© Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2024 — Corpo, Società, Educazione

Vol. 1, n. 0, marzo 2024

EDITORIALE

La modernità, ci informa Foucault (2006), inizia con la scoperta da parte dell’uomo del corpo, che avviene con il superamento dell’individuo dal suo stato di mera entità organica, predestinata e influenzata dalle forze e dai ritmi della natura. L’individuo si riscopre in un corpo intriso di connotazioni culturali e storicamente condizionate. Una scoperta che dà una storia al corpo, una sua caratterizzazione culturale e sociale, che attraversa i tempi, ponendosi al centro dell’esistenza della storia stessa dell’umanità (Vigarello, 2005). Le rappresentazioni sociali, le pratiche culturali e le trasformazioni che ne sono conseguite hanno plasmato l’idea stessa di corpo, e quindi l’idea di società e di individuo. Il percorso delle idee, delle narrazioni e delle pratiche che hanno forgiato il corpo, inclusi aspetti come la bellezza, la sessualità, la salute, l’educazione e il controllo sociale e politico hanno, di fatto, modellato la storia degli individui prima e quella della società moderna, a seguire.

Ma la scoperta del corpo ha anche determinato una nuova presa su di esso. Sul corpo, nel corpo e attraverso il corpo si sono consumate significative trasformazioni culturali, sociali e educative e si sono sviluppati dei complessi discorsi epistemologici e ontologici. Alcune delle più significative trasformazioni si sono avute in tempi recenti, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, con un profondo rivolgimento culturale e sociale che catalizzò un nuovo interesse per il corpo (Shapiro, 1999). Emerse un’esplosione di riflessioni che tentarono di ridefinire la percezione e le connotazioni socioculturali del corpo, ma anche del modo in cui gli individui e la società si rapportavano ad esso. Si assistette a un’apertura verso l’esplorazione della sessualità, con movimenti come la rivoluzione sessuale e il femminismo, che contestavano alcune delle norme dominanti. Al contempo, il corpo divenne uno spazio di identità e di autonomia, un possesso personale di cui l’individuo voleva farsi responsabile (Le Breton, 2018). I movimenti di controcultura esaltarono la libertà espressiva del corpo e la libertà a una corporeità libera da norme sociali, spingendo verso una riscoperta dell’individualità dentro la corporeità. Tuttavia, parallelamente, vennero posti in discussione alcuni degli stereotipi estetici lungamente accettati, aprendo i primi dibattiti sulla discriminazione basata sull’aspetto fisico e sulla non aderenza agli standard di bellezza.

Successivamente, negli anni ’80 e ’90, con l’avvento dei media di massa e delle nuove tecnologie, s’innescò una rivoluzione nell’immagine corporea e nel rapporto individuo-corpo. Soprattutto, una parte delle ideologie neoliberiste enfatizzò l’importanza dell’aspetto esteriore e dell’apparire, dando origine a fenomeni come la cultura del fitness e l’attenzione per l’aspetto fisico e per i canoni di bellezza (Vigarello, 2005). Allo stesso tempo, le nuove frontiere scientifiche permisero una manipolazione del corpo senza precedenti, con dibattiti etici sulla clonazione e sull’ingegneria genetica che in quegli anni muovevano decisivi passi in avanti. Si consolidò anche la consapevolezza dei diritti delle minoranze sessuali e di genere, dando vita a un’ampia discussione sull’identità corporea e l’autoespressione. Infine, un’altra importante trasformazione di questo periodo è stata la crescente consapevolezza e discussione intorno ai diritti delle minoranze sessuali e di genere. Questo ha portato alla luce un diverso modo di intendere il rapporto individuale con il proprio corpo, aprendo nuovi spazi di esplorazione, di dibattito e di autoespressione, e aprendo la strada a nuove prospettive sul corpo e sul significato dell’identità personale.

In tempi più recenti, con l’apertura del XXI secolo, l’era digitale e l’emergere della cosiddetta società onlife (Floridi, 2014) ha determinato un’ulteriore riflessione e attenzione sul corpo. I social media hanno offerto un palcoscenico per la rappresentazione virtuale dei corpi, generando interrogativi sulla relazione tra identità fisica e digitale. L’emergere dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata hanno ulteriormente spostato i confini corporei tradizionali, aprendo dibattiti sull’autenticità e sulla percezione di sé e sulle nuove e più complesse forme di identità ibrida (Digennaro, 2021). Se nel passato il corpo sanciva il rapporto fondamentale tra l’individuo e la tangibilità del mondo, in epoca moderna tale rapporto diventa profondamente manipolabile e adattabile, finanche etereo. La porta di accesso al mondo offerta dal corpo subisce delle modificazioni, delle infinite moltiplicazioni attraverso le molteplici identità e le sconfinate realtà offerte dal mondo virtuale. Non più un rapporto univoco tra l’individuo e il proprio corpo, ma una nuova forma esistenziale, che vede l’individuo in rapporto con i suoi duplicati virtuali e con la prospettiva di un corpo senza confini. Il progresso ha permesso di varcare in maniera significativa la soglia a partire dalla quale viene riconosciuta la finitudine del corpo, e dunque della propria esistenza. Da qui, seguendo la prospettiva proposta da Foucault, si potrebbe individuare il punto di passaggio dalla modernità alla post-modernità, dalla scoperta del corpo al passaggio verso una sua concezione post-moderna, in cui può essere concepito come infinito, senza determinazioni, in cui è possibile clonarlo a propria immagine e somiglianza, come un oggetto che può essere esteso e moltiplicato a piacimento, privato di ogni vincolo, plasmato secondo le propensioni personali, drappeggiato secondo stilemi giudicati più adatti alla propria personalità, centro nevralgico di un vero e proprio cantiere esistenziale, in cui ognuno è demiurgo. Nel XXI secolo si sono ancora una volta sfidati alcuni degli standard di corpo nuovamente dominanti nella società contemporanea e che, evidentemente, solo in parte erano stati messi in discussione con i processi culturali degli anni ’60 del secolo scorso. I movimenti culturali come il body positivity e l’attenzione crescente alle rappresentazioni diverse dei corpi nelle arti, nella moda e nei media stanno, oggigiorno, lentamente, contribuendo a sfidare alcuni dei canoni dominanti e a sviluppare una nuova idea di corpo e una rielaborazione senza precedenti dell’interazione tra l’individuo e la società. Ne sta emergendo un corpo nuovo, emancipato dai vincoli carnali e modellabile secondo desiderio, quasi completamente liberato dai limiti imposti dalla natura e, apparentemente, dalla società, manipolabile a proprio desiderio e interesse, oggetto di attenzione e di culto, ma al tempo stesso ridotto anche a semplice suppellettile, quando surrogato, ad esempio, nelle relazioni sociali che avvengono in forma virtuale.

In sintesi, dagli anni ’60 a oggi, il corpo è stato il fulcro di riflessioni, di politiche e di azioni che hanno ridefinito la sessualità, l’immagine estetica, l’identità personale, il modello di benessere, la qualità della vita, la storia individuale e collettiva e che hanno rimodellato la storia stessa del corpo. Questo percorso ha riflettuto conquiste sociali e conflittualità, oltre che sfide etiche e tecnologiche, delineando un panorama complesso in cui il corpo diviene terreno di sperimentazione e di interrogativi profondi sulla natura umana e il suo rapporto con il mondo circostante. Le definizioni tradizionali di corpo e di identità sono state sfidate e riformulate, poiché le persone si confrontano con la coesistenza di identità fisiche, di modelli e contro-modelli socioculturali e, in tempi più recenti, con identità corporee virtuali oltre che con la possibilità di manipolare e modellare le proprie rappresentazioni in modi prima impensabili. A completamento di un lungo percorso di ammodernamento, la società si è oggi completamente impossessata del corpo, offrendo all’individuo la possibilità di poterlo gestire, renderlo quasi eterno, di poterlo costruire, smontare e ricostruire a proprio piacimento attraverso le conoscenze tecniche. È possibile clonarlo, proiettarlo in uno spazio-tempo indefinito in cui, per il momento, la sua immagine può durare in eterno. Rappresenta, dunque, un capitale di vita enorme, mai posseduto in precedenza. E al tempo stesso, è un terreno di profonde lacerazioni sociali e culturali, di enormi pressioni che arrivano dalla società stessa.

Non sempre queste complesse dinamiche socioculturali sono state approfondite e capite. Se Claude Bruaire negli anni ’60 del Novecento ha potuto affermare: «il corpo è compreso nella stessa misura in cui Dio è conosciuto» (1968), oggi, possiamo ancora fare nostra questa affermazione tanto potente quanto suggestiva. Nel corso del tempo, fino ai giorni odierni, la riflessione sul corpo ha per certi versi rispecchiato, in molti aspetti, l’atteggiamento che si assume verso l’idea di Assoluto: una realtà enigmatica, impenetrabile e spesso evitata per la paura di sfidare dogmi consolidati o convinzioni radicate, o mettere in crisi principi su cui si fonda una certa idea di società. In una sorta di analogia, il corpo è stato relegato nell’ombra, come un mistero complesso, rischioso da indagare, poiché troppo intimamente legato con la natura individuale, intriso di credenze radicate e di dogmi indubitabili. Tutto ciò ha ingabbiato il corpo in una dimensione di oscurità, impedendo una comprensione profonda delle sue intricate complessità e interconnessioni. O d’altro lato, è stato preso e utilizzato come mezzo e pretesto per innescare delle rivoluzioni culturali e sociali. Le sfide alle convenzioni hanno spesso coinvolto il corpo come veicolo di espressione e ribellione. Movimenti come il femminismo, il movimento LGBTQ+ e altri movimenti di emancipazione hanno utilizzato il corpo come simbolo di resistenza e autodeterminazione, rompendo con le norme culturali e sociali che lo avevano precedentemente relegato nell’ombra.

A margine di questi processi, si dovrebbe aprire un nuovo dibattito e una profonda riflessione sul ruolo del corpo in epoca moderna, e sui cambiamenti che lo stanno interessando, con il confronto che dovrebbe focalizzarsi sulle complesse dinamiche di cambiamento che lo stanno riguardando. Tuttavia, sembra che tale consapevolezza stenti a emergere, soprattutto nelle scienze sociali, creando una lacuna nel sapere e rendendo difficile una loro reale comprensione. Molte domande rimangono inevase, comunque solo parzialmente approfondite. Quale corpo abbiamo oggi? Di quale tecniche è dotato, per utilizzare un termine caro a Mauss (1934)? In che modo si contraddistingue dal passato? Quali nuove rappresentazioni sociali e culturali lo caratterizzano? E soprattutto, quale narrazione ci offrono i corpi stessi attraverso la loro presenza, gestualità, relazioni e aspetto? Che cosa sono in grado di raccontarci i corpi degli individui sulla società moderna? E, infine, in che modo la società moderna sta agendo sui corpi degli individui?

Questi temi, naturalmente, s’intrecciano con gli ambiti di indagine delle scienze sociali, ma l’attenzione ad essi tarda ad emergere, come un’ondata di disinteresse accumulatasi nel tempo. Rimane ancora un primato delle discipline mediche che si sono distinte per l’attenzione riservata al corpo, contribuendo a svelarne molte delle complesse dinamiche bio-fisiologiche e a sviluppare una narrazione fortemente orientata verso la salute, il benessere e gli stili di vita. Tuttavia, il loro approccio è stato in gran parte meccanicistico, concentrato sulla struttura anatomica, biologica e fisiologica, con l’obiettivo di comprendere i processi funzionali e sviluppare interventi medici e di promozione della salute. Solo recentemente, le scienze sociali in primis hanno iniziato ad arricchire questa narrazione e questo dibattito e a controbilanciare questo primato delle scienze dure sul corpo, ma l’attenzione è risultata frammentata e comunque disomogenea. La concezione prevalente è rimasta ancora influenzata dall’idea che appartenesse più alla natura che alla cultura. E questo ci lascia ignari su molte dinamiche sociali e culturali che riguardano i tempi moderni. Se, come ci sollecita Bourdieu (2011), il corpo è un simbolo, un mezzo di comunicazione, un supporto di esperienze, una fonte di conoscenza e di apprendimento, un oggetto di gusto, un terreno di scontro, un enigma e una sollecitazione per l’immaginazione, la mancata riflessione e approfondimento su di esso ci priva di parti essenziali per la comprensione dell’agire umano e della storia della società. Se sul corpo è iscritta la storia di ogni individuo, oltre che la storia dei mutamenti sociali e culturali che attraversano le società umane, l’assenza di una lettura approfondita di questa storia ci rende ciechi di fronte alle sfide epocali che interessano le società. Società che, oggi più che mai, sono turbolente, ondivaghe, soggette a costanti mutamenti, attraversate da profonde lacerazioni e conflitti che s’inscrivono sul corpo degli individui. Portare il corpo al centro della riflessione sociale è, dunque, quanto mai necessario per assumere un punto di osservazione privilegiato, utile per interpretare dinamiche sociali e culturali altamente complesse.

Ci sono poi ulteriori dinamiche che riguardano il corpo in epoca moderna e che si caratterizzano per una prospettiva educativo-pedagogica. L’importanza del corpo nel dibattito pedagogico è riconosciuta da tempo, ma risulta sfidata da resistenze sia a livello concettuale che pratico (Digennaro, 2023). Una tendenza radicata da secoli, tanto che individuare le tracce del corpo nel contesto pedagogico richiede un’osservazione acuta, poiché i riferimenti sono sporadici e si manifestano principalmente attraverso brevi menzioni, riferimenti indiretti, osservazioni non sistematiche e accenni marginali all’interno di un discorso più ampio. Il corpo, nel contesto educativo, tende a rimanere in secondo piano, nascosto sotto una moltitudine di argomenti considerati più importanti e rilevanti. Quando emerge, la fa spesso attraverso un discorso pedagogico semplificato ed esemplificato, che solo parzialmente contribuisce a una crescita operativa e conoscitiva. Per lungo tempo, anche in ambito pedagogico, c’è stata una sottovalutazione del ruolo del corpo, che è stato spesso soffocato dalla supremazia del pensiero e dall’ideale di una mente pura, libera da impurità, decadenza e deterioramento corporeo. Questa concezione è radicata nella tradizione intellettuale occidentale con il concetto platonico di corpo che riempie l’individuo di sentimenti, desideri e paure e di ogni sorta di nonsensi, contaminando il pensiero con le sue imperfezioni e limitando il potere della mente umana: una distrazione dalla vita intellettuale, da eradicare per una pratica filosofica e educativa significativa.

Questa impostazione e la divisione tra mente e corpo ha dato origine a una tradizione epistemologica e educativa in cui l’individuo è stato separato tra un corpo irrazionale e materiale e una mente razionale e immateriale. Il corpo è stato visto come un oggetto solido, mentre la mente come un soggetto etereo, misterioso e limitato dal suo ancoraggio corporeo. In definitiva, è stato spesso relegato in un ruolo marginale nel dibattito pedagogico, sfuggendo all’attenzione che meriterebbe. Un errore concettuale profondo, che solo in parte è stato superato. Nonostante l’idea del corpo come fondamento di ogni processo educativo sia stata oggetto di analisi approfondite e chiaramente definita, il legame tra discorso pedagogico, pratica educativa e corpo continua a essere contraddittorio e non fluido. Da ciò emerge la necessità pressante di mantenere vivo il dibattito su questo tema. Il corpo in azione, il profondo legame che ha caratterizzato la storia umana tra la concezione della corporeità, i sistemi di comunicazione e l’apprendimento, le basi corporee della cognizione e il rapporto tra emozioni, apprendimento e conoscenza, sono aspetti che hanno fondamento nelle conoscenze scientifiche ma che devono essere ancora completamente tradotti in discorsi pedagogici, prima, e in applicazioni educative, a seguire. Solo attraverso questa traduzione può avvenire la trasformazione in prassi e strategie didattiche efficaci. L’integrazione del corpo nel discorso pedagogico e nella pratica educativa richiede un processo di riformulazione concettuale e di adattamento delle teorie alla realtà educativa. Non è sufficiente riconoscerne l’importanza nell’apprendimento, ma è essenziale sviluppare modelli pedagogici e prassi che integrino in modo organico il corpo. E questo richiede un impegno costante nel cercare ponti tra le conoscenze scientifiche sul corpo e la loro applicazione nell’educazione.

L’educazione si basa innanzitutto su un sistema di tecniche, modelli d’intervento e pratiche che traggono la loro efficacia dalla concretezza della relazione educativa. Questa concretezza ha una dimensione corporea e si manifesta attraverso un sistema di corpi che entrano in relazione reciproca, portando con essi la loro storia e la loro carica esistenziale. Senza il corpo come fondamento, le condizioni essenziali per lo sviluppo di qualsiasi processo educativo non esisterebbero. La capacità di usare il proprio corpo è fondamentale affinché l’individuo possa acquisire la conoscenza necessaria per sviluppare le competenze che gli permetteranno di interagire in modo significativo con il mondo all’interno del contesto educativo. È da queste premesse che emerge la definizione di Massa (2003), secondo cui il corpo è pre-teorico, cioè un elemento che precede e influenza tutta la teorizzazione pedagogica e le tecniche che ne derivano. In altre parole, il corpo costituisce il terreno su cui si costruisce l’esperienza educativa. È attraverso l’interazione corporea con l’ambiente e gli altri che l’individuo sviluppa conoscenze, abilità e competenze. Il corpo non è solo un «mezzo» attraverso il quale l’educazione avviene, ma è intrinseco al processo stesso. Le esperienze sensoriali, i gesti, le azioni e le percezioni corporee sono fondamentali per l’apprendimento e la costruzione del significato. Il concetto di pre-teorico sottolinea, dunque, che il corpo è la base primaria dell’esperienza umana: prima che la riflessione concettuale possa intervenire, è già coinvolto nella comprensione del mondo e nella formazione delle relazioni. Una prospettiva che sfida quella tradizione che ha spesso messo la mente in primo piano, lasciando il corpo su di un piano secondario. Il paradosso che ha a lungo caratterizzato alcuni approcci pedagogici e educativi è stato quello di mettere il corpo in una posizione periferica, un errore concettuale che ha avuto profonde implicazioni educative, poiché la mancata centralità del corpo ha portato a una minore enfasi su un elemento cruciale di tutto l’impianto educativo. Se il corpo viene trascurato, si perde la forza propulsiva di un progetto educativo completo.

Tuttavia, considerando il corpo da una prospettiva educativa, emergono aspetti paradossali che in parte spiegano, ma non giustificano, questa scelta. Il corpo introduce una variazione nell’equilibrio della progettazione educativa attraverso i suoi movimenti, le sue perturbazioni e le influenze che può esercitare. Gli esiti di questa alterazione possono essere solo parzialmente previsti, rendendolo un elemento difficile da controllare per molti educatori. Questo in parte spiega il motivo per cui spesso si è cercato di eliminare alla radice le origini di queste influenze, ottenendo però l’effetto paradossale di amplificare le perturbazioni stesse che s’intendeva ridurre. Questo perché, come detto, senza il corpo manca il fondamento stesso dell’intero processo educativo. In sostanza, il corpo non può essere marginalizzato nell’educazione, anche se la sua presenza rende il processo educativo meno controllabile e prevedibile. Ignorare il suo ruolo centrale significa privarsi di una base cruciale per la formazione dell’individuo. Integrarlo in modo equilibrato nella progettazione educativa è, dunque, essenziale per raggiungere un apprendimento significativo e sostenere lo sviluppo completo delle capacità individuali. Del resto, le moderne ricerche sull’embodiment e l’embodied cognition stanno dando un fondamento empirico a una moderna riflessione pedagogica che sta cercando di riportare il corpo al centro del discorso educativo, invitando il discorso pedagogico a non più considerarlo semplicemente come un oggetto di intervento o un mezzo da utilizzare per raggiungere obiettivi educativi, ma d’integrarlo all’interno della struttura complessiva del progetto educativo. L’attenzione deve focalizzarsi sul corpo come elemento intrinseco all’ordine educativo, come fattore che caratterizza l’individualità dei partecipanti, come spazio di scambio con gli altri e come strumento attraverso cui l’individuo agisce nel mondo. L’educazione deve definitivamente comprendere chiaramente come l’identità individuale si esprima attraverso il corpo e in che modo questa interazione influenza il processo di apprendimento. E quindi le strategie educative devono tener conto della dimensione individuale del corpo, della sua unicità (Frith, 2007), considerando sia la relazione tra corpo e apprendimento che le connessioni tra fatti ed emozioni (Damasio, 1994). In sintesi, è fondamentale sviluppare una stretta integrazione concettuale tra l’apprendimento e il coinvolgimento corporeo (Gibbs, 2005). Tutti i processi educativi si manifestano sia su che attraverso il corpo, il quale, a sua volta, deve essere considerato l’elemento fondamentale per definire le strategie educative. Le pratiche e le tecniche d’insegnamento prendono forma e si sviluppano attraverso di esso. Da ciò deriva che non può essere considerato come un’entità separata e ontologicamente distinta dall’educazione stessa. In realtà, il corpo è parte integrante dell’educazione: nulla è più tangibile, materiale, fisico e corporeo dell’atto educativo. L’individuo vive attraverso la sua dimensione corporea, esiste in quanto corpo, sperimenta e fa esperienza del mondo in quanto dotato di un’esistenza corporea: è in grado di sviluppare una propria esperienza a partire dalla natura stessa del suo essere un’individualità incarnata. Attraverso questa dimensione esistenziale «entra in connessione con nuovi oggetti ed eventi, che stimolano nuove capacità, mentre l’esercizio di queste capacità affina e amplia il contenuto della sua esperienza. Lo spazio vitale e la durata della vita si espandono. L’ambiente, il mondo dell’esperienza, cresce costantemente più ampio e, per così dire, più denso» (Dewey, 1938, 74). Si tratta di acquisizioni concettuali che richiedono un ulteriore affinamento e, soprattutto, lo sviluppo di un ponte tra il discorso pedagogico e l’applicazione didattica.

In conclusione, in considerazione delle complesse dinamiche socioculturali e pedagogico-educative brevemente esposte — che presentano tra di loro numerose interconnessioni e punti di contatto — è oggi più che mai fondamentale promuovere un progresso nel dibattito scientifico riguardante il corpo, esaminandolo sia dal punto di vista dell’educazione e della didattica che da quello delle dinamiche sociali, culturali e storiche. Attraverso una vasta gamma di prospettive e discipline, è essenziale e non più rinviabile esplorare le molteplici sfaccettature del corpo, dalla sua rappresentazione all’interno della cultura e della società, alla sua rilevanza nei contesti educativi e formativi, fino ai suoi legami con l’individuo e la società. È necessario incoraggiare un’apertura verso una vasta gamma di approcci critici, favorendo lo sviluppo di studi e approfondimenti innovativi che coinvolgano diverse aree del sapere, al fine di gettare luce su queste dinamiche complesse. In questo quadro, si profila l’inevitabile necessità di sorpassare le convenzionali barriere disciplinari, per favorire un’integrazione sinergica tra le varie articolazioni del sapere. Solo così potremo fare nuova luce sulle innumerevoli incognite che rimangono irrisolte su un tema di capitale importanza e incisività tanto per l’individuo quanto per la società.

Simone Digennaro

Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale

Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute

s.digennaro@unicas.it

Bibliografia

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