Il TNPEE

Erickson

Vol. 1, n. 1, Maggio 2019

(pp. 1-2)

Editoriale

Patrizia Faustini Direttrice Resonsabile

Patrizia Faustini è una giornalista professionista, con 30 anni di esperienza internazionale nel campo dell’infanzia e dei diritti umani. Scrive e cura i contenuti del sito web del centro di ricerca UNICEF dove lavora. Ha curato la pubblicazione di due rapporti sull’impatto dei cambiamenti climatici sui bambini e sulle potenzialità dell’innovazione tecnologica per l’infanzia. È laureata in filosofia e ha frequentato corsi di specializzazione in diritti umani e dell’infanzia in Italia e all’estero. Ha accettato l’incarico di direttrice responsabile a titolo personale. Le opinioni espresse su questa rivista sono sue proprie e non rappresentano quelle dell’UNICEF.

L’assunzione dell’incarico di direttrice responsabile di questa interessante rivista vede nel tema dei diritti dell’infanzia il punto di contatto con il Terapista della Neuro e Psicomotricità, figura da sempre dalla parte dei bambini con fragilità. Le riflessioni che seguiranno si concentrano sulla disabilità, argomento di rilevanza e interesse internazionale nel campo dei diritti umani.

A partire dagli anni Sessanta attivisti e organizzazioni hanno cominciato ad attirare l’attenzione sulla condizione delle persone con disabilità, e hanno generato a poco a poco le condizioni perché si verificassero cambiamenti sostanziali che avrebbero portato, qualche decennio dopo, a considerare le disabilità non più come un problema esclusivamente medico del singolo individuo, ma come una condizione determinata principalmente da fattori socio-politici, spesso discriminatori e oppressivi.

Nel 1981 entra infatti per la prima volta nel dibattito politico l’espressione «modello sociale di disabilità» e da allora in poi i concetti di menomazione, disabilità e handicap sono stati reinterpretati alla luce di principi come equità, non discriminazione e inclusione sociale. La disabilità finisce di essere uno stato della persona e diviene una condizione che la persona vive in relazione al contesto che la circonda.

Nel caso della disabilità, come nel caso di altre categorie di persone vulnerabili — ad esempio i bambini, le donne, le minoranze, i migranti —, l’applicazione del principio di uguaglianza e non discriminazione avviene a partire dal riconoscimento delle differenze. Questo significa che per assicurare l’uguaglianza dei diritti — umani, civili, sociali, economici, politici e culturali — spettanti a ciascun individuo in virtù della sua appartenenza al genere umano, bisogna garantire dei «privilegi» che consentano di abbattere gli ostacoli e le barriere che ne impediscono la fruizione, colmando il divario derivante da una condizione esistenziale di partenza svantaggiata.

Spostando il discorso sull’infanzia (0-18 anni, secondo una definizione universalmente riconosciuta) esistono tre strumenti internazionali che concorrono a garantire a tutti i bambini e adolescenti — con e senza disabilità — dignità, autodeterminazione, uguaglianza e solidarietà, con l’obiettivo di rimuovere le discriminazioni, ma anche di imporre agli Stati l’obbligo di garantire a tutti i bambini il godimento effettivo di tali diritti in condizioni di uguaglianza.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia (CRC), approvata nel 1989 e ratificata da tutti gli Stati del mondo eccetto gli Stati Uniti, richiama il principio di uguaglianza e non-discriminazione nei confronti di tutta l’infanzia senza distinzione alcuna fra bambini con o senza disabilità. La Convenzione contro la Discriminazione nei Confronti delle Donne (CEDAW), approvata nel 1979, richiama gli Stati all’obbligo di rimuovere gli ostacoli e le barriere che si frappongono al godimento dei diritti da parte delle donne e delle bambine. Infine la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), approvata nel 2008, sostiene il modello sociale della disabilità come risultato di interazioni tra un individuo con una disabilità fisica, intellettuale, sensoriale o mentale specifica e l’ambiente sociale e culturale circostante.

È inutile negare, tuttavia, che l’implementazione di questi strumenti di diritto è spesso carente, con grandi differenze tra Paesi sviluppati e Paesi a basso reddito. Se le convenzioni internazionali venissero prese alla lettera, l’individuazione e il trattamento precoce della disabilità dovrebbero essere un aspetto integrante della salute pubblica. Invece, spesso, le risorse necessarie per questo vengono considerate in competizione con le risorse impiegate per garantire la salute delle persone senza disabilità, perpetuando la condizione di diseguaglianza e discriminazione nei confronti delle persone con disabilità.

Dal 2016 però la comunità internazionale si è data un’altra opportunità. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile voluta dall’ONU rappresenta un vero e proprio manifesto di un programma universale per lo sviluppo umano e la conservazione del pianeta. Tra i 17 obiettivi sottoscritti dai Governi dei diversi Paesi, la lotta alle disuguaglianze è uno degli obiettivi centrali da raggiungere per costruire una società giusta e pacifica. Le persone con disabilità sono parte integrante di questo sforzo e non possono essere lasciate indietro, se vogliamo davvero raggiungerli.

 

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