermi la responsabilità delle mie azioni»); Curiosity, costituita da sei item (α = .83, es. «Ricercare opportunità di crescita personale»); Confidence, costituita da sei item (α = .84, es. «Avere cura di fare bene le cose»). Ai partecipanti è stato richiesto di pensare alla pianificazione del proprio futuro e di indicare il loro grado di accordo rispetto a ogni affermazione. Nello specifico, è stata utilizzata una scala Likert a cinque punti (da 1 = «Pochissimo d’accordo» a 5 = «moltissimo d’accordo»). Nel presente studio, l’alpha di Cronbach totale dello strumento era .93.
Employability. Questa variabile è stata misurata attraverso la Multidimensional Employability Scale, sviluppata da Lo Presti e colleghi (2019). Questo strumento intende valutare la capacità di pensare al proprio futuro professionale, di migliorare le proprie competenze e network legati alla sfera lavorativa e di osservare il territorio per identificare opportunità e ostacoli per la propria carriera. Esso è formato da 28 item articolati in quattro dimensioni: Capitale umano e sviluppo professionale, composta da nove item (α = .88, ad esempio «Mi riesce facile apprendere nuove conoscenze riguardanti il mio lavoro»); Capitale sociale e networking, composta da sette item (α = .85, ad esempio «In generale, il supporto sociale di cui godo è un valore aggiunto per la mia carriera»); Identità professionale e career planning, composta da quattro item (α = .89, ad esempio «I miei obiettivi di carriera sono chiari»); Conoscenza del mercato del lavoro, composta da otto item (α = .90, ad esempio «Per quanto riguarda il mio ambito lavorativo di riferimento, ho un’idea abbastanza precisa di potenziali datori di lavoro»). Ai partecipanti è stato richiesto di indicare il proprio grado di accordo/disaccordo rispetto a ciascuna affermazione utilizzando una scala Likert a cinque punti (da 1 = «per nulla d’accordo» a 5 = «completamente d’accordo). Nel presente studio, l’alpha di Cronbach totale dello strumento era .92.
Procedura
I dati sono stati raccolti a partire da marzo 2023 fino all’inizio di luglio 2023. I partecipanti hanno compilato un questionario online diffuso attraverso i social network, sono stati contattati direttamente da alcuni partecipanti cui è stato chiesto di indicare eventuali conoscenti con le caratteristiche richieste che avrebbero potuto partecipare allo studio. Ai partecipanti è stato inoltrato un link per accedere alla compilazione del questionario accompagnato da una breve specificazione dell’obiettivo dello studio e dell’ambito in cui esso si collocava. Lo studio è stato condotto nel pieno rispetto della Helsinki Declaration e delle prescrizioni del General Data Protection European Regulation (EU n. 2016/679).
Analisi dei dati
Il software Jamovi (The Jamovi Project, 2022) è stato utilizzato per condurre le analisi preliminari dei dati e testare le ipotesi attraverso modelli di equazioni strutturali (SEM). Le analisi preliminari includevano l’indagine di medie, deviazioni standard, normalità delle distribuzioni dei punteggi, affidabilità delle misure e correlazioni tra le variabili di studio. Dal momento che alcune variabili osservate avevano valori di asimmetria e curtosi > |1.00| e il test di Mardia ha indicato che l’assunzione di normalità multivariata non fosse rispettata per asimmetria (28.17, p < .001) e curtosi (205.24, p < .01), il metodo di stima di massima verosimiglianza robusta è stato utilizzato per condurre le analisi presentate di seguito.
Un’analisi fattoriale confermativa (AFC) è stata condotta per valutare la qualità del modello di misurazione delle variabili. Considerando la numerosità dei partecipanti e la numerosità degli indicatori, il numero di saturazioni fattoriali da stimare è stato ridotto creando parcels di item per tutte le variabili di studio poiché ogni misura utilizzata era composta da un numero elevato di item e molteplici sottodimensioni. I parcels sono stati creati calcolando la media tra gli item di ogni sottodimensione e sono stati usati come indicatori delle variabili di interesse nel modello di misurazione. Di conseguenza, il modello di misurazione era composto dalle variabili latenti di accettazione del cambiamento (con cinque indicatori), career adaptability (con quattro indicatori) e employability (con quattro indicatori). In questo modo è stato ottenuto un rapporto adeguato tra il numero di parametri da stimare e il numero di osservazioni (Landis et al., 2000; Little, 2013).
Il modello di ricerca ipotizzato è stato testato attraverso un modello SEM controllando per gli effetti di età e genere. Per testare l’effetto indiretto coinvolto nell’Ipotesi 4, è stata utilizzata una procedura bootstrap a 5000 reimmissioni per calcolare l’intervallo di confidenza (CI) del 95% dell’effetto indiretto ipotizzato. La bontà di adattamento dei modelli presentati è stata valutata utilizzando le seguenti soglie per gli indici di adattamento (Kline, 2023): valori di Comparative Fit Index (CFI) e Tucker Lewis Index (TLI) maggiori di .90; valori di Standardized Root Mean Square Residual (SRMR) e Root Mean Square Error of Approximation (RMSEA) minori di 0.08.
Risultati
La Tabella 1 mostra le medie, le deviazioni standard, i valori di alpha di Cronbach e le correlazioni di Pearson tra i punteggi delle variabili di interesse dello studio e le variabili di controllo (età e genere). Le correlazioni tra accettazione del cambiamento, career adaptability e employability sono risultate statisticamente significative e positive. L’età non ha mostrato relazioni bivariate significative, mentre il genere (codificato in 0 = maschio e 1 = femmina) aveva una correlazione significativa e negativa con l’employability, indicando livelli più elevati di employability per gli uomini.
Tabella 1
Medie, deviazioni standard, indici di affidabilità e correlazioni tra le variabili di studio
Variabile |
M |
DS |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
1. Accettazione del cambiamento (range: 20-100) |
70.58 |
8.90 |
(.82) |
||||
2. Career adaptability (range: 24-120) |
98.02 |
11.02 |
.37*** |
(.93) |
|||
3. Employability (range: 28-140) |
104.36 |
14.64 |
.50*** |
.46 |
(.92) |
||
4. Età |
25.51 |
1.61 |
.16 |
.07 |
.02 |
— |
|
5. Genere |
-.15 |
.01 |
-.19* |
.04 |
— |
Note. M = media. DS = deviazione standard. Il genere è codificato in 0 = maschio e 1 = femmina. * p < .05, ** p < .01, *** p < .001.
I risultati dell’AFC preliminare hanno mostrato un adattamento soddisfacente ai dati per il modello di misurazione con tre fattori latenti (χ² (60) = 88.94, p < .01, CFI = .95, TLI = .93, RMSEA = .06, SRMR = .06), dopo avere correlato le varianze residue tra due coppie di indicatori appartenenti allo stesso fattore, come suggerito dagli indici di modifica. Inoltre, la bontà di adattamento del modello con tre fattori latenti è stata confrontata con quella di un modello con un fattore latente. Il modello con un solo fattore ha mostrato un pessimo adattamento ai dati (χ² (44) = 162.81, p < .001, CFI = .69, TLI = .62, RMSEA = .14, SRMR = .10), evidenziando che un singolo fattore non fosse adeguato a spiegare le covarianze tra gli indicatori.
Dopo aver confermato la validità del modello di misurazione, le ipotesi dello studio sono state indagate attraverso un modello SEM volto a testare le relazioni dirette e indirette tra accettazione del cambiamento e employability attraverso la mediazione di career adaptability. Età e genere sono state inserite nel modello strutturale come variabili di controllo. La bontà di adattamento del modello è risultata soddisfacente (χ² (80) = 113.02, p < .01, CFI = .94, TLI = .92, RMSEA = .06, SRMR = .06).
La Figura 2 mostra le stime non-standardizzate dei parametri ottenuti per esaminare le relazioni dirette. I risultati hanno mostrato che l’accettazione del cambiamento aveva una relazione diretta significativa e positiva con la career adaptability (1.97, SE = 1.00, p < .05) e con l’employability (1.78, SE = 0.82, p < .05), confermando rispettivamente le ipotesi 1 e 3. La career adaptability aveva una relazione diretta significativa e positiva con l’employability (0.35, SE = 0.14, p < .01), confermando l’ipotesi 2.
Figura 2
Stime non-standardizzate dei parametri del modello di equazioni strutturali. Note. **p < .01, *p < .05. Gli errori standard sono mostrati tra parentesi. Gli indicatori delle variabili latenti non sono mostrati per motivi di chiarezza grafica.
Le variabili di controllo, età e genere, non avevano relazioni significative né con il mediatore né con l’outcome del modello. Infine, l’analisi bootstrap ha mostrato che l’effetto indiretto dell’accettazione del cambiamento sull’employability attraverso la mediazione della career adaptability era positivo (0.69, SE = 1.42) e statisticamente significativo (95% CI = 0.11; 4.18), confermando l’ipotesi 4. In generale, i risultati hanno mostrato relazioni statisticamente significative tra le variabili di interesse e hanno evidenziato il ruolo mediatore della career adaptability nella relazione tra accettazione del cambiamento ed employability.
Discussione
L’obiettivo dello studio era indagare il ruolo mediatore della career adaptability nella relazione tra accettazione del cambiamento e employability. I risultati hanno mostrato relazioni positive e significative tra le tre variabili di interesse e, in particolare, un effetto indiretto significativo dell’accettazione del cambiamento sull’employability attraverso la mediazione della career adaptability. Pertanto, emerge che gli individui propensi ad accogliere i cambiamenti nella propria vita svilupperanno maggiori abilità e strategie per adattarsi alle sfide della propria carriera e, di conseguenza, migliorare il proprio grado di occupabilità. Le relazioni evidenziate mostrano che l’accettazione del cambiamento contribuisce indirettamente all’employability perché incide sullo sviluppo delle career adapt-abilities, che risultano fondamentali per l’occupabilità di neolaureati in situazioni di incertezza e trasformazioni.
Il presente studio presenta alcuni limiti che è opportuno tenere in considerazione nell’interpretazione dei suoi risultati. In primo luogo, è stata adottata una procedura di campionamento non probabilistico e i partecipanti allo studio non sono rappresentativi di tutte le regioni italiane. Di conseguenza, la generalizzabilità dei risultati è limitata in quanto la formazione universitaria ricevuta e le opportunità professionali incontrate dai neolaureati in territori differenti potrebbero esercitare un effetto diverso sulla loro percezione di essere employable e, in particolare, sulle relazioni tra le loro risorse personali e l’employability percepita. Studi successivi potrebbero coinvolgere un campione più numeroso di individui neolaureati proveniente dalle diverse regioni italiane, caratterizzate da una potenziale variabilità in termini di formazione universitaria ricevuta, contesti lavorativi e occasioni offerte dal mercato del lavoro.
Un ulteriore limite dello studio consiste nell’utilizzo esclusivo di misure self-report. Studi futuri potrebbero valutare le relazioni tra le variabili indagate affiancando alle misure self-report alcuni indicatori oggettivi e/o etero-valutazioni. Infine, per il presente studio è stato adottato un disegno di ricerca trasversale, misurando tutte le variabili di interesse nello stesso momento e aumentando il rischio del common-method-bias. Studi futuri potrebbero replicare i risultati presentati conducendo studi longitudinali che valutino le conseguenze delle risorse personali sull’employability nel tempo.
Nonostante tali limiti, il presente studio ha rilevanti implicazioni teoriche e pratiche. Dal punto di vista teorico, il presente studio contribuisce ad accrescere le conoscenze relative alle relazioni tra le risorse della persona (accettazione del cambiamento e career adaptability) e i suoi obiettivi in termini di occupabilità. Nello specifico, i risultati evidenziano che gli individui che presentano livelli più elevati di accettazione del cambiamento e adattabilità di carriera avranno una maggiore employability. Tali evidenze sono coerenti con il modello di employability di Lo Presti e Pluviano (2016) che propone le caratteristiche disposizionali tra le principali categorie di antecedenti dell’occupabilità, sottolineando l’importanza di risorse personali, come la predisposizione al cambiamento e la capacità di adattamento, per l’employability di giovani neolaureati. Le relazioni evidenziate sono coerenti con studi empirici precedenti che avevano mostrato gli effetti positivi dell’accettazione del cambiamento e della career adaptability sull’employability (Atitsogbe et al., 2019; Di Fabio & Bucci, 2015; Gori et al., 2020; Rudolph et al., 2017).
Un ulteriore contributo del presente studio consiste nell’avere verificato il ruolo mediatore della career adaptability nella relazione tra accettazione del cambiamento ed employability. Tale evidenza contribuisce a spiegare perché e in che modo una variabile disposizionale sia legata a un esito di occupabilità. La letteratura sul tema aveva mostrato teoricamente ed empiricamente che l’accettazione del cambiamento fosse un fattore importante per l’employability (Gori et al., 2020; Lo Presti & Pluviano, 2016), ma si rivela particolarmente utile approfondire e rivelare che uno dei meccanismi che lega le due variabili è la career adaptability. Configurandosi come esito dell’accettazione del cambiamento (Di Fabio & Svicher, 2022; Zacher, 2014) e come antecedente dell’employability (Rudolph et al., 2017), la career adaptability riveste un ruolo di mediazione che contribuisce a comprendere che la predisposizione al cambiamento nella propria vita si sostanzia dell’adattamento alle sfide di carriera che, a sua volta, è una risorsa fondamentale per rimanere occupabili nei contesti odierni.
Dal punto di vista pratico, il presente studio sostiene un approccio orientato allo sviluppo delle risorse personali per sostenere individui neolaureati nella ricerca del proprio posto nel mercato del lavoro. Considerando la complessità delle transizioni dall’università al mondo del lavoro, spesso caratterizzate da grande incertezza e indecisione, le università sono chiamate a supportare il processo di ricerca dell’occupazione attraverso interventi dei servizi universitari di placement rivolti all’accompagnamento e all’orientamento dei neolaureati (Manuti et al., 2022).
In particolare, le evidenze dello studio suggeriscono lo sviluppo di interventi che non siano unicamente focalizzati sulla conoscenza delle opportunità del mercato del lavoro, ma che affianchino a tali obiettivi lo sviluppo personale degli individui rafforzando le loro abilità di essere flessibili di fronte ai cambiamenti e riuscire a adattarsi anche a sfide impreviste nel corso della carriera. Tali risvolti applicativi sono coerenti con le prospettive di studi precedenti che sottolineano la possibilità di supportare i processi di carriera degli individui attraverso interventi mirati al potenziamento di risorse personali in un’ottica di prevenzione primaria (Di Fabio & Kenny, 2015; Di Fabio & Svicher, 2022; Gori et al., 2020).
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