Vol. 1, n. 1, luglio 2024

Corpi fragili in ragazzi difficili

La formazione accademica degli educatori sportivi1

Silvia Sangalli2 e Antonio Borgogni3

Sommario

L’articolo esplora il tema della fragilità dei corpi dei minori, focalizzandosi su come affrontare le crescenti difficoltà giovanili in termini di povertà assoluta e malessere psicologico. Considerando, in particolare, la fragilità dei minori in condizione di disagio, l’articolo sottolinea l’importanza delle pratiche motorie e sportive come strumento di intervento socioeducativo e la necessità di un’adeguata formazione socioeducativa anche per gli operatori sportivi.

L’insegnamento di Sport e Intervento Sociale presso l’Università degli Studi di Bergamo, erogato per gli studenti di Scienze Motorie e Sportive, si distingue per un approccio didattico innovativo che integra esperienze pratiche e riflessioni teoriche. Attraverso le testimonianze raccolte nei portfolio dagli studenti, è emersa crescente consapevolezza delle sfide legate alla fragilità giovanile e della rilevanza della pratica sportiva nell’intervento socioeducativo. Gli incontri con operatori educativi e sportivi hanno evidenziato l’importanza di una formazione interdisciplinare che integri competenze socioeducative con quelle sportive.

Infine, l’articolo, alla luce delle recenti modifiche in materia di settori scientifici disciplinari e concorsuali, riflette sulla prospettiva di mantenere un focus socioeducativo nella formazione degli operatori sportivi, oltre al necessario, ma non sufficiente, approccio biomedico, per continuare a considerare le fragilità e le sfide complesse dei corpi.

Parole chiave

Corpo, ragazzi difficili, disagio giovanile, didattica universitaria, attività motorie-sportive.

Fragile bodies in troubled youth

The academic training of sports educators4

Silvia Sangalli5 and Antonio Borgogni6

Abstract

The article explores the theme of the fragility of minors’ bodies, focusing on how to address the growing youth difficulties in terms of absolute poverty and psychological distress. Considering specifically the vulnerability of disadvantaged minors, the article emphasizes the importance of physical and sports practices as a tool for socio-educational intervention and the need for adequate socio-educational training for sports operators.

The course of Sports and Social Intervention at the University of Bergamo, offered to students of Human Movement and Sports Science, stands out for an innovative didactic approach that integrates practical experiences and theoretical reflections. Through the testimonials collected in students’ portfolios, a growing awareness has emerged regarding the challenges associated with youth vulnerability and the relevance of sports practice in socio-educational intervention. Meetings with educational and sports operators have highlighted the importance of interdisciplinary training that integrates socio-educational and sport competencies.

Finally, the article, considering recent changes in scientific disciplinary and recruitment sectors, reflects on the perspective of maintaining a socio-educational focus in the training of sports operators, in addition to the necessary but not sufficient bio-medical approach, to continue addressing the complexities and challenges of bodies’ vulnerabilities.

Keywords

Body, difficult young, youth discomfort, university teaching, physical activities and sport.

Introduzione

Corpi con capacità amplificate grazie allo sviluppo della tecnica e della tecnologia, in grado di adattare l’ambiente alle proprie necessità e di superare i propri limiti; corpi ibridi, che possono creare e vivere innumerevoli vite virtuali che trascendono il mondo. Ma pur sempre corpi fragili, soprattutto quelli dei minori.

Potrebbe essere lecito supporre che, essendo apparentemente la storia umana una «registrazione del progresso, una registrazione dell’accumularsi delle conoscenze e dell’aumento della sapienza, del continuo avanzare da un livello più basso a uno più alto di intelligenza e di benessere» (Collingwood, 1956, p. 146), il nostro futuro possa essere più roseo del nostro presente. Di fatto, anche con la scienza moderna si pensava che malattie e povertà sarebbero state sconfitte e quindi le nostre vite sarebbero, di certo, migliorate (Fukuyama, 1992). In realtà, però, le cose non stanno così, anzi ora si guarda al futuro con pessimismo e non lo si considera più sinonimo di progresso (Benasayag e Schmit, 2005). «Le disuguaglianze economiche e sociali si sono acuite anche all’interno dei paesi più sviluppati, amplificate da eventi di portata globale — la crisi finanziaria del 2008, le grandi migrazioni di massa, la pandemia da Covid-19, solo per citarne alcuni — che nel breve volgere di pochi decenni hanno colpito duramente la stabilità economica e soprattutto sociale degli individui, con effetti traumatici la cui portata deve ancora mostrarsi nella sua interezza e complessità» (Digennaro, 2021a).

A soffrire di questa situazione sono anche i minori: la povertà assoluta, ovvero «il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia per evitare gravi forme di esclusione sociale» (Istat, 2024), colpiva nel 2022 il 13,4% dei minori (dato superiore rispetto al 9,7% relativo alla popolazione) (Istat, 2023a) e al crescere dell’età (tra i minori) aumentava anche il rischio di povertà o esclusione sociale (questo indice ha raggiunto il 28,8% per i giovani fino a 17 anni, a dispetto del 24,4% del resto della popolazione) (Istat, 2023b). Ma non solo. La pandemia da Covid-19, in particolare tra gli adolescenti, ha portato un peggioramento della salute mentale e del benessere psicologico, che già prima faticavano a raggiungere livelli adeguati (Open Polis, 2023). Disturbi alimentari, autolesionismo, ritiro sociale, sono solo alcune delle sofferenze che i giovani stanno vivendo e i loro corpi, tormentati, ne sono la testimonianza (Open Polis, 2024a; 2024b; Digennaro, 2021a). L’indice di salute mentale ha registrato nel 2022 un miglioramento rispetto al 2021, ma è rimasto, comunque, più basso del 2020 (Open Polis, 2023).

Perciò, insicurezza, precarietà e crisi sono ormai parte integrante della quotidianità dei giovani (ISS, 2022) e sono andate ad aggiungersi alle difficoltà che già c’erano prima (Benasayag e Schmit, 2005); ma, in queste storie già di per sé critiche, emergono anche quelle dei minori fragili, vulnerabili, marginali, deprivati e devianti; minori che risentono ancor di più della povertà economica e/o educativa, che sovente vivono in famiglie prive di strumenti per soddisfare i loro bisogni materiali, educativi e affettivi. Queste vite richiedono interventi socioeducativi per alleviare le sofferenze e le difficoltà quotidiane, per favorire l’inclusione dei giovani all’interno della società e per prevenire eventuali sviluppi devianti. Attraverso questi interventi i minori possono cercare di superare e rileggere le difficoltà della loro vita (Bertolini e Caronia, 2015) e di riposizionarsi per vivere inclusi nella società (Canevaro, 2006; Nussbaum, 2011).

Diverse ricerche, in particolare nel panorama nazionale, sostengono che le pratiche corporee, motorie e sportive sono in grado di migliorare il benessere e la qualità di vita dei minori in condizione di disagio; altre, soprattutto a livello internazionale, hanno dimostrato che ciò, in realtà, dipende da diversi fattori, alcuni che riguardano direttamente l’«emisfero sportivo», altri che sono, invece, ad esso esterni (Coakley, 2011; Coalter, 2017). Ad esempio, per quanto riguarda i primi, è stato evidenziato che affinché le attività corporee, motorie e sportive portino benefici la figura dell’allenatore è determinante. Ad esempio, è fondamentale che esso sia adeguatamente formato, ovvero che abbia competenze socioeducative e sia a conoscenza della tematica del disagio giovanile. Anche il tipo di attività che propone ha delle influenze sull’impatto dell’attività sul giovane.

Da queste considerazioni emerge chiaramente che una formazione di tipo tecnico relativa allo sport promosso non è sufficiente, soprattutto quando si ha a che fare con giovani che vivono una condizione di fragilità e vulnerabilità.

Ciò significa che anche, e soprattutto, in contesto accademico è opportuno elargire ai laureandi in Scienze Motorie e Sportive una formazione che tenga conto di questi aspetti e offra approfondimenti specifici anche nel campo sociale e pedagogico. A tal proposito, il presente contributo vuole presentare l’esperienza dell’insegnamento di Sport e Inclusione Sociale, erogato dall’Università degli studi di Bergamo, all’interno del Corso di Scienze Motorie e Sportive, nell’anno accademico 2022/2023.

L’insegnamento «Sport e Intervento sociale»: il caso di Bergamo

Il corso di Scienze Motorie e Sportive esordisce tra quelli dell’Università degli studi di Bergamo nell’anno accademico 2020/2021. Come pochi altri in Italia7, appartiene all’offerta formativa erogata dal Dipartimento di Scienze Umane e Sociali e l’intento del corso è proprio quello di fornire una formazione che tenga conto sia delle discipline motorio-sportive, cliniche e biomediche, ma anche di quelle psicopedagogiche, antropologiche e storico-filosofiche.

In questo senso, nel piano formativo, sono diversi i crediti riservati alle scienze umane e sociali, in modo specifico, anche alla disabilità, alla fragilità e al disagio.

Nell’anno accademico 2022/2023 è stato proposto agli studenti e alle studentesse del terzo anno l’insegnamento di «Sport e Intervento Sociale», che, attraverso un approccio didattico esperienziale e, a tratti, innovativo, ha cercato di approfondire la dimensione sociale dello sport e di ragionare su come l’intervento socioeducativo per i ragazzi difficili (così come li intendeva Bertolini: Bertolini e Caronia, 2015) si relaziona con le pratiche motorie-sportive, anche prendendo in esame alcune esperienze in essere nella provincia di Bergamo.

Il corso era diviso in dieci lezioni da tre ore e generalmente si intervallava una lezione esperienziale con una più riflessiva e teorica; alla fine di ogni lezione gli studenti e le studentesse sono stati invitati/e a compilare un portfolio, in cui tenere traccia non solo degli insegnamenti teorici e delle conoscenze apprese, ma soprattutto delle riflessioni e suggestioni maturate durante le esperienze svolte, tramite il confronto con gli altri pari e con gli adulti esperti.

Durante la prima lezione è stata proposta la visione del film I 400 colpi di François Truffaut, ambientato a Parigi alla fine degli anni Cinquanta, che racconta la storia di un ragazzo, Antoine Doinel, a primo impatto ribelle, irrequieto, combina guai, insomma, un ragazzo difficile, che però subisce l’inadeguatezza educativa degli adulti che lo circondano, in primis, la madre, il padre adottivo e il maestro; i comportamenti ribelli che mette in atto lungo tutta la trama in realtà non sono altro che segnali per richiamare l’attenzione su di sé, ai quali, però, gli adulti non riusciranno mai a dare il giusto significato (Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, 2009).

Nella successiva lezione, gli studenti e le studentesse, anche pensando alla storia di Cecco Rivolta raccontata da Canevaro (1976), sono stati invitati/e a riflettere sulle scelte educative attuate dagli adulti nel film e di cosa avrebbe comportato un fare educativo differente. Hanno lavorato divisi in piccoli gruppi e hanno esposto poi al resto dei colleghi le loro riflessioni attraverso il supporto di una presentazione.

Le due lezioni successive, più classiche, ovvero per lo più frontali, sono servite per inquadrare in modo specifico il tema del disagio giovanile.

Successivamente sono stati invitati a parlare Carla Coletti, Manuel Garattini e Agnese Graticola. La prima, dipendente della Cooperativa Generazioni FA a Bergamo, ha parlato dei servizi di accoglienza per minori, in particolare dei centri diurni e delle comunità, partendo dall’iter di inserimento per poi passare a ciò che di concreto offrono ai minori. Dopo di che, ha presentato la storia di alcuni ragazzi inseriti nei servizi di Generazioni FA che hanno avuto la possibilità di praticare attività sportiva in società sportive, cercando anche di far comprendere l’importanza dell’attività fisica per i giovani fragili e difficili. Manuel Garattini, vicepresidente del CSI di Bergamo, ha raccontato dei progetti in cui il CSI è coinvolto da un punto di vista sociale, rivolti in modo specifico alle fasce più deboli della popolazione, come i minori, i minori fragili, gli anziani e le persone diversamente abili. In particolare, insieme a Carla Coletti, si è soffermato sul progetto «GrowINSport», attivato tra settembre 2019 e dicembre 2021, monitorato dall’Università degli studi di Bergamo (Borgogni e Sangalli, 2023), grazie al quale adolescenti fragili, inseriti in diversi servizi di Bergamo e provincia, hanno praticato attività sportive, anche affiliandosi a società sportive; in particolare, è stata descritta anche la formazione relativa al progetto, considerata fiore all’occhiello della progettualità, che ha visto partecipare insieme educatori e operatori sportivi. Agnese Graticola, pedagogista e progettista, ha parlato della progettazione sociale in ambito sportivo, portando gli esempi di AttivaSport e AttivaSport 2.0, progetti attivati dal CUS Bergamo in alcune scuole secondarie di primo grado della città, con l’intento di far praticare attività fisica, in particolare, ai minori più colpiti da povertà educativa e, quindi, con poche possibilità di accesso al campo sportivo.

Durante la lezione successiva, gli studenti e le studentesse hanno potuto portare osservazioni su ciò che aveva colpito loro in merito alla giornata precedente; dopo di che, la lezione si è concentrata sugli aspetti socioeducativi dell’attività motoria e sportiva, approfondendone i suoi benefici, ragionando sulla sua non scontata educatività (Gamelli, 2001; Hartmann, 2003) e sulla visione mitopoietica (Coalter, 2017) che spesso la accompagna.

La settima lezione si è tenuta presso la Cittadella dello Sport a Bergamo, sede del CSI di Bergamo. Gli studenti e le studentesse hanno potuto partecipare a tre laboratori sportivi, tenuti da tecnici del CSI, insieme ai ragazzi ospitati dalla Comunità Don Lorenzo Milani di Sorisole (BG), che ospita minori in condizione di disagio e in messa alla prova, e quelli di alcuni servizi di Generazioni FA. Studenti, studentesse e minori sono stati divisi in tre gruppi e a rotazione eseguivano differenti laboratori: calcetto, paddle e danza. Durante l’arco del pomeriggio gli studenti e le studentesse hanno potuto interagire con i ragazzi, con i loro educatori e educatrici e con gli operatori sportivi; inoltre, oltre a partecipare ai laboratori, sono stati invitati a osservare come gli allenatori agivano, come si comportavano i minori, come gli educatori supportavano i minori e come i minori entravano in relazione con gli adulti e gli altri pari. Dunque, hanno effettuato una sorta di osservazione partecipante.

Durante la lezione seguente ognuno ha potuto esprimere le sue impressioni sulla giornata passata e condividere le proprie riflessioni che sono poi diventate oggetto di confronto con gli altri.

Alla penultima lezione, invece, sono stati invitati Carla Coletti, Manuel Garattini, Agnese Graticola, don Dario della Comunità di Sorisole, altri educatori e allenatori che avevano collaborato al progetto GrowINSport. Gli studenti e le studentesse sono stati suddivisi/e in gruppi, ognuno dei quali era affiancato da un referente sportivo e da uno educativo. Insieme hanno esaminato alcuni casi studi, di episodi fittizi o realmente accaduti nei servizi coinvolti con protagonisti, in particolare, giovani fragili.

Di seguito riportiamo alcuni esempi:

  1. un centro diurno ha la necessità di inserire nel contesto sociale (sportivo) del territorio un ragazzo appena arrivato in struttura;
  2. una società sportiva viene ingaggiata da una comunità mamma-bambino per poter organizzare un’azione sportiva per le mamme per lavorare con loro sul benessere fisico e il prendersi cura di sé;
  3. un ragazzo di origini straniere ruba nello spogliatoio della squadra dove gioca. Il gruppo di adulti composto da allenatori, dirigenti e genitori discute del fatto e si divide sul tenerlo in squadra o allontanarlo;
  4. durante una partita di pallavolo di bambini di 10 anni c’è in campo un solo maschio; dagli spalti un genitore della squadra avversaria urla «frocetto»; ne nasce una lite tra i genitori delle diverse squadre e la gara viene sospesa;
  5. un gruppo di adolescenti in carico a un centro diurno e a una comunità educativa si ritrovano al CAI per una lezione di prova di arrampicata. I ragazzi sono accompagnati da due educatori. Nessuno però vuole provare, tutti i ragazzi fanno resistenza, sono imbarazzati e nessuno si sente di rompere il ghiaccio. Si crea una situazione di stallo.

In particolare, gli studenti e le studentesse hanno ipotizzato le possibili conseguenze del fatto esaminato sui minori, hanno riflettuto sulle strategie che loro avrebbero utilizzato per far fronte alla situazione e hanno ragionato sui possibili esiti. Alla fine, hanno restituito il lavoro fatto a tutti gli altri presenti che hanno potuto far domande e osservazioni.

In sostanza, durante tutto l’insegnamento di Sport e Intervento Sociale, la lezione frontale è stata integrata da momenti esperienziali significativi e momenti di elaborazione e riflessione. Ciò è stato fatto non solo per rendere più motivante la partecipazione al corso, ma soprattutto per far sì che questo fosse il più possibile efficacie (Iavarone, Lo Presti e Stangherlin, 2017; Cudicio e Sangalli, 2023) e che lo studente diventasse un attivo «co-protagonista nell’insegnamento e nell’apprendimento» (Grion e Maretto, 2017, p. 175).

Anche alla luce delle crescenti difficoltà e necessità dei giovani (riportate nell’introduzione), si è cercato di rendere l’insegnamento il più possibile aderente alla realtà entrando più volte in contatto con gli stakeholder del territorio affinché, una volta laureati, gli studenti e le studentesse di Scienze Motorie e Sportive abbiano adeguati strumenti e conoscenze per affrontare consapevolmente le problematicità crescenti dei giovani e le loro vite difficili.

Gli esiti dell’insegnamento: opinioni e riflessioni di studenti e studentesse

Durante il corso, come detto sopra, gli studenti e le studentesse (40 in totale) hanno raccolto le conoscenze acquisite e le riflessioni in un portfolio; la lettura e l’analisi dei prodotti hanno permesso da una parte di valutare conoscenze apprese, ma al tempo stesso di esaminare la validità delle strategie didattiche utilizzate.

L’esame dei portfolio ha dato modo di capire che le esperienze pratiche hanno facilitato la comprensione della parte teorica8.

Ad esempio, il primo incontro con Carla e Manuel ha aiutato gli studenti e le studentesse ad aver più chiaro cosa significa realmente vivere in una condizione di disagio, anche grazie agli esempi reali portati dai relatori.

Quello che ho portato a casa da questo incontro è molto. È sempre difficile mettere in relazione la teoria con la pratica finché non ti trovi in prima persona a doverlo fare oppure quando lo senti raccontare da qualcuno. Carla e Manuel in questo incontro sono stati molto esaustivi e hanno reso accessibile il loro racconto anche su parti più difficili e dense di significato.

La testimonianza di Carla Coletti, coordinatrice dei servizi con i minori della cooperativa sociale Generazioni FA di Bergamo, è utile per calarsi nel mondo della fragilità sociale e per vivere questo contesto dal punto di vista di chi si trova a intervenire con giovani ragazzi e ragazze.

Ma non solo questo primo incontro con gli esperti del settore ha reso più chiara la teoria, infatti, ha anche chiarito meglio il ruolo socioeducativo dello sport e delle attività motorie per i giovani fragili, inseriti nei servizi di tutela.

Questa lezione è stata, secondo me, particolarmente interessante sia perché è riuscita a unire la teoria alla pratica grazie ai numerosi esempi e situazioni concrete descritte dai relatori, sia perché è riuscita a sottolineare il ruolo fondamentale della pratica sportiva non dal punto di vista performativo, ma dal punto di vista socioeducativo.

L’incontro con i ragazzi e le ragazze delle comunità alla Cittadella dello Sport, dalle parole degli studenti e delle studentesse, ha arricchito da diversi punti di vista.

Ancora una volta, ha aiutato gli studenti e le studentesse a comprendere più in concreto la situazione di fragilità che vivono i giovani.

L’esperienza pratica svolta presso la Cittadella dello sport è stata estremamente utile a comprendere la situazione difficoltosa che fino a questo momento ci era stata raccontata e analizzata durante le lezioni teoriche.

Durante l’incontro alla Città dello sport, è stato possibile entrare in stretto contatto con gli adolescenti con situazioni di fragilità al fine di analizzare e comprendere le loro azioni e i loro linguaggi verbali e non.

Di questa giornata gli studenti e le studentesse hanno molto apprezzato il fatto che si sia usciti dall’università, dal classico contesto in cui fanno lezione, e hanno considerato che per comprendere fino in fondo la realtà sia necessario uscire dalle mura accademiche e raggiungere i luoghi in cui «le cose accadono».

L’incontro effettuato con i ragazzi della comunità «Generazioni Fa» è stato importante per poter effettuare un’opera di costruzione e decostruzione difficilmente attuabile nel contesto dell’aula universitaria. La relazione instauratasi attraverso il gioco e lo sport ha aperto un semplice, ma efficace, canale comunicativo basato su obiettivi comuni e regole chiare.

Di questa giornata ci sono due aspetti che vorrei sottolineare. Il primo: uscire dall’aula e incontrare personalmente i ragazzi, le persone di cui, finora, si è parlato apre nuovi scenari, visioni, modi di vedere, che sono necessari per avere uno sguardo ampio, il più possibile. Il secondo: entrare in relazione sul serio, attraverso e con i corpi, attraverso una pratica comune a tutti. Questa pratica è lo sport, che con tutte le sue sfaccettature, ci ha dato la possibilità di conoscere e di conoscerci attraverso il movimento e l’approccio ad esso, forse nella maniera più semplice.

Come già intuibile dalle parole riportate poc’anzi, gli studenti e le studentesse hanno trovato nello sport un ottimo canale per entrare in relazione, a fronte soprattutto dell’iniziale imbarazzo che ha accomunato tutti i gruppi presenti.

La cosa bella dello sport, inoltre, è che, se anche non tutti prendono parte attiva al gioco, si creano situazioni esterne (ad esempio a bordo campo, panchine, all’esterno) nelle quali nascono relazioni, si hanno degli scambi di pareri, di pensieri, si fanno commenti, si ride e questo col tempo porta le persone ad aprirsi e a conoscersi.

Con questa esperienza si è messo in evidenza un’altra volta come la pratica sportiva è occasione d’aggregazione sociale e di divertimento.

Non sempre la relazione con gli adolescenti è stata semplice e immediata, ma, a volte, è stata mediata dall’intervento degli educatori. Gli studenti e le studentesse hanno quindi avuto modo di vedere anche all’opera gli educatori in una situazione che potenzialmente rappresenta la quotidianità.

Nella difficoltà di trovare il giusto modo, il giusto approccio, la strada corretta per entrare in relazione mi ha colpito la forza e prontezza delle parole degli educatori per cercare di coinvolgerli.

Questa esperienza ha dato ancor più concretezza alle parole di Carla, ascoltate dagli studenti e dalle studentesse la settimana precedente. Inoltre, è stato possibile osservare come i ragazzi in situazione di disagio si relazionano con le attività motorie e sportive.

Grazie a questo incontro ho potuto comprendere le parole di Carla riguardo al modo di relazionarsi con questi ragazzi e ho potuto osservare come lo sport risulta un momento di svago e di normalità per loro, nonché un luogo dove tutti si possono mettere in gioco e essere accettati per quello che sono, anche se impacciati con la palla. Naturalmente, questo può accadere solo se lo sport si pratica in un contesto educativo e inclusivo, come è avvenuto oggi.

Il fatto che abbiamo potuto fare esperienza con le ragazze e i ragazzi della cooperativa è importantissimo per poter osservare in prima persona cosa significa fare attività sportiva in situazioni di fragilità sociale.

A lezione è stato detto agli studenti e alle studentesse che l’attività motoria e sportiva, per sua natura, ha un grande potenziale educativo e può essere una grande alleata nell’intervento con minori in situazione di disagio. È stato anche detto che, però, i vantaggi delle attività sportive, in realtà, dipendono da tanti fattori, sia che riguardano direttamente le componenti prettamente sportive (come, ad esempio, le strategie di allenamento adottate dall’allenatore), sia componenti non inerenti al campo sportivo (come, ad esempio, le caratteristiche sociali dell’atleta) (Coakley, 2011; Coalter, 2017; Zappettini e Sangalli, 2023).

Grazie all’esperienza alla Cittadella dello Sport, dalle parole analizzate nei portfolio, è emerso che gli studenti e le studentesse hanno avuto modo di relazionarsi con le potenzialità dello sport. Come detto poc’anzi, gli studenti e le studentesse hanno notato la capacità di mettere in relazione che lo sport possiede; ma non solo: frequentare attività motorie-sportive alimenta l’appartenenza a un gruppo e la collaborazione tra membri; è stato osservato che lo sport è uno strumento di uguaglianza sociale, in quanto, dovendo tutti rispettare le medesime regole, non vengono operate distinzioni discriminanti legate alla condizione di disagio e fragilità che si vivono. Ancora, oltre a intravedere i benefici fisici, salutari e a notare le ottime opportunità di svago e sfogo, gli studenti e le studentesse hanno potuto percepire che lo sport facilità il contatto con «sé stessi» e il confronto con i propri limiti e le proprie capacità.

Prima cosa che voglio sottolineare è che quel pomeriggio chiunque fosse passato sulla strada vicino ai campi di calcio o di padel avrebbe visto dei ragazzi giocare e divertirsi. La forza dello sport è proprio questa, rendere uguali e porre sullo stesso piano, all’interno dello stesso campo / luogo, le persone. Lo sport è in grado di farlo perché sul campo e in palestra tutti devono rispettare le stesse regole.

Durante questa uscita ho davvero compreso come lo sport non solo migliori la salute fisica ma aiuti le persone a entrare in contatto con sé stessi, a sviluppare fiducia nelle proprie capacità, ad accrescere la collaborazione, come sia un’importante distrazione e come possa diventare il mezzo attraverso cui scaricare stress e frustrazioni.

Osservando ciò che accadeva alla Cittadella dello Sport, gli studenti e le studentesse hanno anche individuato alcuni elementi che possono rendere la partecipazione a un’esperienza motorio-sportivo di successo, ovvero che possa avere sul giovane un impatto positivo.

Ad esempio, durante il laboratorio di padel hanno notato che l’istruttore più volte ha interrotto il gioco per correggere i movimenti e gli errori, chiaramente tanti, in quanto i partecipati al laboratorio erano tutti neofiti. Questo modo di fare dell’istruttore ha, però, compromesso il divertimento dei partecipanti, la loro interazione, ed è andato a discapito della stessa possibilità di cimentarsi in un movimento e gioco nuovo. Gli studenti e le studentesse, perciò, hanno riflettuto criticamente su questo modo di agire centrato sulle tecniche.

Mi ha colpito il fatto che l’istruttore proprio del padel forse non essendo un educatore era interessato più al trasmettere delle competenze motorie o l’apprendimento delle regole piuttosto che agevolare la dinamicità delle interazioni; infatti, più volte ha fermato il gioco per correggere movimenti e spiegare il regolamento.

Un altro aspetto importante che è emerso è quello che in sport «nuovi» per i ragazzi, come il padel, è più importante favorire il divertimento e la continuità di gioco, piuttosto che interrompere a ogni minimo errore per correggere i ragazzi. Questo permette, soprattutto nella prima fase di «scoperta» dello sport, di far appassionare e far divertire i ragazzi, aumentando la possibilità che lo continuino nel tempo.

Sempre in merito agli elementi che rendono positiva la frequenza a un’attività motorio-sportiva, gli studenti e le studentesse, hanno notato quanto sia fondamentale proporre a minori attività stimolanti e motivanti, al fine di coinvolgerli il più possibile: ad esempio il calcio e il padel sono state considerate più stimolanti. Hanno osservato, però, che, nonostante un’attività motoria sulla carta possa accattivare di meno (come la danza), alcuni giusti accorgimenti dell’istruttore potrebbero, in realtà, catturare di più la partecipazione dei minori (ad esempio, come una musica coinvolgente e adatta all’età dei partecipanti, ma anche il disporsi in modo che non ci sia possibilità di limitare i movimenti per la vergogna del giudizio altrui).

È importante trovare e proporre argomenti di interesse per i ragazzi. Vista infatti la difficoltà di mettersi in gioco e sperimentare, dovuta alla timidezza e alla paura di sbagliare, trovare sport o attività di interesse permette così di favorire una maggior partecipazione da parte dei ragazzi e di conseguenza divertimento e voglia di continuare la pratica sportiva nel tempo. È un tema che si è notato anche durante la giornata con i ragazzi. Il calcio e il padel hanno avuto maggior partecipazione e «successo» rispetto alla danza moderna.

Una parte invece molto più positiva di questa esperienza è stata la lezione di ballo che contrariamente a quanto pensavo ci ha molto coinvolti. Il modo in cui è stata condotta ha permesso anzitutto a tutti di partecipare perché i passi erano semplici, ripetitivi e intuitivi, inoltre la musica che è stata scelta è esattamente quella che un ragazzo di 14 piuttosto che 20 anni ascolta tutti i giorni. Ho trovato interessante il fatto che ci abbia fatto disporre tutti su una linea e lui si sia posizionato davanti a noi ma dandoci le spalle, in questo modo nessuno era osservato né dai propri compagni né dall’istruttore e quindi eravamo meno timidi nel ballare.

Grazie a questa esperienza, gli studenti e le studentesse hanno potuto riflettere sull’importanza di una formazione socioeducativa anche per gli operatori sportivi; hanno, infatti, considerato che comunque la figura dell’allenatore porta in sé anche dei compiti educativi, che richiedono un’adeguata formazione, a maggior ragione quando si ha a che fare con situazioni delicate, come quelle dei minori in condizione di disagio.

Grazie a questa attività ho capito ancora di più l’importanza di una formazione educativa per gli allenatori; il loro lavoro non si limita a insegnare uno sport, ma è un lavoro educativo come il lavoro dell’insegnante a scuola, che entra in relazione con le personalità degli alunni e delle proprie famiglie.

In ultimo per quanto riguarda questa esperienza, gli studenti le studentesse, hanno riscontrato l’importanza di una salda collaborazione tra gli operatori provenienti dai diversi settori (educativo e sportivo) per far sì che ciò che si propone abbia ampia valenza.

Nel complesso l’uscita presso la Cittadella dello Sport è stata un’esperienza formativa e utile al nostro percorso aprendoci la mente circa gli obiettivi professionali da porsi e aprendoci le porte a un futuro di contaminazione e aiuto tra i vari settori.

Anche l’ultimo lavoro di gruppo, insieme agli operatori educativi e sportivi, è stato considerato dagli studenti e dalle studentesse interessante sia per, ancora una volta, dare concretezza alla parte teorica, sia perché è stata una piccola dimostrazione della cooperazione in équipe che si troveranno a fare nel loro futuro lavorativo.

Il lavoro laboratoriale, svolto con il supporto e la guida attiva di professionisti in campo sportivo/educativo, ha permesso di calare le conoscenze apprese in contesti reali e concreti.

Ho trovato questa attività molto utile e necessaria per concludere al meglio questo percorso, in quanto mi ha fatto personalmente capire che un indomani potrei trovarmi io stesso in una situazione simile in quanto alleno una squadra e cimentarmi a capire quali siano i possibili risvolti di qualsiasi scelta io prenda l’ho trovato interessante e stimolante.

Questo lavoro a gruppi è stato molto stimolante per capire come si lavora in équipe e soprattutto quanto è difficile farlo. […] Sarebbe molto bello se ogni società sportiva lavorasse di equipe come abbiamo fatto noi oggi.

Riportiamo, infine, alcune considerazioni portate dagli studenti e dalle studentesse, sull’insegnamento in generale, del quale hanno apprezzato sia la tematica dei ragazzi difficili, che spesso non viene affrontata nei corsi di studio altri da quello educativo, ma che ritengono di fondamentale importanza per il loro futuro professionale, sia la modalità dell’insegnamento stesso, che ha cercato di unire una parte più pratica ed esperienziale a quella prettamente teorica.

È stato davvero interessate e illuminante per me e penso che in ogni Corso di Studi in scienze motorie dovrebbero venire affrontati questi temi, che vengono spesso messi in secondo piano, ma sono invece fondamentali; basti pensare che i ragazzi «difficili», con fragilità, sono in ogni scuola e devono avere la possibilità di vivere esperienze sportive soddisfacenti, come tutti gli altri.

Per concludere vorrei fare un bilancio finale di questo corso, che è senza dubbio positivo, sono contento di aver frequentato le lezioni, soprattutto per i lavori a gruppi e per l’esperienza alla cittadella dello sport, il confronto con altre persone credo sia sempre fonte di arricchimento personale, anche quando le opinioni sono divergenti.

La valutazione dell’insegnamento ha altresì ottenuto un livello di soddisfazione del 95,89% nei questionari anonimi compilati dagli studenti e dalle studentesse, decisamente superiore rispetto alla media, pur elevata, del livello medio del Corso di Studi.

Conclusioni

Quanto soffrono i corpi dei minori? Come far fronte alle crescenti difficoltà dei giovani? Come aiutare i corpi dei minori affaticati dalla povertà e dal malessere psicologico? Come affrontare le situazioni di fragilità e disagio giovanile? Questi sono alcuni interrogativi che hanno guidato la scrittura dell’articolo anche se, chiaramente, l’obiettivo non era fornire una risposta esaustiva alle domande.

Abbiamo, invece, voluto presentare il caso dell’insegnamento di Sport e Intervento Sociale dell’Università degli studi di Bergamo al suo primo anno di svolgimento e, pertanto, bisognoso di feedback da parte degli studenti. Dato che in letteratura viene sovente menzionato il ruolo positivo dell’attività motorie e sportive nell’intervento socioeducativo destinato ai minori vulnerabili, l’insegnamento ha voluto affrontare questa tematica con i futuri laureati in Scienze Motorie Sportive, ritenendola fondamentale per la loro formazione. La lettura e l’analisi dei portfolio, prodotti dagli studenti e dalle studentesse, ha dato modo di intuire le competenze acquisite dagli studenti e dalle studentesse in merito ai temi affrontati nell’insegnamento e, al tempo stesso, ha fornito una valutazione positiva dell’impianto didattico utilizzato.

In un’ottica di replicabilità dell’insegnamento, è utile sottolineare che la comprensione, non scontata, dei temi affrontati dall’insegnamento e della loro rilevanza è stata facilitata dal fatto che il Corso di Studi, erogando insegnamenti che richiamano temi sociali (come, ad esempio, l’insegnamento di Pedagogia Generale e Sociale, Pedagogia Speciale, Antropologia delle Culture Sportive e del Movimento, Sociologia dello Sport e della Salute), ha favorito la creazione di un contesto di conoscenze interdisciplinari.

A fronte dei recenti cambiamenti in materia di settori scientifici disciplinari (Ministero dell’Università e della Ricerca, 2024), che vedono i ricercatori in ambito M-EDF/01 e 02 (Metodi e Didattiche Delle Attività Motorie e Metodi e Didattiche Delle Attività Sportive), prima inseriti nei settori concorsuali 11/D2 (Didattica, Pedagogia Speciale, Ricerca Educativa) e 06/N2 (Scienze dell’Esercizio Fisico e dello Sport), ora reinquadrati solo nel settore concorsuale 06, ci chiediamo se e quanto i temi della fragilità dei corpi, del disagio giovanile, della formazione socioeducativa degli operatori sportivi verranno ancora affrontati. Visto che si passerà dall’ambito delle scienze pedagogiche a quello delle scienze biomediche (delle quali, ovviamente, non si vuole sottostimare il valore e la funzionalità), ci chiediamo: ci si occuperà ancora dei «corpi» nella loro totalità, o si guarderà solo il Körper, mera dimensione corporea anatomica, fisiologica e biologica? Si darà spazio al corpo vissuto, il Leib, nelle sue dimensioni sociali e simboliche, psichiche e sensoriali (Digennaro, 2021b)? Ci si occuperà ancora delle fragilità e delle difficoltà delle persone? Si guarderà ancora l’attività motoria e sportiva in chiave socioeducativa o verrà vista solo in chiave medica?

Per concludere questo articolo, che ha presentato il caso di un insegnamento socioeducativo per i futuri scienziati motori, lasciamo al lettore la riflessione in merito domande che abbiamo posto.

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1 Gli autori hanno congiuntamente curato la stesura dell’articolo. Introduzione e conclusioni sono state scritte da entrambi. Silvia Sangalli ha ideato e sviluppato l’articolo, curato la stesura e, in particolare, il paragrafo «Gli esiti dell’insegnamento: opinioni e riflessioni di studenti e studentesse»; Antonio Borgogni ha revisionato l’articolo e curato, in particolare, il paragrafo «L’insegnamento “Sport e Intervento sociale”: il caso di Bergamo».

2 Università degli studi di Bergamo.

3 Università degli studi di Bergamo.

4 Gli autori hanno congiuntamente curato la stesura dell’articolo. Introduzione e conclusioni sono state scritte da entrambi. Silvia Sangalli ha ideato e sviluppato l’articolo, curato la stesura e, in particolare, il paragrafo «Gli esiti dell’insegnamento: opinioni e riflessioni di studenti e studentesse»; Antonio Borgogni ha revisionato l’articolo e curato, in particolare, il paragrafo «L’insegnamento “Sport e Intervento sociale”: il caso di Bergamo».

5 Università degli studi di Bergamo.

6 Università degli studi di Bergamo.

7 Di seguito le altre Università in cui il Corso di Scienze Motorie e Sportive è inserito tra l’offerta didattica del Dipartimento di Scienze Umane: Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Università degli studi di Enna «Kore», Università degli studi di Foggia, Università degli studi di Palermo, Università degli studi di Roma «Foro Italico». Oltre a queste consideriamo anche l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna che eroga il Corso non nel Dipartimento di Scienze Umane ma in uno affine e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano il cui Corso è offerto grazie alla collaborazione di due Dipartimenti, quello di Scienze della Formazione e quello di Medicina e Chirurgia.

8 Le frasi che seguiranno, riportate in corsivo, sono state estratte dai portfolio redatti dagli studenti e dalle studentesse.

Vol. 1, Issue 1, July 2024

 

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